Nuove pensioni, il calo continua: ecco come cambiano le uscite anticipate

Sono diminuite di un terzo nell’ultimo quinquennio: nei primi mesi di quest’anno flessione del 12%. A incidere anche i correttivi legislativi introdotti dal governo Meloni per mitigare gli effetti della legge del 2011

Riccardo De Toma
Resta l’Ape sociale per gli over 63 che siano disoccupati, caregiver, invalidi civili o addetti a mansioni gravose
Resta l’Ape sociale per gli over 63 che siano disoccupati, caregiver, invalidi civili o addetti a mansioni gravose

Un mese al lavoro in più dal 2027, per salire a 3 mesi in più nel 2028. La bozza della manovra finanziaria 2026 ha allentato la stretta sull’età pensionabile attesa per il 2027, rimandando 2 dei 3 mesi al 2028, guarda caso l’anno successivo alla scadenza naturale delle prossime elezioni politiche.

Dietro al rinvio (parziale) della misura non solo logiche di opportunità politica, ma anche la consapevolezza che il meccanismo della legge Fornero sta continuando a produrre, anno dopo anno, gli effetti attesi di una costante riduzione dei flussi di pensionamento. A dimostrarlo l’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio Inps, che fotografa l’ulteriore flessione delle pensioni anticipate.

Nei primi 9 mesi del 2025 ne sono state liquidate, a livello nazionale, poco più di 177 mila, quasi il 10% in meno rispetto al 2024. Leggermente meno marcato il calo in Veneto, dove le nuove pensioni “di anzianità” sono state 20.599, in flessione del 9,3%, più alto invece in Friuli Venezia Giulia, che con 4.659 nuovi assegni liquidati segna un meno12%.

I numeri

Il calo, precisa l’Inps, potrebbe essere sovrastimato, perché il dato delle pensioni liquidate nei primi 9 mesi del 2025 sarà leggermente ritoccato all’insù, includendo le pratiche chiuse a ridosso del 30 settembre.

Ma la tendenza è evidente, se è vero che dal 2021 al 2024 il numero delle pensioni anticipate è sceso di un terzo a livello nazionale, del 28% in Friuli Venezia Giulia e del 22% in Veneto. Tutto questo nonostante i requisiti di anzianità siano fermi al 2016, dal momento che gli scatti biennali previsti dalla legge Fornero sono stati congelati al biennio 2016-17 per le pensioni anticipate.

Dal 2016 fino a tutto il 2026, in sostanza, il requisito resterà di 42 anni e 10 mesi di contribuzione per gli uomini, 41 e 10 mesi per le donne: dal 2027 sarà richiesto un mese in più, dal 2028 si salirà a 43 anni e un mese per gli uomini, 42 e un mese per le donne. Stesso scatto anche per le pensioni di vecchiaia: il requisito dei 67 anni di età (più 20 di contributi), valido sia per gli uomini che per le donne, salirà a 67 anni e un mese nel 2027 e 67 e 3 mesi nel 2028.

Le ragioni del calo

Ma perché le pensioni anticipate continuano a calare, se i requisiti di anzianità restano fermi? Il dato non deve sorprendere, perché incidono sia i mutamenti nelle caratteristiche strutturali del mercato del lavoro, sia aspetti legislativi riguardanti i correttivi che sono stati introdotti per ammorbidire, almeno in parte, i criteri della legge Fornero.

Riguardo al mercato del lavoro, i pensionamenti odierni riguardano in prevalenza lavoratori nati tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, mediamente più scolarizzati rispetto alle classi precedenti, quindi con carriere lavorative iniziate più tardi e anzianità contributive mediamente più basse. Ma a incidere è soprattutto l’aspetto legislativo: dopo l’uscita di scena di quota 100 nel 2021, gli scivoli di carattere universale introdotti successivamente, da quota 102 (nel 2022) a quota 103 (2023-25) hanno visto una severa e progressiva restrizione dei requisiti.

Lo stesso vale per Opzione Donna, che si era rivelata un’importante via d’uscita anticipata per molte lavoratrici, e per strumenti più specifici come quelli introdotti per i lavoratori precoci o addetti a mansioni usuranti. Si pensi che nel 2024 la somma tra Opzione Donna e Quota 103 ha prodotto, a livello nazionale, meno di 5 mila pensioni anticipate, contro le oltre 35 mila del 2024 (dato già enormemente più basso rispetto ai numeri toccati nel triennio 2019-21 grazie soprattutto alla spinta di Quota 100).

 Le alternative

 Le vie d’uscita anticipate, già strette, continueranno a restringersi. Le appena citate Quota 103 e Opzione Donna, ad esempio, potrebbero non essere prorogate: scivolo a rischio, quindi, sia per chi nel 2026 maturerà i 62 anni di età e i 41 di anzianità (quota 103) sia per le donne over 61 (riducibili a 60 o 59 in presenza di uno o più figli) con almeno 35 anni di contributi.

Resteranno la pensione anticipata contributiva per i lavoratori di 64 anni e con almeno 20 anni di contributi (a patto che la pensione risultante superi i 1.600 euro lordi, ipotesi ardua con anzianità così basse), sia l’Ape sociale per gli over 63 che siano disoccupati, caregivers, invalidi civili o addetti a mansioni gravose, e abbiano maturato almeno 30 anni di anzianità (35 per le mansioni gravose).

Il bonus

 Partiti incendiari e fieri, anche i più acerrimi nemici (a parole) della Fornero si sono trasformati in pompieri. E l’unica concessione elettorale in vista, al momento, resta l’aumento “a rate” dell’età pensionabile, con lo scatto di 3 mesi diluito tra 2027 e 2028. E mentre gli scivoli si chiudono, scattano nuovi incentivi come il bonus Giorgetti per chi, al contrario, al lavoro decide di starci un po’ di più. È la Realpolitik, bellezza. 

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