Maschio e Polo: «Imoco, emozioni e trofei. Ma il futuro passa dalle aziende»

I due presidenti più vincenti della pallavolo italiana riflettono sul futuro del volley femminile: costi crescenti, palazzetti pieni, visibilità internazionale, ma la sostenibilità resta una sfida aperta

Giovanni Armanini
Enrico Polo e Maurizio Maschio
Enrico Polo e Maurizio Maschio

Una lunga chiacchierata di quasi due ore, per parlare di volley e futuro, con i due presidenti più vincenti della storia del volley italiano, Maurizio Maschio(67 anni) e Enrico Polo (70), 29 trofei totali in poco più di un decennio di attività.

Ma quale futuro una delle discipline più identitarie per il mondo femminile? In tanti, va detto, nello sport sono stati protagonisti di cicli vincenti, ma la sostenibilità rimane una chimera, non riuscendo a sopravvivere ai suoi ispiratori. Pare essere così anche per i patron dell’Imoco, imprenditori illuminati che non hanno solo speso ma investito, e quindi patrimonializzato il club con centri sportivi e strutture tecniche, coinvolgendo sponsor di tutto i territorio.

La sfida 

Le leve di ricavi tipiche di una società sportiva sono i ricavi da matchday (biglietti e merchandising), gli sponsor e i diritti tv. E in questo scenario Maschio e Polo vedono un dominus insuperabile e irrinunciabile: il patto azienda-club sportivo (l’Imoco azienda con l’Imoco volley), una mecenatismo illuminato e proporzionato, che non sfoci nel rischio eccessivo e nella finanziarizzazione (come successo nel calcio).

«La realtà - spiegano - è che non c’è mai stato un anno in cui abbiamo potuto spendere meno. Negli ultimi 8 anni il prezzo di una giocatrice top è cresciuto di 6 volte. Non so se i nostri figli andranno avanti, noi finché ci saremo si. Ma il supporto delle nostre aziende realisticamente sarà sempre fondamentale: abbiamo messo tanti milioni, la pallavolo femminile non potrà mai raggiungere il pareggio di bilancio, però ci ripaga con le emozioni e i trofei vinti».

Dove si gioca la sfida del futuro? Il palazzetto, come spieghiamo in un altro pezzo, è un tema chiave: «Ma alla fine non è il biglietto che cambia i conti, peraltro la nostra strategia è sempre stata quella dei prezzi popolari. Anche se cambia la visibilità».

E da questo punto di vista il club oggi può vantare un 35% di audience internazionale, soprattutto dopo l’arrivo di Gabi (brasiliana) e Zhu (cinese). Potrebbero essere quindi decisivi i diritti tv. Ma anche qui c’è scetticismo: «Oggi ammontano a 2 milioni per 14 squadre».

Il futuro ipotizzato dalla LVF è puntare sui social al posto dello streaming a pagamento: «Non so rispondere ma mi lascia perplesso - dice Maschio -. Potrebbe essere la strada giusta? Non so, vediamo».

Un modello che funziona

Altro tema legato ai ricavi: nel basket si è provato a spostare il cuore delle competizioni dal nazionale all’internazionale, il calcio invece ha visto naufragare la Superlega. «Anche noi - assicura Maschio - ci pensiamo. Proprio qui a San Vendemiano ci siamo incontrati con le società più importanti. Il problema è mettere insime tante teste e tante anime. I palazzetti li riempi con le superstar di questo sport. Ma per un salto di qualità ci vorrebbe un torneo con tutte le migliori anche russe, polacche, greche. Il futuro potrebbe essere quello: viaggiare fino a Roma o a Istanbul oggi non cambia i costi».

«Una cosa però - aggiunge Polo - ci tengo a dirla: è fuoriluogo e riduttivo dire che noi vinciamo perché abbiamo più possibilità. I budget sono in linea con quelli delle altre società».

Esisterà una Imoco sostenibile, che possa prescindere dall’azienda, dopo i suoi fondatori? «Non lo sappiamo, c’è un nostro competitor che parla spesso della possibilità di chiudere in parità. Speriamo abbia ragione, noi ci crediamo poco».

Di certo il modello funziona e a Treviso (calcio e basket) sono i consorzi, piuttosto, a mostrare qualche affaticamento. «Non conosco le situazioni altrui ma credo che alla base di un gruppo serva sempre una famiglia che si faccia promotrice mentale dell’iniziativa e mi pare che altrove questa cosa non ci sia. Noi siamo testimoni che qui funziona». 

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