La questione dei lavoratori stagionali, dov’è veramente l’emergenza. Raccontaci la tua storia
Il dibattito sulla mancanza di personale si accende ogni anno. Per alcuni il problema sta nella scarsa voglia dei giovani, altri puntano il dito contro lo sfruttamento e le paghe basse. Vogliamo raccogliere i contributi dei nostri lettori per costruire un dibattito sano attorno a un tema di grande importanza, economica e culturale

«Nel mio ristorante offro 1600 euro al mese e non trovo personale», «eh ma si lavora sempre e con ritmi insostenibili», «oggi i giovani non hanno più voglia di fare nulla», «non è così, gli alloggi sono introvabili e mi portano via il 60% di quello che guadagno». Ogni anno, con l’estate alle porte, si ripresenta il dibattito sulla crisi del lavoro stagionale. Imprenditori e piccoli esercenti mettono l’accento sulla mancanza di personale in alberghi, ristoranti, bar e stabilimenti balneari, dall’altro lato più di qualcuno evidenzia come siano soprattutto le paghe basse e le dure condizioni di lavoro a far desistere molti giovani dai classici «lavoretti estivi» (ammesso che sia effettivamente così).
Raccontaci la tua storia
In Friuli Venezia Giulia
Par dare un’idea della portata del fenomeno che non può non partire dai numeri. Nel 2024, in Friuli Venezia Giulia, secondo l’Osservatorio regionale sul Mercato del Lavoro, sono state circa 43 mila le assunzioni di stagionali nel turismo, settore nel quale converge la stragrande maggioranza dei lavoratori che cercano un impiego estivo o invernali. Nel 2024 i numeri, secondo un report di Fvg Unioncamere, sono destinati addirittura a crescere: quest’anno il fabbisogno di manodopera stagionale nel turismo potrebbe essere superiore del 30%.
In Veneto
Non è da meno il Veneto. Sempre secondo Unioncamere, in regione si profilano circa 147 mila imprese nel trimestre maggio-luglio. Domanda che si preannuncia difficile da soddisfare. Qualche giorno fa ad esempio, a Portogruaro in un recruiting day di lavoro estivo in cui si offrivano 200 posti di lavoro si sono presentati quindici candidati. Le stime di Unioncamere confermano come sia difficile trovare manodopera: «Il 56% circa delle assunzioni nel turismo sono con contratto a tempo determinato e addirittura il 27% con il lavoro a chiamata», si legge nel report.
E non si parla solo di litorale. Anche la montagna e i rifugisti in particolare vivono la stessa difficoltà. «La provincia ha bisogno di 1500 stagionali che in parte non riesce a trovare», commenta Giovanni Cescato, della Filcmas Cgil Belluno .
Dall’inverno ne potrebbe ereditare 500, forse 600. E se scorrendo la lista delle offerte di lavoro (“Fotografi per Villaggi turisti, anche senza esperienza. 1050-1150 euro al mese”. “Assunzione urgente” in pizzeria ad Arabba a 1400-1800 euro al mese, “Front office agent” in uno dei più noti alberghi di Cortina, a 1700-1900 euro al mese giusto per citarne alcune) può sembrare complicato capire come non ci sia la fila, una parziale risposta arriva dalla difficoltà di trovare un alloggio.
Secondo un’analisi condotta dall’Osservatorio del turismo regionale del Veneto, questo è un tema critico per il 35,6% delle imprese che cercano personale. I lavoratori degli alberghi sono quelli che riscontrano di più questa incertezza: 1 lavoratore su 2 ha difficoltà a trovare una abitazione nei dintorni. Per i ristoranti la quota si abbassa al 33%, mentre per i servizi turistici si ferma al 23%.
Dal mare alla montagna
Quella dei lavoratori stagionali è una necessità trasversale. Da Jesolo al Cadore, da Lignano a Cortina, da Grado a Tarvisio. In tutte le località turistiche d’estate serve manodopera, nei bar, nei ristoranti, negli alberghi. Nelle località marittime negli stabilimenti balneari, in quelle di montagna nei rifugi.
E poi i moltissimi festival, eventi, concerti che, come ogni anno, coloreranno il territorio del Nord Est e che danno lavoro a molte persone. Senza dimenticare le grandi città, Trieste e Venezia su tutte, dove tra giugno e settembre diversi stagionali vengono chiamati dagli esercenti per gestire i turisti che si riversano in questi luoghi. Ciascuno con le sue peculiarità, con necessità e problematiche diverse, il lavoro stagionale è parte integrante tutte queste realtà, sia sotto il profilo economico sia sotto quello culturale.
Un fenomeno complesso
La realtà è che, probabilmente, non esiste una risposta univoca al tema della mancanza di lavoratori stagionali, soprattutto tra i giovani. Oltre al fattore economico (che certamente costituisce un freno) esistono cambiamenti culturali che stanno attraversando una generazione, quella degli under 30, che forse spesso viene descritta senza che si conosca a fondo.
Per questo, senza alcuna pretesa di verità assoluta, abbiamo pensato di raccontare le storie di chi per qualche mese durante l’estate sistema gli ombrelloni in uno stabilimento o fa il cameriere in un ristorante, di chi aiuta a gestire un rifugio in montagna o presta servizio nei vari festival organizzati sul territorio. Le storie di chi lo fa, lo ha fatto, o anche di chi, per motivi altrettanto interessanti, sceglie di non farlo.
Solo così si può davvero comprendere un fenomeno che troppo spesso diventa fonte di poco gradevoli scontri sociali e generazionali, oltre la retorica che avvolge il dibattito sul lavoro stagionale. Consapevoli, da un lato, che per gli imprenditori costituisca un problema reale, dall’altro, che il «Dio fatti il culo» sia un credo che, nel 2025 trovi posto solo nei libri di storia.
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