Il nostro Thunder, c’è un pezzo di Veneto nel trionfo in Nba dell’Oklahoma City
Il manager trevigiano Massimo Biasin, da quasi vent’anni nello staff degli Oklahoma City Thunder, racconta la storica vittoria al termine delle Finals NBA. Dal draft alla scoperta dei talenti internazionali, ecco il segreto di una franchigia vincente con lo sguardo rivolto anche all’Europa

C’è un pizzico di Veneto nel successo Nba degli Oklahoma City Thunder che per la prima volta dal trasloco – la seconda, contando il titolo del 1979 vinto quando la franchigia era a Seattle e si chiamava Supersonics – ha conquistato il Larry O’Brien Trophy. Spettatore interessato della decisiva gara7, vinta dai Thunder sugli Indiana Pacers è stato il trevigiano Massimo Biasin.

Il manager, con un passato in Spalding Italia e in Benetton Basket, è da quasi vent’anni parte dell’organizzazione della franchigia bluarancio: «Dal 2007 precisamente, l’anno della scelta di Durant, quando eravamo ancora a Seattle. Adesso sono negli States dove ho seguito le Finals, una gran bella soddifazione, ma solitamente lavoro da casa dato che mi occupo dello scouting internazionale».
Biasin, l’Mvp delle finali è stato il canadese Gilgeous-Alexander, ma a Oklahoma non manca lo sguardo verso l’Europa.
«Merito del nostro gm, Sam Presti, che arriva da San Antonio, dove sono abituati ad ampliare l’orizzonte dai tempi di Ginobili e Tony Parker. Il talento è ovunque nel globo e noi trattiamo americani e internazionali allo stesso modo. La medesima attenzione posta sui ragazzi dei college è replicata sugli europei e non solo».
Quali i criteri di scelta?
«Cerchiamo persone giuste, prima che giocatori. Il compito mio e degli altri scout è cogliere il carattere, la personalità, i veri motivi per cui la franchigia dovrebbe compiere determinate scelte».
Prima Durant, Harden, Westbrook. Ora, una nuova generazione. Qual è il segreto di Oklahoma?
«Assemblare una squadra tramite il draft e le trade non è semplice, soprattutto quando si vive in un mercato piccolo come quello dell’Oklahoma. La programmazione è importante: dopo il 2019 abbiamo accusato una piccola flessione, ma abbiamo dimostrato di poterci rialzare, un aspetto affatto scontato in una lega competitiva come la Nba. E lavoriamo anche in prospettiva: per i prossimi sette anni abbiamo in portafogli venticinque accordi tra trade e draft».
Biasin, in Europa si fatica con le infrastrutture, in Nba costruite arene per consolidare le franchigie...
«Anche qui è già partito il cantiere del nuovo palasport. L’Nba è un grande business che richiede strutture di vario tipo, gli uffici, le palestre d’allenamento, ovviamente le arene che sono parte fondamentale perché sostengono gli affari dei club».
E l’espansione verso il Vecchio Continente?
«Se ne parla sempre di più, si sta andando in una direzione precisa. L’Nba ha sempre nutrito interesse per l’ampliamento delle platee, prima del business e poi del gioco. Vedremo cosa accadrà».
Squadra che vince non si cambia. Oppure ci saranno rivoluzioni?
«Per fortuna non dipende da me, io devo solo viaggiare per cercare nuovi prospetti. Posso dire che il roster in questo momento è abbastanza completo, al prossimo draft avremo tre scelte da usare e vedremo se si potrà alzare il tasso di competizione, aggiungere talento».
Quante telefonate di congratulazioni sono arrivate da Treviso?
«Poche, principalmente da persone che mi conoscono. Magari non tutti si ricordano di me, dopo tanti anni passati in giro per il mondo». —
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