Arresto cardiaco, cruciale agire subito: la velocità conta più di chi soccorre
Uno studio ventennale su oltre 3 mila pazienti dell’Università di Trieste dimostra che il tempo d’azione pesa più della qualifica di chi interviene

Quando si verifica un arresto cardiaco extraospedaliero, ogni minuto è cruciale. Eppure, nell’80% dei casi, i potenziali soccorritori restano paralizzati da dubbi: la paura di sbagliare, l’incertezza sulle proprie capacità, il timore di conseguenze legali.
Uno studio ventennale dell’Università di Trieste presentato al congresso Esc Acute CardioVascular Care dimostra che nella rianimazione cardiopolmonare il fattore critico è il tempo, non la qualifica del soccorritore. Un risultato che rilancia l’urgenza della formazione Basic Life Support (Bls) nella popolazione.
Il tempo
«Quando il cuore si ferma, il Tempo è Cervello», afferma Aneta Aleksova, cardiologa dell’Università di Trieste e dell’Asugi e autrice principale dello studio. I dati sono inequivocabili: ogni cinque minuti di ritardo nel ripristino della circolazione spontanea aumenta del 38% il rischio di mortalità ospedaliera.
Lo studio ha analizzato 22 anni di dati (2003-2024) su 3.315 pazienti con infarto Stemi. Di questi, 172 hanno subito un arresto cardiaco extraospedaliero e 44 hanno ricevuto rianimazione da soccorritori non professionisti. Il risultato: la sopravvivenza a lungo termine dipende dalla tempestività dell’intervento, non dalla qualifica del soccorritore. Ma spesso il potenziale soccorritore resta inattivo per tre ostacoli: l’incapacità di riconoscere l’arresto cardiaco, la scarsa consapevolezza dell’efficacia delle manovre e il timore di ripercussioni legali.
Le responsabilità legali
Su quest’ultimo fronte, Aleksova è chiara: «La legge italiana, lo stato di necessità, protegge pienamente chi agisce». Il quadro normativo tutela chi presta soccorso in emergenza, mentre l’omissione di soccorso costituisce reato. «Serve superare l’inibizione con la pratica», sottolinea la cardiologa.
Le tecniche di massaggio cardiaco, uso del defibrillatore e riconoscimento dei sintomi possono essere apprese con corsi di formazione di base. I dati regionali confermano l’efficacia della diffusione della cultura della rianimazione: in Friuli Venezia Giulia la percentuale di rianimazioni da astanti è passata dal 26% (2003-2007) al 69% (2020-2024). Resta però ampio il margine di miglioramento, dato che l’80% degli arresti cardiaci avviene in contesto domestico.
Il modello danese
L’esperienza internazionale offre spunti concreti. La Danimarca, dopo aver reso obbligatoria la formazione Bls nelle scuole e per la patente, ha registrato un incremento di tre volte della sopravvivenza post-arresto cardiaco. «Per salvare più vite, è cruciale diffondere una cultura della rianimazione», afferma Aleksova, indicando due priorità: formazione obbligatoria nelle scuole elementari e per i candidati alla patente.
La tecnologia
Accanto alla formazione, gli strumenti tecnologici rappresentano un supporto importante. Applicazioni come Dae Fvg geolocalizzano i soccorritori volontari e attivano allerte in tempo reale.
La diffusione dei defibrillatori pubblici diventa efficace solo se accompagnata da un’adeguata preparazione della popolazione. Una formazione che richiede aggiornamenti periodici: i corsi vanno ripetuti ogni due anni per mantenere le competenze e recepire le nuove evidenze.
Indicazioni pratiche
Per chi non ha ancora ricevuto formazione, è fondamentale rivolgersi alle organizzazioni che offrono corsi Bls certificati – Croce Rossa, protezione civile, associazioni di volontariato. «Un corso base – spiega Aleksova – richiede poche ore e può determinare l’esito di un’emergenza».
Il protocollo prevede cicli di trenta compressioni toraciche seguite da due insufflazioni, attivazione immediata del 118 e utilizzo del defibrillatore quando disponibile. In Italia si stimano decine di migliaia di decessi annui per arresto cardiaco extraospedaliero: l’incremento della formazione Bls è una strategia di sanità pubblica che potrebbe ridurre significativamente la mortalità.
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