L’addio di Petrosyan al ring: «Mi ha dato tutto, ma ora devo fermarmi»

Il pluricampione del mondo di kickboxing all’ultimo match: «Ho fatto tanti sacrifici, alla fine sono stato ripagato»

Stefano Bizzi
Buakaw assieme a un giovane Petrosyan
Buakaw assieme a un giovane Petrosyan

«Questo sport mi ha dato tutto: mi ha fato diventare quello che sono in questo momento. L’ho messo davanti a me stesso per diventare il numero 1. Da piccolo sognavo tantissimo di essere il numero 1, già quando avevo 10 anni. Ho fatto tanti sacrifici, ho fatto tante rinunce e, alla fine, sono stato ripagato. Non ho rimorsi: se tornassi indietro, non potrei fare di più, quindi è arrivato il momento di mollare questo sport. Nella vita ho avuto tanti infortuni ed è giusto lasciare quando senti che il fisico non segue più la tua testa».

Con queste parole Giorgio Petrosyan, uno dei kickboxer più vincenti della storia mondiale delle arti marziali da ring, ha spiegato la sua decisione di ritirarsi dopo quasi 24 anni di carriera e un record che conta 110 vittorie (43 per ko), 3 sconfitte, 2 pareggi e 2 no contest. Tra i titoli più importanti da lui conquistati si possono ricordare i tornei K-1 World Max del 2009 e del 2010, le Glory World Series del 2012 e il World Grand Prix di One Championship del 2019, ma va citata anche la sua striscia di imbattibilità durata 43 incontri in un arco temporale di 6 anni e 10 mesi.

All’Allianz Cloud di Milano sabato sera “The Doctor” salirà sul ring per affrontare il portoghese José Zeramuk Sousa e lo farà di fronte a 5.400 spettatori che faranno il tifo per lui nell’evento clou di “Petrosyanmania-The Last Fight”. Il gala, organizzato come sempre dal fratello Armen, sarà trasmesso in diretta mondiale su Dazn.

Giorgio Petrosyan in azione contro il francese Aymeric Lazizi
Giorgio Petrosyan in azione contro il francese Aymeric Lazizi

Fuggito dall’Armenia con il padre Andrej e il fratello maggiore Stefan, Petrosyan, che il 10 dicembre compirà 40 anni, ha davvero dedicato la vita al suo sport. Sono molte le testimonianze di chi ha seguito la sua carriera fin dagli inizi. «Ha sempre dimostrato di avere un’etica del lavoro e del sacrificio e una determinazione non comuni – ricorda Mario Medeot, che dopo l’arrivo a Gorizia lo aveva accolto che era un ragazzino –. Quando ancora Giorgio faceva il muratore, prima del lavoro andava a correre nei campi trascinandosi dietro un grande pneumatico e lo faceva anche con la febbre».

«È sempre stato un combattente, ma umile», aggiunge il figlio, Davide Medeot, che cita quando a Stoccolma, da perfetto sconosciuto, Giorgio aveva affrontato la superstar thailandese Buakaw Por Pramuk accettando il pareggio nonostante la chiara vittoria. Moreno Luxich, oltre a ricordare bene quel match, ricorda anche molto bene quando Giorgio ha incontrato il maestro Alfio Romanut nella palestra del pugile Paolo Vidoz. «È arrivato con il padre, era uno scricciolo, e Alfio gli ha fatto fare un test. Ci siamo subito accorti che poteva avere un futuro. Secondo me, l’incontro a Oktagon con Arslan Magomdov è stato la chiave di volta, ma il match successivo in Svezia contro Bouakaw lo ha incoronato. Io avrei però voluto vederlo combattere nella boxe contro Floyd Mayweather».

Sul fatto che avrebbe potuto emergere anche nella noble art non ha dubbi neppure Vidoz. «Appena arrivato in palestra ho visto un mancino con un timinig perfetto. Col suo tempo di incontro e di scambio avrebbe potuto fare un’ottima carriera anche nel mondo del pugilato», assicura l’ex peso massimo.

All’angolo di Petrosyan, a inizio carriera, con il maestro Romanut c’era spesso Nadat Salja: «Quando Giorgio mette i guantoni dimentica tutti i problemi. Prima dell’incontro con Artur Kyshenko, a Oktagon 2012 stava davvero male. Eravamo tutti preoccupati, pensavamo non potesse salire sul ring, ma appena ha iniziato a scaldarsi è venuto fuori il vero Giorgio. Mi ha fatto l’occhiolino e lì ho capito che per l’avversario non ci sarebbe stata nessuna possibilità».

Da sempre ring announcer di Petrosyanmania, Igor Damilano chiamerà sabato per l’ultima volta Giorgio sul ring. Preferisce però ricordare la prima volta: «Lui e il fratello hanno vissuto da sempre in simbiosi. Armen ha creato questo evento per farlo combattere e quando Giorgio è entrato, vedendo il suo nome e tutto il resto, aveva una luce negli occhi che tradiva emozione e gratitudine». E oggi quell’emozione sarà anche di tutti i suoi tifosi.

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