L’amore di Bernardina e Vittorio: l’epistolario in finale al premio Pieve
Il racconto di una generazione che non aveva ancora conosciuto la vita adulta e già si trovava travolta dalla Seconda guerra mondiale

La paura delle bombe, il gelo della Russia, la distanza da casa. Eppure a Vittorio parve tutto più lieve quando seppe che Bernardina era di nuovo incinta. «Mie passata tutta la paura… solo per sentire mia molie che si trova in cinta con un bambino in avenire», le scrisse nel dicembre del 1940, in una delle centinaia di lettere che i due si scambiarono mentre lui combatteva con la Divisione Julia e lei restava a Santa Giustina in Colle con il piccolo Natalino.
Quasi trecento di quelle lettere, custodite oggi all’Archivio Diaristico Nazionale, sono state selezionate tra gli otto finalisti del 41esimo Premio Pieve Saverio Tutino – Il ritorno della memoria, in programma dal 18 al 21 settembre a Pieve Santo Stefano. Accanto al carteggio dei due padovani, altri sette – memorie, diari o epistolari familiari provenienti da diverse regioni d’Italia – compongono il mosaico di quella memoria collettiva che l’Archivio raccoglie e premia ogni anno.
Il racconto di Bernardina e Vittorio è quello di una generazione che non aveva ancora conosciuto la vita adulta e già si trovava travolta dalla Seconda guerra mondiale. Lui, classe 1916, parte nel 1940: Albania, poi Grecia e infine il fronte russo. Lei, tre anni più giovane, lo attende segnata da povertà e sacrifici, ma tenace nel mantenere vivo quel legame che le lettere continuano a nutrire raccontando le fatiche quotidiane, senza nessuna retorica né cenni alla politica.
Le poche licenze di Vittorio diventano una gravidanza e nuovi futuri che attendono insieme, nonostante la distanza. Perché l’amore resiste. E si esprime in parole minime, scritte in fretta tra ansie e speranze. L’ultima lettera di Vittorio è del 6 gennaio 1943. Attorno a lui, le drammatiche premesse della ritirata del Don, ma dedica a lei (“Mora mia”) la promessa di un paio di scarpe nuove per Pasqua, scusandosi perché lei si era sentita in colpa a chiederle. Poi il silenzio.
Poche settimane dopo, Bernardina gli scrive che la mancanza di notizie la fa piangere notte e giorno e che teme di impazzire. Ma solo un anno dopo saprà che Vittorio era disperso dal 23 gennaio (giorno dell’infernale battaglia di Nikolaevka). E che il suo sposo morì l’11 febbraio di quell’anno in un campo di prigionia lo seppe solo con l’apertura degli archivi sovietici, nel 1995: quattro anni prima della sua morte.
Le loro lettere, consegnate dai familiari all’Archivio Nazionale, sono così diventate testimonianza non solo di un amore spezzato ma anche di quella Storia che sconvolse i destini di decine di migliaia di uomini inghiottiti dalla guerra e di donne costrette a piangere silenzi e assenze senza ritorno. Ma vi si può anche ascoltare l’eco di due giovani che, nonostante tutto, non smisero mai di immaginare la loro felicità.
(m.g.)
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