Governo alle prese con le Regionali e con una Finanziaria povera e delicata

La Lega vuole il blocco dell’età pensionabile, Forza Italia il taglio dell’Irpef: mancano 11,2 miliardi

Carlo BertiniCarlo Bertini
Vincenzo De Luca e Luca Zaia
Vincenzo De Luca e Luca Zaia

Va bene spalmare la chiamata alle urne nelle sette regioni al voto per diluire il peso di probabili sconfitte, ma caso vuole che i tre mesi caldi delle elezioni regionali, da settembre a novembre - con 17 milioni di italiani chiamati a esprimersi -, siano quelli in cui si costruirà la legge finanziaria più sventurata degli ultimi anni. Perché non c’è un euro da spendere.

Nelle Marche (regione che Giorgia Meloni teme di perdere) e in Valle d’Aosta si voterà il 28-29 settembre, in Calabria (vittoria assicurata) il 5-6 ottobre, in Toscana (altra sconfitta certa) il 12-13 ottobre.

Campania e Puglia (perse in partenza) e Veneto (vittoria sicura) chiuderanno i giochi a fine novembre. Un quadro sfaccettato, che non promette trionfalismi, magari un pareggio.

Malgrado il pressing della sinistra, niente election day e si capisce perché. Con vari pronostici a sfavore, non è il caso di dare la sensazione di una spallata elettorale subita dal governo in carica. E neanche l’arma della legge di bilancio potrà servire questa volta.

Dopo il fiore all’occhiello della promozione dei nostri conti pubblici, con il rating in rialzo e il crollo dello spread a livelli mai visti, in autunno sarà la musica che viene più dal basso a cantarle al governo. Una musica ben diversa. Proprio quando la maggioranza dovrà conquistare più voti possibili nel test politico di medio termine. Tra spiagge vuote e salari fuori scala, l’economia reale proietta tutto un altro film, difficile da conciliare con i cadeau elettorali che la premier e i suoi ministri vorrebbero elargire da Nord a Sud ai generali che lottano in trincea nei territori dove si vota. Senza contare la competition interna che porterà i tre partiti a scannarsi in Parlamento per portare a casa qualcosa nella speranza di veder lievitare il computo dei voti conquistati nelle varie regioni.

La Lega punta sul blocco dell’età pensionabile e sulla pace fiscale, Forza Italia sul taglio dell’Irpef, due misure con il nodo delle coperture. Del resto, le nuove regole del Patto di stabilità impongono di portare il rapporto deficit-Pil dal 3,3% al 2,8%: tradotto, significa trovare 11,2 miliardi di euro. Il che, con una crescita dell’economia prevista allo 0,6% (0,4% secondo il Fmi) è pressocché impossibile.

Come ha scritto Paolo Costa, che da ex ministro ricorda bene come si costruisce una legge finanziaria, chiunque arrivi a palazzo Balbi nel ruolo di Luca Zaia si troverà a governare il Veneto senza l’impetuosa sorgente dei fondi Pnrr che ha fatto sbocciare cantieri ed entrate fiscali a Nord Est.

Con la prospettiva di dover alzare addizionali regionali finora rimaste inviolate. Quindi tempi bui, causa minori fondi per investimenti, minori esportazioni dovute ai dazi, paura di perdere posizioni. Con una manovra di bilancio che obbligherà forse a ridurre i trasferimenti agli enti locali, altro che regali a pioggia, e a sforbiciare le detrazioni per spese sociali e sanitarie, tralasciando il tabù della previdenza.

Ognuno, nel suo piccolo, proverà comunque a tirare acqua al suo mulino. Il leghista Roberto Calderoli vuole chiudere l’intesa tra Stato e Regione Veneto sulle materie non Lep dell’Autonomia differenziata, finora rimasta nel cassetto. Per far vedere che il sogno autonomista, da sempre cavallo di battaglia del Carroccio, non è stato accantonato e aiutare la campagna elettorale del candidato governatore prescelto (con ogni probabilità un big leghista).

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, sarà costretto a stanziare qualche miliardo di euro (facendo debito, solo qui concesso dall’Europa) alla voce armamenti, ma la premier farà di tutto per nasconderlo, mandando avanti Matteo Salvini a dire che una fetta di fondi finanzierà la costruzione del Ponte sullo Stretto: bandiera utile da sventolare per Roberto Occhiuto, che dovrà riconquistarsi il favore dei calabresi, investiti dell’ingrato (e improprio) compito di giudicare se malgrado le inchieste lui sia titolato a fare ancora il governatore, se pur in attesa di giudizio.

Le Marche di Francesco Acquaroli hanno già ottenuto il loro cadeau, con l’inserimento nella zona di vantaggi fiscali di cui godono le aree del Centrosud. Così, tanto per aiutare il governatore di conio meloniano a non farsi scalzare da Matteo Ricci del Pd, pur ammaccato dalle inchieste sulla sua giunta.

La Toscana, la Puglia e la Campania sono tre regioni che difficilmente vedranno spuntare qualcosa dalle pieghe della legge di bilancio, con buona pace della sinistra che mira a tenersele strette. Per loro, il tavolo delle finanziaria non riserverà neanche un “vol-au-vent ministeriale”, mitica definizione di un ministro dc per descrivere i bocconcini di piccola entità concessi ai territori.

Se è vero quel che dicono gli smaliziati volponi da Transatlantico, che il consenso si mantiene solo se si hanno fondi da elargire, i tre candidati del “campo largo”, il toscanaccio Eugenio Giani, il barese Antonio Decaro, e il napoletano Roberto Fico dovranno arrangiarsi. Ma con l’aria che tira stessa sorte toccherà a tutti gli altri. 

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