La Giornata Tipo compie 13 anni e parla veneto: il basket diventa ogni giorno una storia

Raffaele Ferraro, fondatore della pagina, vive a Verona. Molti i racconti legati al Veneto, prossimamente uscirà un documentario dedicato a Walter De Raffaele e alla sua famiglia

Nicola Cesaro

Gianluca Basile ha annunciato l'addio al basket utilizzando il loro blog. Manu Ginobili ha detto di essersi emozionato guardando il video che gli era stato dedicato. Valentino Rossi ha assicurato che, da quando è in pensione, legge la pagina tutti i giorni. E poi vabbè, la ciliegina: anche Kobe Bryant si è complimentato con loro dopo aver letto un post (sì, Kobe parlava un italiano perfetto). E guai a dimenticare la scoperta del secolo: la leggendaria A2 armena, la cui epopea è stata vista da 21 milioni di utenti.

 

Tredici anni fa nasceva La Giornata Tipo: una pagina, un’idea, un continuo spot sul basket, come ama dire il suo creatore. Creatore dal cuore veneto, per quanto d’adozione: Raffaele Ferraro, 43 anni, bolognese di nascita, ma che dal 2015 vive a San Giovanni Lupatoto. E di veneto c’è davvero molto in questo progetto che passa da Facebook e si apre al web intero, in tutte le sue sfaccettature: tra le imminenti novità c’è ad esempio un lavoro dedicato a Walter De Raffaele, già nella storia della Reyer Venezia.

 

2012-2025, come nasce La Giornata Tipo?

«Nasce su Facebook in un momento in cui Facebook è davvero il primo social realmente popolare. La lego alla mia personale iscrizione: volevo dare vita a una pagina dedicata esclusivamente al basket, ispirandomi a uno stile che avevo coltivato fino a quel momento solo nei forum della pallacanestro minore. Ho giocato tra C/2 e D e mi divertivo a prendere in giro arbitri e avversari, senza mancare di rispetto: quello stile piaceva molto».

 

LeBron James ha portato fortuna…

«Mi venne l'idea di scrivere un post su LeBron James, allora ai Miami Heat e con 0 titoli nel palmares, immaginando la giornata tipo che avrebbe potuto trascorrere: in sostanza, un elenco di battute e prese in giro. Ho spammato il post a venti-trenta amici al massimo, in poche ore sono arrivato a 1.500 condivisioni. Numeri inimmaginabili, davvero».

 

Solo su Facebook oggi La Giornata Tipo ha quasi mezzo milione di followers. Il post di “auguri” di qualche giorno fa ha sfiorato i 10 mila likes, come tante altre storie d’altra parte. Un bell’impegno…

«Così impegnativo che mi ritrovo a lasciare l’indeterminato - lavoravo in un ente di formazione – per gettarmi nel mondo del super-precariato sportivo. Per due anni sono stato responsabile marketing e comunicazione della Scaligera Verona, che nel frattempo era salita in A/2, poi le richieste a La Giornata Tipo sono cresciute, di numero e qualità: siamo stati contattati dalla Nba per girare un documentario su Bologna, oltre che dalla LegaBasket e dalla Nazionale per creare contenuti sulla Serie A e sugli Azzurri».

 

La copertina della pagina Facebook de La Giornata Tipo
La copertina della pagina Facebook de La Giornata Tipo

 

Avete di fatto dimostrato che “il cazzeggio ben fatto” può produrre un prodotto qualitativamente alto e apprezzato da molte fasce di utenti.

«La pagina era nata con un taglio dichiaratamente umoristico, poi i contenuti e gli stili per comunicare si sono diversificati offrendo più proposte e prospettive: abbiamo dimostrato che si può parlare di sport in tanti modi. E, aggiungo, far notizia senza entrare per forza nella polemica».

 

Forse l’esempio che più conferma questa lettura è la storia che avete raccontato di Juan Manuel Fernandez, il giocatore dell'Umana Reyer Venezia tornato in campo dopo oltre due anni e mezzo dal ritiro per problemi legati alla depressione.

