Così l’intelligenza artificiale sta diventando la migliore amica degli adolescenti
Sempre più ragazzi si confidano solamente con l’AI cui raccontano la propria vita. Lo psichiatra Favaretto: «La povertà di relazioni porta a segretezza e isolamento»

Un confidente fidato, capace di immagazzinare enormi quantità di informazioni, comprendere racconti complessi e ricordare ogni singolo dettaglio delle conversazioni. Ma, soprattutto, un interlocutore riservato, che mai e poi mai rivelerà ciò che gli viene detto a familiari, amici o conoscenti, semmai utilizzerà quelle stesse informazioni per alimentare il proprio processo di apprendimento.
Sempre più spesso, l’intelligenza artificiale diventa una compagna di vita insostituibile per gli adolescenti, che, in un dialogo aperto e in un flusso di coscienza continuo, si mettono a nudo, raccontando tutto di sé: gioie e dolori, dubbi e ansie.
A cogliere i tratti del fenomeno, dal punto di vista privilegiato della direzione dell’Ufficio scolastico provinciale di Treviso, è stata Barbara Sardella, intervenuta pochi giorni fa a Palazzo Bomben in occasione della Giornata nazionale dell’ascolto dei minori, promossa da Telefono Azzurro.
Un confidente riservato
«Attraverso la scuola rileviamo come sempre più ragazzi utilizzino questo strumento per raccontarsi, per aprirsi. Confortati, molto probabilmente, dalla privacy che il mezzo è in grado di offrire. Non c’è il rischio che l’AI spifferi informazioni ad altri» ha spiegato Sardella, senza nascondere una certa preoccupazione.
«E c’è anche l’assenza di giudizio: l’intelligenza artificiale non esprime opinioni sulla persona, ma solo sui quesiti che le vengono posti».
Relazioni e sessualità
I temi sui quali i giovani interrogano il “cervellone” riguardano, innanzitutto, la gestione delle relazioni: con gli adulti, con i coetanei, con gli amici o con le persone con cui intrattengono un legame sentimentale.
È evidente come, tra gli argomenti più ricorrenti, ci siano domande legate alla sessualità.
L’AI, in questo senso, facilita la possibilità di ottenere risposte, aiutando i ragazzi a superare gli ostacoli della vergogna e del pudore. «Ho parlato personalmente con alcuni di questi giovani e ho rilevato quanto profonda sia la fiducia che ripongono nel mezzo, nelle risposte che ricevono. Affidano all’intelligenza artificiale valutazioni importanti sulle loro vite, sulle loro scelte, e lo fanno con serenità» prosegue Sardella.
Un fattore di rischio
«L’AI simula molto bene una relazione personale» osserva Gerardo Favaretto, già direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ulss 2. «C’è bisogno, da parte delle persone, di trovare voci, un’interlocuzione diversa rispetto a quella che spesso si sperimenta nella quotidianità».
Una dinamica che si sovrappone al problema, crescente, della solitudine e dell’isolamento. «Le dinamiche sociali, soprattutto tra i gruppi giovanili, sono molto selettive» prosegue Favaretto. «Sappiamo bene quanti siano i fattori di rischio cui sono esposti gli adolescenti. E oggi assistiamo all’uso crescente di questa interfaccia che simula un interlocutore. Che questo diventi, gradualmente, un’abitudine e porti a chiedere costantemente conferme sui propri comportamenti è un fenomeno che, empiricamente, osservo in moltissime persone. Non è un segno di patologia, ma può essere un indicatore indiretto della povertà di relazioni, o della mancanza di una relazione affidabile, che porta a una condizione di segreto e di isolamento».
Serve il senso critico
Insomma, l’uso dell’AI da parte dei giovani potrebbe rappresentare il sintomo di un problema più ampio: quello del ritiro sociale. Ma c’è anche un altro rischio, come spiega Roberto Manera, medico psichiatra.
«L’approccio a questo strumento potrebbe essere non sufficientemente critico rispetto a quello degli adulti che hanno i mezzi per filtrare, indirizzare, mettere in discussione».
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