Terzo mandato, partita chiusa: ipotesi rinvio delle regionali alla primavera 2026

Il Senato boccia definitivamente la richiesta della Lega: 15 a 5. Zaia: «Per me era già un capitolo chiuso». De Luca chiede lo slittamento della tornata amministrative

Laura Berlinghieri
Luca Zaia presidente della regione veneto, con vincenzo de luca
Luca Zaia presidente della regione veneto, con vincenzo de luca

La fine dello Zaiastan. Si è consumata di primo mattino. Quindici anni di amministrazione, caduta sotto il fuoco amico dei compagni di coalizione: Fratelli d’Italia e Forza Italia. Compatti nel negare al Doge del Veneto la possibilità di altri cinque anni di governo. Compatti nel respingere l’ennesimo blitz della Lega, che, sul filo di lana, lunedì 23 giugno ci aveva provato per la quinta volta: un nuovo emendamento, per portare da due a tre il limite dei mandati per i presidenti di Regione.

Quindici anni di amministrazione crollati così: nel segno di una legge elettorale che impedisce a un presidente di Regione di candidarsi per tre volte consecutive; e nel segno di un centrodestra che la modifica a questa legge l’ha bocciata per cinque volte.

È finita quindici a cinque, con due astenuti. Hanno votato a favore i tre leghisti Paolo Tosato, Daisy Pirovano e Nicoletta Spelgatti, con Dafne Musolino di Italia Viva e Meinhard Durnwalder della Südtiroler Volkspartei. Astenuti il presidente della commissione Alberto Balboni (FdI), per questioni di opportunità legate al ruolo, e il suo compagno di partito Domenico Matera. Contrari tutti gli altri: i rimanenti quattro commissari di Fratelli d’Italia, i quattro del Partito Democratico, i tre del M5S, i due di Forza Italia, e pure i singoli parlamentari di Azione e del Gruppo Misto.

Zaia fa spallucce e mostra indifferenza: «Per me era una partita già chiusa. Non ero minimamente a conoscenza della presentazione dell'ennesimo emendamento: la legge è chiara e le leggi vanno rispettate».

Del resto, era una partita dal risultato scontato già in partenza. Perché Forza Italia si è dimostrata granitica, nel negare qualsiasi possibilità di trattativa – se non ottenendo in cambio il voto allo Ius Scholae: impraticabile. E Fratelli d’Italia, dal suo canto, si è detta disposta a trattare nuovamente l’argomento, ma soltanto a patto di avere un accordo di coalizione. Che non c’è stato.

Le dichiarazioni successive rientrano nell’ambito del gioco delle parti. Il ministro leghista Roberto Calderoli parla di un epilogo «amaro» e bacchetta Forza Italia: «Non ho apprezzato il muro che ha eretto». C’è poi il segretario veneto Alberto Stefani, tra i favoriti alla successione di Zaia, che parla di «occasione persa per i cittadini».

E poi c’è chi sta dall’altra parte, ma che non necessariamente siede all’opposizione.

Forza Italia, con il suo coordinatore Antonio Tajani, che getta acqua sul fuoco: «Per il centrodestra non succede assolutamente nulla. La coalizione non si fonda sul terzo mandato, ma su accordi politici e questioni serie come giustizia, riforma del premierato e autonomia».

Mentre il coordinatore veneto di Fratelli d’Italia Luca De Carlo sentenzia: «L’era Zaia è finita». Per poi allungare i tempi della “partita” in corso: «Ora si apre la questione relativa a chi sarà il prossimo governatore del Veneto. Fratelli d'Italia è in grado di esprimere un'ottima candidatura: un nome che sarà messo a confronto con quelli che saranno espressi dagli altri. Sarà scelto il migliore. I tempi? Appena prima o appena dopo agosto».

E lo stesso chiede Antonio De Poli, presidente dell’Udc: «Il dibattito sul terzo mandato appartiene al passato. Ora bisogna scegliere un candidato presidente e aprire un confronto sui contenuti». Mentre il senatore Andrea Martella, segretario veneto del Pd, commenta: «Finalmente è finita una commedia, che non è stata né seria né decorosa».

Ma a palesarsi è un’altra questione. Anche questa, in realtà, che era nel dimenticatoio da tempo, complice una pronuncia del Consiglio di Stato. E quindi l’ipotesi di rinvio delle elezioni regionali alla primavera del 2026.

Una richiesta che il 26 giugno il presidente della Campania Vincenzo De Luca, pure lui alle battute finali della sua esperienza amministrativa, ha formalizzato alla Conferenza delle Regioni, con una lettera indirizzata al suo presidente Massimiliano Fedriga. «Ci sono interventi di assoluto valore strategico, che sono in corso di realizzazione in Campania, che stanno concludendo il loro iter amministrativo e che rischiano di bloccarsi o di essere ritardati in maniera grave» la motivazione alla richiesta «di valutare per ragioni oggettive l'opportunità di sollecitare un breve rinvio della scadenza elettorale».

Un’istanza della quale Fedriga ha promesso di farsi portavoce. «Ci sarà un confronto col governo, al quale riferirò sia le posizioni dei contrari, sia quelle di chi solleva queste criticità. Vediamo se riusciremo a trovare una soluzione». Ipotesi alla quale il Quirinale sembra del tutto sordo. 

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