A perdifiato
Pubblichiamo il racconto “A perdifiato”, finalista del premio Scerbanenco. L’autore è Dario Tedesco di Udine

Elisa ama correre, sono dieci anni che tre o quattro volte alla settimana infila le scarpe da ginnastica ed esce per allenarsi. Niente la ferma: pioggia, afa, lavoro, storie d’amore, febbre. La corsa è la sua disciplina, una pratica meditativa, quasi una preghiera. Ama scoprire il territorio muovendosi a tredici chilometri all’ora, la sua velocità di crociera. Corre in montagna, tra le colline e vicino al mare. Ricerca l’efficienza del suo corpo e l’equilibrio della mente. Per questo si allena da sola, per lasciare decantare pensieri, problemi, preoccupazioni, progetti. In fondo ciò che le passa per la testa si racchiude in quelle quattro P. Le piace la sua vita, la prende di petto, non perde tempo, si dedica a ciò che la fa stare bene. E così anche stamattina è uscita in pantaloncini e top sportivo. Da qualche giorno ha un risentimento alla coscia, ma come sempre non rinuncia alla corsa.
Il sole sta per sorgere a Lignano, la sabbia sulla spiaggia sembra un manto dorato. Ne raccoglie una manciata per sentirne la freschezza, l’annusa, poi la lascia fuoriuscire piano, come in una clessidra. Vorrebbe che le giornate non fossero sempre un incastro tra impegni, doveri e passioni. Ogni tanto le piacerebbe avere quell’attimo in più per gustare fino in fondo il sapore delle cose. E delle relazioni. Malgrado le delusioni, è curiosa di conoscere chi le piace: uomini e donne che le fanno provare un desiderio che parte dallo stomaco e si propaga in tutte le direzioni. Elisa ci crede, si innamora, ma poi non funziona. Sei sempre impegnata, le dicono, fai orari impossibili, non parli di te. Così a trent’anni proprio non sa se riuscirà ad avere la famiglia numerosa che sogna. Per ora convive col suo anziano labrador. Lui ha smesso di correre con lei, a dire il vero ha proprio smesso di correre, e i mesi che gli restano, secondo il veterinario, si contano sulle dita di una mano.
Elisa fa degli allunghi sul bagnasciuga, qualche ripetuta di corsa a ginocchia alte, esercizi per attivare i muscoli. Tasta nelle tasche, a destra un integratore e la chiave di casa, a sinistra uno spray al peperoncino. Una precauzione introdotta da poco.
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Nel dark web le foto di donne nude, rigate di sangue, si contano a migliaia. Vengono visualizzate, scambiate, pagate. Esistono perfino gallerie virtuali. Mostre a tema per gente deviata. Quanta perversione anima gli umani? Se lo chiede Marco, ispettore a capo delle indagini sul “Numeratore”, il serial killer che da quasi un anno uccide podiste e incide un numero sul loro corpo. I colleghi impegnati nelle indagini online non hanno trovato nulla. I maniaci e i pedofili spesso li agganciano in rete. Seguono le loro tracce e aspettano un errore. Per riuscire devono decifrare codici criptati, infiltrarsi, fare finta di essere mostri. Un mestiere da cui non stacchi mai. Inizi a sognare il male che vedi ogni giorno, ti senti sporco, sfiduciato, impotente. Per uno che arresti ne spuntano altri due.
Marco è frustrato, ogni pista si è rivelata un vicolo cieco. Lavora con la procura di Udine, incaricata di coordinare le indagini e il suo contatto in questura è l’Agente Dri. In ufficio osserva spesso la mappa appesa alla parete. La prima donna è stata trovata a Grado a novembre, correva sul lungomare che va ai campeggi. La seconda a Bibione, a febbraio, uccisa alle sette di mattina mentre si allenava nella pineta che porta al faro. La terza ad aprile a Caorle, lungo la ciclabile dei casoni. L’ultima un mese fa, una turista austriaca trovata lungo un sentiero sul Carso. Morta allo stesso modo delle altre. Soffocata con una corda sottile, nuda a terra, con una mano posata sopra al pube e l’altro braccio piegato dietro la testa. Sul volto e sul corpo del liquido seminale. Gli indumenti tagliati, così come la pelle, sfregiata tra seno e ombelico dall’incisione del numero quattro.
