Contratti da otto anni nel calcio, parla l’agente Fifa Bastianelli: «La scelta resta al giocatore»

La nuova riforma apre alla possibilità di legami contrattuali più lunghi: «Stabilità per i club, ma serve tutelare anche i calciatori con bonus e clausole di recesso»

Alberto Bertlotto

Continua a far discutere, nel mondo del calcio, la possibilità che avranno i club professionistici di offrire ai giocatori vincoli contrattuali per una durata massima di otto anni e non più di cinque, come invece prevede l’attuale normativa. Si tratta di un’opportunità nata in seguito a una riforma approvata dal Consiglio dei ministri, che permetterebbe alle società di legare a sé un calciatore per la maggior parte della sua carriera. Non mancano vantaggi e svantaggi da ambo le parti. Una situazione analizzata da Patrick Bastianelli, agente Fifa e dottore in Economia e commercio: «La decisione finale – sottolinea – spetta sempre al giocatore: sarà lui ad accettare o a rifiutare la proposta».

Bastianelli, in termini generali, cosa cambia dopo l’introduzione di questa riforma?

«Si è voluto dare maggiore stabilità all’intero sistema. Non potrebbe essere altrimenti, visto che si offre ai club la possibilità di vincolare a sé i calciatori per un periodo maggiore ai cinque anni attualmente previsti. Si tratta di un arco temporale molto lungo, ma ciò non significa che un atleta debba per forza accettare. Per questo sottolineo che la scelta rimane nelle sue mani. La carriera ad alto livello, e in questo caso mi riferisco alla Serie A, della maggior parte dei giocatori è attorno ai dieci anni».

Tanti non arrivano al top subito, ma dopo un percorso graduale di crescita. C’è chi però ha sin da giovane le capacità di esibirsi in Serie A.

«A tal proposito le società che puntano sui giovani talenti verosimilmente proporranno contratti con una vincolo di otto anni, perciò dalla durata massima. Dal punto di vista del club si tutelerebbe e valorizzerebbe ancora di più l’operazione: si tratterebbe di un investimento a lungo termine. Nel corso degli anni tante cose possono cambiare e qui può entrare in gioco il lavoro dell’agente: starà a lui trovare il giusto equilibrio tra le esigenze delle due parti».

In cosa consiste, in termini pratici?

«Nella negoziazione vanno individuati dei corretti adeguamenti contrattuali nel caso di raggiungimento di alcuni obiettivi. Va inoltre prevista anche una clausola di recesso appropriata in favore del giocatore. E quest’ultima non sempre viene accettata da parte del club. Sicuramente, nel corso della trattativa, giocano un ruolo fondamentale una serie di bonus che possono essere inseriti nell’accordo. Il vincolo di una durata di otto anni fa perdere un po’ la forza contrattuale al giocatore, che dal canto suo, ripeto, è sempre libero di accettare o rifiutare la proposta che gli viene presentata dal club».

Attualmente, secondo l’articolo 17 del regolamento Fifa, un giocatore può risolvere il contratto dopo due o tre stagioni, senza incorrere in sanzioni. Adesso, dopo la riforma, si deve attendere una revisione di questi limiti?

«Nella attuale formulazione dell’articolo 17 è comunque previsto un indennizzo in favore del club, anche se il calciatore che recede unilateralmente, senza giusta causa, dal contratto fuori dai periodi protetti non soggiace a sanzioni. È tuttavia complicato fare previsioni. Potrebbe essere allungato il periodo così definito “protetto”, ovvero il periodo entro il quale il calciatore non può mai unilateralmente risolvere il contratto senza incorrere in sanzioni: potrebbe essere portato dalla Fifa fino ad un massimo di 4 anni (qualora il calciatore sottoscriva 8 anni di contratto, ndr) per i calciatori over 28 e fino a un massimo di 5 anni per gli under 28».

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