Maifredi, trent’anni dopo: «Salvezza difficile, ma Venezia merita la Serie A»

A trent’anni dalla breve esperienza in laguna, Gigi Maifredi torna a parlare degli arancioneroverdi: tra il ricordo amaro dell’esonero, l’orgoglio per aver allenato Vieri agli esordi e l’analisi della difficile lotta salvezza di oggi. «Serve crederci fino alla fine, ma senza un vero centravanti era quasi impossibile»

Danilo Scurria
Gigi Maifredi
Gigi Maifredi

Sono passati trent’anni e cinque mesi dal giorno in cui fini l’illusione della rinascita. Era il 27 novembre del 1994, l’Udinese di Giovanni Galeone passeggiava al Penzo iniziando il suo volo verso la promozione in Serie A.

Un approdo di Gigi Maifredi sulla panchina del Venezia, maturato sull’onda di tante aspettative ed ambizioni, che sono ben presto svanite nel nulla. Un momento attuale, quello degli arancioneroverdi, molto delicato visto che sono impegnati in una difficile rincorsa verso la permanenza in Serie A.

Maifredi, è un Venezia che può ancora credere alla salvezza?

«Molto difficile, ma credo che sia giusto provarci fino a quando la matematica non condanna definitivamente la squadra di Di Francesco. Un peccato veramente, perché ero fermamente convinto che poteva finalmente essere la volta buona per costruire un progetto a lungo termine, che poteva permettere a questa società di rimanere in Serie A ancora per tantissimi anni. Lo meritano sia la piazza che tutto il popolo veneziano».

Una squadra che crea tanto, ma concretizza poco: quanto sarebbe servito l’acquisto di un centravanti nel mercato di gennaio?

«Ritengo che sia un vero e proprio peccato tutto questo, perché disponendo di un bomber d’area di rigore, nelle condizioni di garantire un numero importante di reti, avrebbe potuto fare tutta la differenza del mondo. Dall’alto della mia esperienza, alla dirigenza avrei consigliato un giovane come Lorenzo Lucca, che sta facendo benissimo a Udine e desideroso di mettersi in mostra, per attirare le attenzioni di un grande club. Ho letto a gennaio dell’interesse per Belotti, confesso che però non sarei stato d’accordo sul suo eventuale arrivo a Venezia».

Un’esperienza, sulla panchina arancioneroverde, che per lei durò pochissimo.

«Ricordo benissimo che subentrai a stagione in corso, prendendo in mano una squadra che era reduce da un momento difficile ed iniziai subito con due vittorie, in casa contro l’Ancona e l’Atalanta a Bergamo. Il rapporto complicato con Maurizio Zamparini, non mi ha permesso di lavorare con tranquillità e serenità, tanto è vero che mi esonerò dopo qualche mese. Provai un grande dispiacere perché mi sarebbe piaciuto completare un lavoro che avevo iniziato da poco. Un periodo vissuto in laguna, in cui ho avuto anche la possibilità d’allenare Bobo Vieri, agli inizi della sua carriera, prima d’iniziare a svettare il volo. Una cosa che ancora a distanza di tantissimi anni, continua a rendermi orgoglioso».

Che rapporto ha costruito con i veneziani?

«Bello, avendo avuto la fortuna di conoscere delle persone splendide e molto gradevoli. A distanza di tanti anni, siamo ancora rimasti in contatto ed è anche capitato di rivederci per trascorrere qualche giornata insieme».

Che ricordi ha della città?

«Stupendi, avendo avuto il piacere di vivere, anche se per pochi mesi, in uno dei luoghi più suggestivi e prestigiosi del mondo. Un posto magnifico e unico che ha sempre meritato un’attenzione particolare. Ci allenavamo a Mestre, al centro sportivo Taliercio e andavamo in ritiro al Lido prima della partita. Il modo d’arrivare allo stadio, totalmente diverso rispetto ad altri posti, con vaporetti e aliscafi, ha sempre rappresentato il vero fiore all’occhiello di una località meravigliosa».

Allenerebbe il Venezia attuale?

«Sì, ma ormai non ho più l’età per farlo. Continuerò a godermi il calcio da spettatore».

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