Generazione Benetton: un docufilm racconta l'epopea della scuderia di F1

Il 14 novembre la première a Silea del documentario dedicato alla storia della scuderia che ha vinto tre titoli di Formula 1 in due anni. Alessandro Benetton, ex presidente: «C’era un rapporto umano, con un dream team non creato a tavolino»

Niccolò Budoia
Alessandro Benetton, ex presidente della scuderia, davanti alla B194 di Michael Schumacher
Alessandro Benetton, ex presidente della scuderia, davanti alla B194 di Michael Schumacher

«Questo documentario non mi dà nostalgia, no. Però è un bel ricordo dell’adrenalina che ti dà l’arrivare da lontano e fare cose che gli altri non si aspettano».

È così che Alessandro Benetton riassume il lungo percorso che ha portato alla prima, il 14 sera al cinema The Space di Silea, del documentario “Benetton Formula”, dedicato ai trent’anni dal primo titolo in Formula 1 della scuderia con cuore a Treviso: resterà in sala fino a domani 16 novembre, quindi sarà disponibile dal 28 novembre su Sky e Now.

Fra le centinaia di invitati alla première non mancavano industriali, pallavolisti, piloti, rugbisti e cestisti. A spiccare all’ingresso era la Benetton B194 con cui Michael Schumacher vinse il titolo Piloti 1994. Chi allora c’era va con la memoria a quei trionfi, a quella stagione pazza e bellissima che portò il team a imporsi su Williams, McLaren e Ferrari.

Chi non c’era resta a bocca aperta, si immagina quel ragazzino tedesco dagli occhi azzurri calarsi nell’abitacolo per vincere. Escono dalla sala, passano accanto alla monoposto e rivivono tutto: «I ragazzi, tutti giovani, che hanno lavorato a questo documentario hanno fatto qualcosa di molto contemporaneo. Non provengono dal motorsport e hanno potuto guardare a questa storia con occhi trasparenti e indipendenti», dice Alessandro Benetton, e non si capisce quanto si riferisca anche a sé stesso e all’aver presieduto un team di Formula 1 dopo il lavoro in Goldman Sachs e gli studi ad Harvard.

Non certo Silverstone e Monza, ecco. Eppure quella storia funzionò, e bene. Tre titoli in due anni, 27 vittorie e 102 podi in sedici stagioni, in abitacolo piloti come Nelson Piquet, Schumi, Alessandro Nannini, Jean Alesi, Giancarlo Fisichella.

Sono passati trent’anni da quel primo Mondiale, ma nessuno se n’è scordato: «Di quella storia rimane il nostro spirito: essere coraggiosi, usare la discontinuità che poi è diventata la cifra della mia vita. È un messaggio anche per noi stessi: quando abbiamo smesso di essere discontinui le cose non sempre sono andate bene», prosegue Benetton, che sottolinea come molte persone lo abbiano chiamato e gli abbiano scritto per confidargli come dal documentario trovino analogie con la loro vita: «Serve riconoscere che a un certo punto serve essere discontinui, che rischiare è meno rischioso di non rischiare».

Così fece Benetton sponsorizzando la Tyrrell e poi acquistando la Toleman, così fece lui quando divenne presidente della Benetton Formula a sua insaputa: «Vivevo in Regno Unito, mi occupavo di numeri, potevo essere utile. Era l’occasione di mettermi alla prova, ho dovuto superare l’emozione, la pressione e la sindrome dell’impostore», racconta di quei primi tempi di enormi cambiamenti.

La svolta fu tutta nella squadra, assicura l’allora presidente che insieme a Flavio Briatore riuscì a portare attorno a sé tecnici che furono “catalizzatori di energie”: da Peter Collins si passò a Rory Byrne e a Tom Walkinshaw, che a sua volta tirò dentro il rivoluzionario Ross Brawn: «C’era un rapporto molto umano, avevamo un dream team ma non l’avevamo creato a tavolino».

Arrivare in Formula 1 partendo da un mondo completamente diverso è stata la chiave di volta. Alessandro Benetton ne è certo: «Quando pensi di avere tutte le risposte, ti cambiano le domande. E noi non abbiamo mai avuto la presunzione di avere tutte le risposte», dice.

In questo modo sono arrivati in un mondo della Formula 1 che cambiava pur rimanendo ancorato alla tradizione e lo hanno rivoluzionato, aiutando a trasformarlo in quello che è oggi. Uno sport moderno, spinto da investimenti, uomini e passioni. E da sogni giganteschi, come portare a Treviso due titoli mondiali. 

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