«Ci è stato chiesto di raccontare 5-6 storie legate alla Serie A e quello di Juan è uno di questi racconti. Si era ritirato due anni fa a Trieste, è ritornato in campo quest’anno a Venezia. Il merito è tutto suo: la sua testimonianza è stata chiara, semplice, capace di trasportare, oro colato per chi vuole raccontare qualcosa di forte. Riceviamo ancora messaggi di vicinanza e di ringraziamenti da parte di giocatori, genitori e psicologi. Per molti il suo è stato un messaggio di grande speranza, un messaggio in cui il basket diventa una cornice. D’altra parte, crediamo che lo sport non sia solo quello che si gioca tra una palla a due e un fischio finale».

 

In questi tredici anni, qual è stata la più grande soddisfazione?

«Facile: nel 2018 abbiamo incontrato Kobe Bryant a Reggio Emilia, dove lui ha vissuto per un lungo periodo da giovane, con la famiglia. Ha assicurato di conoscerci. Ci siamo detti “guarda dove siamo arrivati!”. E’ un po’ come se fossimo critici musicali e Mick Jagger conoscesse i nostri articoli, peraltro scritti in italiano. Ah, poi abbiamo avuto un’attestazione anche da Gregg Popovich, incontrato in Cina: ci disse che aveva parlato di noi con Ettore Messina. Beh, poi Messina ci disse in realtà che quel dialogo non era mai avvenuto. Poco importa, prendiamo la medaglia e ce la appuntiamo».

 

Lo hai fatto ben intendere: La Giornata Tipo oggi è una macchina che impegna tempo e professionisti in modo importante.

«Innanzitutto occupa il 70 per cento del mio tempo lavorativo. Poi c’è una rete di professionisti chiamata a lavorare, ciascuno nel proprio ambito: parto sicuramente da Marco Gianstefani, con me da otto anni, che si occupa soprattutto della parte video. Poi ci sono grafici, web designer, collaboratori occasionali. Questi, in particolare, si occupano dei longform, gli approfondimenti, una parte del nostro lavoro in cui crediamo molto. Non è una scrittura da vecchi, ci leggono in tanti e quando una persona si prende del tempo per affrontare un racconto lungo, significa che l’hai davvero fidelizzata».

 

La Giornata Tipo, in tredici anni, ha fatto scuola a molte altre pagine dedicate al basket e allo sport in genere?

«Non lo so, sicuramente molti ci hanno scritto dicendo di aver copiato il nostro stile, anche oltre la pallacanestro. Di certo non vedo grande originalità in giro. Nel 2012 eravamo in tre a proporre questo tipo di narrazione, oggi saremo forse saliti a duecento, ma la varietà non si accompagna sempre alla qualità. Il mio consiglio è sempre questo: siate originali, non ripercorrete quello che c’è già. Anzi, ritengo decisamente più complicato rubare a chi fa qualcosa di simile e ben fatto».

 

Cosa c’è nel futuro de La Giornata Tipo?

«Stiamo coccolando l’idea di un video podcast. Per il basket manca un vero approfondimento televisivo, e oggi la tv non è il piccolo schermo ma qualcosa di diverso. Puntiamo a creare un vero e proprio programma di riferimento per gli amanti della palla a spicchi. E poi vorremmo riuscire a organizzare un grande evento dedicato al basket, per tutti gli appassionati: non penso a una partita o a un “all star game”, ma a un contenitore di tante cose: tornei, talk, presentazioni di libri, incontri, musica. Stiamo inoltre lavorando a dei progetti video: siamo stati in Spagna e in Germania per realizzare dei documentari sulle avventure all'estero di Spissu e Procida-Spagnolo. Poi c’è un progetto importante, che sa molto di Veneto».

 

Ora siamo curiosi…

«Uscirà un documentario molto toccante su Walter De Raffaele e la sua famiglia, moglie e tre figli. Hanno una storia importante da raccontare, per i motivi che non sto qui a svelare. Anche in questo caso il basket è solo il contorno, ma allo stesso tempo il pretesto per lanciare una storia e un messaggio molto forti».

 

Come si dice? Stay tuned. Anzi, come piace a noi: mamma, butta la pasta che a pranzo c’è La Giornata Tipo!

 

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