Le nuove frontiere della viticoltura: ora il vino si fa anche in alta quota
La svolta in Friuli: dall’esperienza di Roberto Baldovin a Forni di Sotto a quelle della Val Canale. Il vigneto resistente si sta diffondendo in Alto Friuli grazie all’iniziativa di giovani imprenditori

Preziosi grappoli d'uva nati dalla tenacia insita nella loro genetica e dalla passione di menti audaci e lungimiranti, che hanno creduto nella vinificazione dell'area montana del Friuli Venezia Giulia. Questo il racconto sintetico dell'esperienza vitivinicola definita, con perfetta pregnanza semantica, eroica, questo il fenomeno incipiente partito da Forni di Sotto con il vigneto resistente di Roberto Baldovin, che si sta gradualmente diffondendo una macchia d'olio tra la Carnia e la Val Canale.
In poco tempo anche la Valle dell'alto Bût ha guardato con interesse alla novità e gli sguardi pionieri di giovani come Lorenzo Maier di Paluzza ed Emanuele Billio, veneto naturalizzato a Sutrio, hanno accarezzato il desiderio poi realizzato, della piantumazione di vigne autoctone, alimentando il sogno d'una Carnia vinificatrice.
«Dopo la laurea in Viticoltura ed Enologia a Udine – racconta il paluzzano, docente in scienze agroalimentari all'Isis Solari di Tolmezzo e anche consigliere comunale nel suo comune – ho avuto la fortuna d'incrociare la mia strada con quella di Luigi “Gigi” Valle e poter lavorare come enologo nella sua cantina a Buttrio, dove ho acquisito un prezioso patrimonio ed esperienza di settore. A un certo punto qualche anno fa, nel periodo del Covid, mi sono chiesto: e se provassi a vinificare nella mia terra? Nel 2021 ho piantato 200 piantecelle di Pinot Iskra e iniziato a crederci».
Il primo anno e mezzo, Maier ha avuto risultati buoni, ricavando l'abbaglio che il progetto poteva andare oltre le sue più rosee aspettative, per poi doversi scontrare gli anni successivi con i problemi meteorologici e climatici, iniziando quindi a sperimentare e cambiare approccio, sino a cadere nel 2024 alla comprovata sicurezza della varietà d'uva Solaris.
Qualche errore di produzione e la perenne ricerca del perfezionamento congiunti all'aiuto del compaesano Alessandro Unfer che da anni collabora con le aziende vitivinicole Sirch e Simonit, han permesso all'enologo carnico classe '92, di guardare con fiducia al futuro del suo vigneto a Casteons (frazione di Paluzza) che nel 2024 ha ricavato un prodotto valido, spumantizzando con metodo classico.
«Oltre alla soddisfazione ricavata da tanta fatica e perseveranza – prosegue il racconto di Lorenzo – qual è stato l'ostacolo più grande?non gli animali selvatici o l'inclemenza del tempo ma la parcellizzazione delle proprietà terriere. Per acquistare e unire i 3500 mt quadri della mia coltura, sono stato dal notaio più di 20 volte e ho interessato vari proprietari che possedevano magari solo un fazzoletto di terra. Ho voluto così chiamare la mia azienda “Terminus Terra”, per abbattere il concetto di confine e promuovere le realtà imprenditoriali “diverse” qui in Carnia.
Ora perseguiamo l'obiettivo successivo di una cantina in paese dove si potrà conferire l'uva e lavorarla, in maniera cooperativistica cercando di unire l'esperienza di chi deciderà, come il mio compagno di studi Emanuele Billio, di dare manforte al sogno di un vino brandizzabile in Carnia».
E Billio, 36enne di Valdobbiadene con doppia laurea in viticoltura ed enologia all'università di Udine e in scienze ambientali, ha trovato l'amore carnico sposando Maddalena De Reggi e s'è innamorato puro di Sutrio dove ha deciso di piantare il suo ettaro di vigne, nella campagna limitrofa che porta il toponimo di “Taviele”, e credere nel sogno di un vino carnico.
«Ho voluto chiamare la mia azienda “Terre di Sutrio” – ha raccontato Emanuele che vive in Veneto ma fa spola regolarmente nella valle dell'Alto Bût per seguire il suo cantiere vitivinicolo montano –, credendo nell'idea che si possa ricavare un buon prodotto da queste aree. La scoperta bella è che non mi sbagliavo. Vinifico vino spumante con metodo “surlies”, ossia lavorando sui lieviti. Dal 2019, anno in cui ho iniziato ad oggi, ho avuto modo l'anno scorso di far degustare la mia etichetta che è stata apprezzata da palati autorevoli e ha dimostrato che si può vinificare in montagna».
E anche la Val Canale non ha mancato di rispondere all'appello dell'innovazione. Nel 2020 era stato lanciato il progetto Biovitis, finanziato nel quadro dell'Interreg VA Italia Austria e avente come partner la Camera dell'agricoltura della Carinzia, l'ormai noto imprenditore di settore Roberto Baldovin (partner del progetto) e il collega Johanna Heiben, di Malborghetto Valbruna.
Da allora, lungo l'arco prealpino, germogliano sempre più numerosi i pampini ei filari d'uva.
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