Nazionale senza ct e club in difficoltà, Galeone: «Hanno svenduto il nostro calcio»
L’intervista a uno dei grandi del pallone azzurro: «I vivai italiani non esistono più, mancano insegnanti. Spalletti il meno colpevole, avrei ricucito con Mancini»

«Hanno svenduto il calcio italiano». La frase è di Giovanni Galeone, uno dei “grandi vecchi” nel nostro pallone che rende bene l’idea su quello che è oggi il momento dello sport più popolare in Italia. La Nazionale senza ct che rischia di non qualificarsi per il terzo mondiale di fila, le nostre squadre che fanno fatica in Europa e che se poi arrivano in finale ne beccano cinque dagli avversari.
Galeone, partiamo dal suo pupillo Max Allegri che è tornato al Milan. Il suo ritorno alla Juve non è stato così fortunato.
«Mi auguro che stavolta gli vada meglio e che possa vincere lo scudetto al primo tentativo come nella sua precedente avventura in rossonero. E non è detto che non ci riesca. L’ho sentito molto contento e carico. E secondo me Tare gli sta costruendo una buona squadra».
Concorda con chi sostiene che Marotta abbia sottovalutato la questione Inzaghi e che se si fosse accorto prima della scelta del suo allenatore avrebbe puntato su Allegri?
«Penso che Max abbia aspettato fino all’ultimo una chiamata dell’Inter. Aveva un accordo con il Napoli, prima che Conte decidesse di rimanere, ma per quanto ne so io è da sei mesi che Inzaghi si era promesso al club arabo. Strano che Marotta, che aveva avuto Allegri alla Juve, non lo abbia preso. Con tutto il rispetto per Chivu un club che ha giocato due finali di Champions nelle ultime tre stagioni non può prendere un tecnico con 13 presenze in Serie A».
Ha fatto bene Inzaghi a interrompere il rapporto con l’Inter?
«Io ho questa impressione: che se non se ne fosse andato lui, lo avrebbero mandato via loro».
È rimasto sorpreso dalla scelta di Conte di restare al Napoli?
«Fino al giorno della vittoria dello scudetto ero certo che avrebbe lasciato come aveva già fatto alla Juve e all’Inter. Evidentemente ha ricevuto rassicurazioni da De Laurentiis che infatti ha preso De Bruyne».
Il belga al Napoli, Modric al Milan: ma ha senso puntare su giocatori non più giovanissimi?
«Sì perché il nostro calcio è rimasto indietro e abbiamo bisogno di riportare da noi giocatori di livello europeo. Ma avete visto Spagna-Portogallo? Sembra un altro sport rispetto a quello che si gioca da noi».
La Nazionale è a rischio esclusione dal Mondiale e Spalletti ha pagato con l’esonero.
«Lui è il meno colpevole di tutti. È l’organizzazione del sistema che non funziona. Non esistono più i settori giovanili, mancano gli insegnanti di calcio, si punta subito tutto sulla tattica. Abbiamo svenduto il nostro calcio e ne stiamo pagando le conseguenze».
Ranieri ha detto di no alla panchina azzurra.
«È stata una delle poche cose della carriera di Claudio che non mi è piaciuta. Anche perché inizialmente aveva accettato, era meglio dire subito no».
Sembra che Gattuso sarà il nuovo ct. Lei chi avrebbe scelto?
«Mancini. È vero che si è lasciato malissimo, ma era l’unico allenatore italiano pronto. Oppure se si fosse puntato su uno stranieri avrei preso Rafa Benitez, un profondo conoscitore del calcio e dei calciatori. Il top sarebbe stato Ancelotti, ma si era già accasato con il Brasile».
È stata l’estate dei no. Ranieri all’Italia, Conte alla Juve, Fabregas e Vieira all’Inter.
«Non mi ha sorpreso la scelta di Fabregas. Lavora in una delle società economicamente più forti ed è stato coerente con la risposta data. Se fossi un presidente e dovessi scegliere un allenatore con cui vincere qualcosa punterei sicuramente sullo spagnolo».
Nelle nostre squadre di vertice c’è una penuria di giocatori italiani.
«Non abbiamo più dei veri numeri dieci. Una volta se giocava Baggio stava in panchina Zola, se c’era Totti non giocava Del Piero. Ripeto: non ci è rimasto niente ed è inevitabile che facciamo fatica».
Un altro suo ex calciatore, Gasperini, è andato alla Roma...
«Dopo nove anni di Atalanta era giusto cambiare. “Gasp” è un osso, ma a Roma non troverà un ambiente facile. In giallorosso hanno vinto lo scudetto due allenatori caratterialmente agli antipodi, Liedholm e Capello».
E l’Udinese?
«È partita benissimo, poi conquistati i 40 punti si è fermata: una cosa inammissibile. Mi sembra che il club abbia cambiato filosofia: una volta prendeva giocatori molto tecnici dalla metà campo in su, adesso punta di più sulla fisicità. E se prima perdi Deulofeu e poi si ferma Thauvin si spegne la luce. A Udine eravamo abituati bene: ai tempi di Zico c’erano Causio, Mauro, Virdis, Miano, Gerolin, Tesser, De Agostini. Io vinsi il campionato di B con in squadra Carnevale, Poggi, Desideri, Scarchilli, Pizzi, Calori, Rossitto. Non fossi andato in A avrebbero fatto bene strapparmi il patentino».
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