L'Europa sentenzia: il burger è di carne, le aziende del vegetale contro Strasburgo
Il parlamento europeo ha stabilito che gli hamburger sono solo quelli di carne e che pertanto diciture come “burger veg”, “hamburger di soia” o “salsiccia di lenticchie” verranno bandite dal dizionario del food

«Ceci n’est pas une pipe” scriveva Magritte sotto il disegno di una pipa. Ecco, per l’eurodeputata francese Céline Imart, invece, segno e cosa devono coincidere: «Un hamburger è un hamburger, dobbiamo chiamare le cose con il loro nome», il suo credo.
Con lei il Parlamento europeo; mercoledì l’aula di Strasburgo ha stabilito che gli hamburger sono solo quelli di carne e che pertanto diciture come “burger veg”, “hamburger di soia” o “salsiccia di lenticchie” verranno bandite dal dizionario del food con riferimento ai prodotti derivati da proteine vegetali.
Con buona pace delle aziende di un comparto in forte espansione che ora - se il testo dell’Europarlamento diventerà esecutivo dal 2028 negli Stati membri - dovranno rivedere tutta la politica del marketing. Il contraccolpo è arrivato anche a Nordest dove la goriziana Biolab e la padovana Kioene sono tra le società di punta del settore.
«Certo è assai strano», commenta Massimo Santinelli, fondatore e amministratore delegato di Biolab, «che mentre si continua a parlare di transizione ecologica e a chiedere ai cittadini comportamenti più responsabili e sostenibili, a partire dalle scelte alimentari, poi dall’Europa arrivi una forte penalizzazione per un settore che rappresenta, ad oggi, un’alternativa valida al consumo di proteine animali.
Non solo, parliamo anche di un comparto in grande crescita e che sta creando da anni un’economia importante intorno alla filiera, a partire dalla produzione delle materie prime». L’azienda è in crescita, sei anni fa Biolab fatturava 8 milioni di euro e ora chiude il 2025 a 26 milioni.
Un’espansione legata anche al cambiamento dei gusti dei consumatori rispetto alla carne, come rilevato dal rapporto Circana (società di analisi del mercato) e dalle indagini del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura). «È il segnale», prosegue Santinelli, «che i consumatori italiani sono più avanti della politica e sempre più consapevoli di quanto le loro scelte alimentari incidano su ambiente, clima e salute.
Ci auguriamo che l’iter normativo alleggerisca la penalizzazione votata dall’Europarlamento e che l’Europa rimanga coerente con gli intenti di transizione sostenibile e di benessere animale. In questa ottica, facilitare il passaggio dal consumo di carne ai prodotti a base vegetale ci sembra un atto dovuto».
Confidano in un’evoluzione più favorevole rispetto alle premesse anche alla Kioene: «Seguiamo con attenzione l’evolversi della vicenda legata all’emendamento approvato dal Parlamento Europeo che limita l’utilizzo di denominazioni di origine animale per i prodotti a base vegetale», spiega la società in una nota, «Riconosciamo l’importanza di garantire una comunicazione chiara e trasparente verso i consumatori.
Riteniamo fondamentale mantenere un equilibrio tra la tutela dei consumatori e la promozione della transizione alimentare, auspicando che le future politiche europee sappiano valorizzare le esigenze di tutte le parti coinvolte — dalle aziende ai consumatori — fino agli obiettivi di sostenibilità del sistema alimentare. Siamo fiduciosi che l’Europa rimanga coerente con i propri intenti dichiarati di favorire la transizione verso modelli alimentari più sostenibili e rispettosi del benessere animale».
Riassume l’amministratore unico Albino Tonazzo: «Ci vorrà tempo prima che la norma diventi esecutiva e dovrà essere recepita dai singoli Paesi». Insomma, c’è ancora margine, se non altro per riorganizzarsi.
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