Non sono state trovate impronte e il DNA ricavato dallo sperma non ha portato a nulla. Fare un tampone di massa non è un’opzione. Bisogna restringere il cerchio. Riuscirci è compito di Marco, così come trovare dei punti di contatto tra le vittime. Le donne non si conoscevano e non avevano amicizie in comune. Tutte bionde, sportive, seno piccolo, età compresa tra i venti e i quarant’anni, altezza inferiore al metro e settanta. Si allenavano spesso da sole, e tutte utilizzavano la stessa applicazione per gli allenamenti: runwell. Percorsi, orari di uscita e velocità erano visibili agli iscritti. Oltre trentamila solo tra Friuli e Veneto. Sulle pagine social pubblicavano le loro foto familiari e sportive, nessun post polemico o divisivo.
Ad oggi il numero dei sospettati è fermo a zero. Ovvero infinito. La cosa certa è che all’assassino servono almeno tre-quattro minuti per strangolarle, denudarle, forse fotografarle, sfregiarle, eccitarsi, venire, sparire.
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Elisa dopo il riscaldamento esce dalla spiaggia. Vuole percorrere una decina di chilometri, il solito giro che ripete ogni volta che va nella casa-vacanze dei genitori. Niente auricolari, lo sguardo alto a incontrare il risveglio di Lignano. Le scuole chiuderanno a giorni, la calca e la frenesia estive sono ancora lontane. Schiaccia il tasto avvio sull’orologio satellitare e inizia a correre. Nei primi cinquecento metri va a cinque minuti al chilometro, dodici all’ora, in controllo. Superato l’ingresso della grande terrazza, prima di prendere la passeggiata che porta al faro, si imbatte nella locandina del quotidiano regionale. Riesce a leggerla: ancora introvabile il Numeratore. Un brivido. Procede per qualche centinaio di metri con un peso al petto, poi si dice che è una psicosi collettiva, come fu per Unabomber. Si distrae e rilassa quando scorge il sole che sale dal mare. L’acqua si tinge di rosso, i gabbiani planano sul canale di navigazione, inseguono un peschereccio di rientro a Marano. Elisa taglia all’interno, passa tra le villette, percorre il ponte che supera la darsena e poco dopo raggiunge la ciclabile sull’argine. Rivede il peschereccio.
Aumenta il passo, raggiunge i quattordici chilometri orari, inizia la parte anaerobica del suo allenamento, i battiti salgono. Un uomo che corre veloce in direzione opposta le passa a un metro, un bel tipo, si salutano con un gesto della mano. Elisa aumenta ancora un po’ la frequenza. Adesso inizia il tratto di strada isolato. Passa dietro al cimitero, il depuratore e il vecchio maneggio. Un rumore proveniente dai cespugli la fa sobbalzare. Si blocca. Una gazza impaurita vola via. Elisa impreca, è troppo ansiosa.
Si guarda attorno, lontano qualche centinaio di metri vede l’uomo appena incrociato invertire la direzione. Riprende a correre, ritrova il ritmo, il fastidio dietro la coscia si fa sentire. Si massaggia leggermente, accelera. È quasi a metà del suo giro.
Lo sforzo aumenta e anche il male. Respira a bocca aperta. Cerca di curare la posizione delle braccia, le mani sono leggermente chiuse. Rilassa i muscoli delle spalle. Vuole finire la parte sterrata in spinta e poi procedere più lenta nel tratto abitato che la porterà di nuovo vicino alle spiagge. Battiti oltre i centosessanta, sa di poter tenere quel ritmo per altri cinque minuti. Dietro di sé sente il rumore dello sterrato calpestato. Si volta e vede l’uomo di prima. In mano stringe qualcosa.
