Basso e Granai, i signori del rally tricolore

Il pilota Giandomenico Basso e il suo navigatore Lorenzo Granai ospiti della tribuna di Treviso hanno raccontato il quinto titolo assoluto e come sia nato quel sodalizio che li ha resi i più forti d’Italia

Niccolò Budoia
Il navigatore Lorenzo Granai e il pilota Giandomenico Basso con il premio Ac 2025 in piazza dei Signori a Treviso (fotofilm)
Il navigatore Lorenzo Granai e il pilota Giandomenico Basso con il premio Ac 2025 in piazza dei Signori a Treviso (fotofilm)

«Non ho mai pensato di ritirarmi del tutto. Vorrei diminuire gli impegni, questo sì, e spero di poter fare qualche gara all’estero e magari un paio in Italia». È così che Giandomenico Basso, ospite della redazione della tribuna insieme al suo navigatore Lorenzo Granai, ha cominciato la chiacchierata che lo ha portato a raccontare qualcosa di più del successo che quest’anno gli ha consegnato il quinto scudetto della sua carriera rallistica.

Ma non si è parlato solo di quello: Giando e Granai hanno detto la loro anche sulle azioni sempre più urgenti per promuovere la disciplina, e poi hanno raccontato i loro inizi: «Mai avremmo pensato di vincere così tanto», hanno concordato.

Il grande interrogativo, dopo la vittoria 2025, è sul futuro. Basso, cosa farete l’anno prossimo?

«Stiamo valutando. La vittoria di Roma è valsa quasi un campionato, e sono un po’ tornato alle origini vincendo una gara di Europeo. Non ho mai pensato di ritirarmi del tutto, stiamo valutando il da farsi ma mi piacerebbe fare qualche apparizione all’estero».

Quindi non la vedremo in Italia?

«Non lo so. Per rifare l’Italiano servirebbero condizioni diverse, contrattuali e tecniche. Se lo rifaccio, comunque, lo corro per vincere. Ma non è quello che ho in testa».

Com’è stato questo quinto scudetto?

«Bellissimo, c’è stata una lotta durata dalla prima all’ultima prova speciale. La sfida con Andrea Crugnola è stata ancora più accesa degli altri anni».

Granai, si parla tanto dei piloti. Ma voi navigatori?

«Il pilota resta sempre l’attore principale, noi dobbiamo aiutarli sapendo anche restare un passo indietro, se serve. Serviamo a farli esprimere al meglio. La vedo così, almeno».

Quanto avete corso insieme la prima volta?

«A Madeira, nel 2013, e abbiamo subito vinto. È nata per caso, peraltro io venivo da un periodo particolare. Avevo appena smesso di correre nel Mondiale con Lorenzo Bertelli, sono rimasto fermo per otto mesi e mi ero stancato anche dell’ambiente. È stata un’occasione irresistibile, abbiamo vinto lottando».

Basso, ma perché Madeira le piace così tanto?

«Il rally lì è uno sport conosciutissimo, quando c’è la gara arrivano giornali, radio, tv. E poi la gente fa code lunghe ore per un autografo».

Granai, lei è senese. A cosa paragonerebbe quella gara?

«Al Palio, pur non volendo bestemmiare. Per la gara si ferma l’isola e vengono intervistati i vecchi campioni, come facciamo noi a Siena con i fantini. In quei giorni, a Madeira la comunità pensa solo al rally».

Basso, ma cosa serve allora al movimento qui in Italia?

«Più appoggio da parte dei Comuni e delle amministrazioni per promuovere le gare, Rally della Marca compreso. Serve coinvolgere i paesi, con una logistica che porti le gare lì dov’è la gente. È necessario che ci sia passione anche in chi lavora nelle amministrazioni, che non ci siano solo ostacoli. Da tre anni ci stiamo lavorando anche al Marca».

Granai, cosa manca ai nostri rally?

«Un campione riconosciuto da tutti. I campionati sono troppo frazionati e non danno la possibilità di far venire alla luce i veri personaggi. È giusto promuovere tutti, ma nel modo corretto».

E secondo lei, Basso?

«E poi organizzare costa moltissimo, serve spesso il supporto di Comuni, Provincia e Regione. Non mi aspettavo nemmeno io che si parlasse di queste cifre, fino a quando non le ho toccate con mano».

Basso, arriva dalla piccolissima Cavaso del Tomba. Avrebbe mai pensato di vincere così tanto?

«Ho iniziato a correre le gare più vicine al paese, con l’aiuto fondamentale dei miei genitori: non avevano tante risorse, ma sono stati indispensabili. Attorno a me avevo un gruppo di persone che mi volevano tenere vicino casa, ma ho fatto bene a uscire».

Che ricordi ha?

«A un Rally della Valle d’Aosta sono andato guidando la mia Fiat Panda 4x4. E poi è indimenticabile il salto all’estero. In quei giorni non potevo immaginare di vincere due volte in Europa e cinque in Italia. Ricordo la grande timidezza che mi impediva di avvicinarmi ai miei idoli di allora, Franco Cunico o Colin McRae. Avevo quasi paura».

Granai, e per lei invece com’è stato?

«I rally nel Senese erano importanti, c’era il Sanremo che da noi correva le prove sterrate e ti faceva conoscere i mostri sacri della disciplina. Però Siena è una piccola realtà, l’unico grande pilota è stato Alessandro Nannini ma nessuno ha vinto cose importanti nei rally».

Quando ha iniziato?

«A 20 anni, nei tredici anni precedenti ho giocato a calcio nel Castellina in Chianti a livelli anche medio-alti. Poi si sono allineati gli astri e ho debuttato nel 1992 al Rally della Fettunta, ho mollato il calcio e ho iniziato a correre vicino a casa. Ho vinto il primo Italiano a 43 anni, siamo a quota quattro».

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Chi sono

Giandomenico Basso è nato a Montebelluna il 15 settembre 1973, e da allora vive nella sua Cavaso del Tomba dove da alcuni anni gestisce con la sorella Barbara la Pizzeria Basso, aperta da papà Piero e mamma Giustina.

Ha iniziato a correre con i kart proprio lungo le strade di Cavaso prima di passare ai rally nel 1994 insieme a Silvan Foggiato, rimasto nel tempo uno dei suoi più cari amici.

Accanto a lui sul sedile di destra si sono alternati navigatori di grande esperienza: Flavio Guglielmini, Rudy Pollet, Mitia Dotta (con cui ha formato la coppia storica Basso-Dotta dominatrice per anni a livello continentale), Gigi Pirollo, Simone Scattolin e Lorenzo Granai, con cui iniziò nel 2013 per correrci in pianta stabile a partire dal 2014 creando un sodalizio duraturo e costellato di grandi successi. Nella sua carriera è stato pilota ufficiale Fiat, Abarth e Proton, e nel 2016 portò una Ford Fiesta R5 di BRC alimentata a gpl a vincere l’Italiano. Un curriculum di spessore che racconta la passione e il duro lavoro del pilota della Marca

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