Alpinismo, Hervé Barmasse: «La crisi climatica sta cambiando le montagne»
Lo scalatore racconta come approcciarsi alla montagna consapevolmente e con rispetto dell’ambiente in un momento storico dove il cambiamento climatico dilaga

Hervé Barmasse è un alpinista e divulgatore. Guida alpina del Cervino da quattro generazioni, il suo nome è legato a importanti ascensioni realizzate in tutto il mondo, dalle Alpi alla Patagonia, dalla Cina al Pakistan. Sulla sua montagna di casa, il Cervino, Hervé ha lasciato in modo incisivo la sua traccia fino a diventare l’alpinista che, tra vie nuove, prime invernali e prime solitarie, ha compiuto più exploit. Nel 2017 si è reso protagonista di un’ascensione esemplare in Himalaya salendo in stile alpino la Parete Sud dello Shisha Pangma 8027m in appena 13 ore. Dal 2023 è diventato brand ambassador per la sostenibilità di Scarpa, l’azienda nata ad Asolo nel 1938 specializzata nella produzione di calzature per la pratica di sport outdoor tra cui alpinismo, arrampicata, trail running e trekking.
Hervé Barmasse, lei la montagna ce l’ha nel sangue, e a testimoniarlo è il lungo curriculum di imprese portate a termine nella sua carriera. Negli ultimi anni l’ambiente montano è diventato sempre più di moda, così come cimentarsi nell’alpinismo e nei percorsi ad alta quota. Qual è però il modo corretto di vivere la montagna e come si possono educare le nuove generazioni ad approcciarsi ad essa nel modo migliore?
«Noi alpinisti dobbiamo fare attenzione, perché spesso parliamo di inclusività, ma in montagna tendiamo a essere esclusivi. Per avvicinare le persone, dobbiamo spiegare che soddisfazione e gioia, in montagna, si incontrano anche senza scalare le vette più blasonate delle Alpi e dell’Himalaya. Questo significa essere inclusivi anche nei messaggi che lanciamo. Allo stesso tempo però si deve porre attenzione nel dire che, senza avere la minima esperienza, la montagna presenta dei pericoli.
Per questo motivo, è necessario fare cultura della montagna, affinché venga approcciata nel modo corretto, affidandosi a professionisti se non si è esperti. Inoltre, oggi non possiamo più ignorare le conseguenze della crisi climatica sull’ambiente montano».
A oggi, quanto è impattante il cambiamento climatico?
«La crisi climatica sta cambiando profondamente le montagne. Purtroppo, lo vediamo sempre più chiaramente durante l’estate, soprattutto sulle Alpi occidentali. Alcune montagne o vie di scalata non sono più percorribili perché a rischio di smottamenti e frane, a causa dello scioglimento del permafrost che fungeva da collante tra le rocce. Questo comporta che, ai pericoli consueti e visibili, se ne aggiungano continuamente altri, più imprevedibili. È quindi fondamentale valutare ogni situazione con estrema prudenza e cautela».
Come si può vivere la montagna in modo più inclusivo, senza trascurare la sicurezza?
«Come dicevo prima, è fondamentale affidarsi a figure competenti. Non ci si può alzare una mattina e decidere di avventurarsi in montagna senza conoscere il territorio e le sue peculiarità. Storicamente, almeno fino all’Illuminismo, la letteratura descriveva la montagna come un luogo ostile e chiuso. Col tempo, però, abbiamo scoperto anche il suo lato terapeutico, oggi noto come 'montagnaterapia'. Tutto dipende dall’approccio e dalla cultura: troppo spesso si associa alla montagna solo il concetto di fatica, quando invece, se affrontata con consapevolezza, in base alla propria esperienza e al proprio ritmo, può regalare sorrisi e grande serenità. La montagna va vissuta in modo sostenibile da ogni punto di vista: dalla scelta dell’attrezzatura più adeguata all’impatto che ognuno di noi lascia sul territorio».
Come si vive la montagna in modo sostenibile?
«La prima regola è non lasciare tracce del proprio passaggio. Può sembrare scontato, ma purtroppo non lo è: molti continuano a commettere questo errore. L’altro aspetto, non meno importante, è quello dell’impronta carbonica. Io stesso ho ridotto notevolmente il numero delle mie spedizioni annuali per limitare l’impatto dei miei spostamenti.
Certo, si tratta di un primo passo, ma tutti noi possiamo fare la nostra parte nella lotta alla crisi climatica, anche se le decisioni più rilevanti spettano a chi governa. Noi, però, possiamo scegliere comportamenti più responsabili.
Un altro tema fondamentale riguarda il cosiddetto sport system: le aziende del settore si stanno impegnando a creare prodotti sempre più sostenibili, lavorando su membrane e materiali privi di additivi chimici che non rilasciano microplastiche nell’ambiente durante il lavaggio. Da questo punto di vista, si stanno davvero facendo grandi progressi».
La sua ultima impresa, la traversata integrale del Gran Sasso, ha avuto un forte impatto mediatico, diffondendo il messaggio di una montagna più aperta. Da dove è nato questo progetto?
«L’idea della traversata è nata un po’ per caso, da una foto satellitare scattata dall’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. Questo dimostra che, ogni tanto, l’alpinista deve guardarsi attorno, riscoprire i territori e osservarli con occhi diversi.
A volte le montagne considerate 'meno blasonate' possono offrire esperienze straordinarie. Serve creatività e intelligenza, non solo azione. Questo progetto ha voluto trasmettere un messaggio di inclusività e di approccio diverso alla montagna. Ed è proprio questo che ha sorpreso molte persone: vedere un alpinista che ha scalato le Alpi, la Patagonia o l’Himalaya decidere di affrontare gli Appennini non è una cosa abituale, ma trasmette un messaggio molto importante e questo, oltre alla riscoperta del piacere dell'avventura, era alla base del progetto».
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