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Una figura è nascosta dietro ai pini, a terra i mozziconi di sigaretta che ha fumato nel tempo di attesa, d’un tratto Elisa compare nel suo campo visivo. Ottimo, tutto come previsto. Poi vede che non è sola. Cazzo, esclama, dai, dai, superala e sparisci.
Si chiede cosa fare, decide di aspettare.
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Elisa spinge, le falcate dell’uomo non sono distanti, mancano cinquecento metri al punto in cui ricominciano le case, il traguardo più importante della sua vita. Non vuole voltarsi. Andare e non pensare, l’adrenalina copre il dolore, ansima per lo sforzo. Non è sicura di cosa tenga in mano l’uomo. È vicino. Deve accelerare ancora, cerca in tasca. Di colpo il muscolo della coscia si strappa, un dolore lancinante la trafigge, la gamba si blocca. Dolore e paura si fondono insieme, Elisa urla e cade.
L’uomo non riesce a evitarla, inciampa e ruzzola a un metro da lei. La corda gli sfugge di mano. Elisa prova a rialzarsi, lui le salta addosso e con le mani avvolte da guanti la prende al collo e stringe.
Marco esce da sotto i pini pistola in pugno, è lontano un centinaio di metri. Non può sparare, c’è una colluttazione, rischierebbe di colpire l’Agente Dri. Corre e si maledice. Non doveva accettare che facesse da esca. Da anni Elisa è attiva su runwell. Si è tinta di biondo dopo la numero tre e ha cambiato la foto profilo. Avevano studiato il percorso, trovato il nascondiglio, verificato l’andatura. E da un mese, ogni tre giorni alla stessa ora, lei faceva il giro e lo caricava sull’applicazione. Lui si appostava, al passaggio si salutavano e dopo si ritrovavano a fare colazione.
La corda è lontana, ma l’uomo può farne a meno. Pregusta il piacere di ciò che verrà dopo. Annusa gli odori che ama: sudore e paura. Lei cerca di divincolarsi, prova a colpirlo, lui stringe più forte. Elisa emette un rantolo, affamata d’aria. Tutto diventa nero, non riesce più a lottare, si arrende. Lui tira fuori un coltello, taglia gli indumenti eccitato. Marco spara un colpo in aria, l’altro si ferma, lo guarda, è lontano. Deve scappare, ma deve anche marchiare la sua preda. È arrabbiato, gli hanno rovinato tutto. Traccia un segno orizzontale con la lama sotto il seno. Prima che possa completare il numero cinque una pallottola gli entra in fronte. Il sangue schizza su Elisa. Si accascia sopra di lei.
***
Marco giunge di corsa, sposta il cadavere del killer dalla sua collega. Le cerca il battito, avvicina l’orecchio al naso, osserva il torace. Niente. Unisce i palmi e inizia il massaggio cardiaco.
“Milleuno, milledue, milletre…” a milletrenta si ferma, osserva e ascolta.
Riparte con la manovra salvavita. È sfinito.
La sirena dell’ambulanza è ancora lontana.
Ha un unico pensiero. Non morire, non morire.
Il premio
Il vincitore sarà annunciato durante la cerimonia di premiazione che si terrà sabato 6 settembre alle 18 in Biblioteca civica a Lignano, ospiti lo scrittore Paolo Roversi e il direttore della collana Gialli Mondadori Franco Forte.
La giuria è formata da Cecilia Scerbanenco (presidente), Franco Forte (direttore editoriale de Il Giallo Mondadori), Luca Crovi (critico letterario e scrittore), Oscar d’Agostino (responsabile pagine Cultura del Messaggero Veneto), Elvio Guagnini (docente emerito Università di Trieste), Piergiorgio Nicolazzini (agente letterario), Donatella Pasquin (Consigliere con delega alla Cultura del Comune di Lignano Sabbiadoro) e Nicoletta Talon (bibliotecaria).
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