Pd, aria di resa dei conti nella Cripta. I colonnelli marcano stretta Schlein
Fra i big al raduno. Speranza, Orlando, Franceschini, Martella, Serracchiani

Valdichiana sì, questo è sicuro. Ma niente Castello di Gargonza perché porta male, visto che nel 1997, quando Romano Prodi convocò a conclave l’Ulivo, Massimo D’Alema stroncò l’idea della «politica fatta dai cittadini».
Niente Abbazia di Spineto, perché la usò Enrico Letta per un ritiro dei suoi ministri nel 2013 e si sa poi come andò a finire. Con una congiura alle sue spalle che lo disarcionò da Palazzo Chigi. Restava la sala degli ex macelli, ma non era il caso. Quindi, con una buona dose di sense of humour, la scelta è caduta sulla Cripta, in quel di Montepulciano, un nome cimiteriale che non pare un buon viatico per battezzare un “correntone” che vorrebbe accogliere tra le sue grandi braccia Elly Schlein.

Ma, a dispetto di tutto, c’è da scommettere che “La Cripta” sarà il nome del “Correntone”. C’è chi sostiene che il conclave delle correnti Pd pro-Elly, riunite in un format inedito, serva solo a ipotecare un sicuro numero di candidature in vista delle Politiche. Della serie, nessuno vuole farle sgambetti, è solo un bel convegno unitario. Fatto sta che Elly, capita l’antifona, pure se non invitata, andrà lo stesso a piantonare la sala l’ultimo giorno.
Ma c’è una voce che più di altre rende l’idea di come sia considerata nel sentiment di afflizione generale la segretaria Pd: dicono che Giorgia Meloni non sarebbe più tanto convinta di imporre il nome del candidato premier sulla scheda elettorale e non solo per la contrarietà di Forza Italia e Lega a darle tutto questo potere. E perché? Perché rischierebbe di perdere – nelle more della contesa a sinistra su chi debba fare il capo della coalizione – un’avversaria per lei di tutto comodo come Elly Schlein. Se infatti vincesse le primarie Giuseppe Conte oppure un’altra figura come Paolo Gentiloni, Giorgia avrebbe più difficoltà a vincere: questo pensano, non solo a destra, anche taluni a sinistra.
Nella “Cripta”, in un gelido 28 novembre, arriveranno dunque con seguito di claque i gran visir del Partito democratico: Andrea Orlando che guida la sinistra dem, dove milita Peppe Provenzano e il segretario veneto Andrea Martella; Dario Franceschini, il Richelieu del Pd, capo dell’area cattolica Areadem, seguito da Chiara Braga, Dario Nardella e da Debora Serracchiani, l’ex governatrice del Fvg e ora responsabile Giustizia che, pur se indipendente, è rimasta nella sua orbita; ma il vero anfitrione sarà Roberto Speranza, che dopo il dramma del Covid è rimasto alla testa degli ex Art. 1: quelli della scissione da Renzi, che con Elly sono tornati nella “Ditta”, come la chiama Pierluigi Bersani.

Parentesi: sarebbe proprio Bersani il più indicato a fare il “federatore” del campo largo, bisbigliano dietro le quinte del Pd: il più adatto a fare breccia, grazie alle sue uscite in tivù, al suo humour terragno, al suo linguaggio comprensibile ai più. Ma le cose semplici non rientrano nel menù della casa.
Comunque sia, i “sostenitori” di Schlein si chiuderanno tre giorni nella Cripta in Valdichiana, dove tutti sono di casa: lo è Speranza, che vi trovò rifugio con la famiglia quando veniva inseguito non dai nazisti, ma dai no vax sulla spiaggia di Castiglion della Pescaia. Lo è il triestino Gianni Cuperlo, uno dei relatori a questo evento, dove sono attese 500 persone. Un mondo in subbuglio col terrore di perdere per la seconda volta contro Giorgia e di ritrovarsela seduta al Colle con pieni poteri. Quindi, il “correntone” rivendicherà una «gestione unitaria del Pd» e proverà a instillare nella testa della segretaria un warning. Peccato che Elly sia un osso duro e non intenda farsi impiantare un cerchiaggio da «chicche e sia», come diceva Totò. «Il problema – dicono i vecchi e giovani big – è che lei non buca granché il video e, anche se molto smart, parla in modo da non farsi capire dai giovani e dai meno acculturati».
La verità è che tutti temono il peggio: finite le Regionali dall’esito scontato (un tre a tre che farà sorridere Giorgia), dove nel Veneto operoso e ricco di aziende il Pd racimolerà sempre le briciole, i big vogliono far capire a Elly, che «non può stare chiusa nella sua stanza senza parlare con nessuno, ora basta, deve considerare che ci sono altri mondi da coltivare» .
Senza poterlo ammettere, l’intento è condizionare la sua azione. Specie sulle mosse più politiche: primarie contro Giuseppe Conte, sì o no, trattare sulla legge elettorale, sì o no; aiutare la nascita della gamba di centro, la casa riformista di Renzi, sì o no. Eccetera.
E allora, se a questo movimentismo dei cosiddetti “amici” si affianca quello degli avversari interni, come lo sono ormai i cattolici prodiani, allora è chiaro che la resa dei conti è partita: la prima assemblea a Roma il 15 novembre dei duecento comitati di PiùUno, l’Associazione di Ernesto Maria Ruffini (area cattolica di certo medio moderato schierata con Romano Prodi fin dagli albori), dimostra che sono partite le danze intorno alla segretaria. Un indizio di quanto poco si amino i due mondi è la voce, smentita dallo stesso Prodi, che lui avrebbe chiesto una candidatura alle Europee e che, offeso dal rifiuto di Schlein, per questo vada dicendo che non esiste un’alternativa visibile a Meloni. Nodi che vengono al pettine uno dietro l’altro.
Ma dalle parti di Schlein guardano avanti: prossima fermata le Regionali del 23 novembre, poi a marzo il referendum sulla giustizia (con il sale dei sondaggi negativi sulla coda) e poi via verso le Politiche: come raccontano i seguaci di Elly «i sondaggi sul Pd al 22-24%, sui 5 stelle al 12-14 e sulla sinistra di Avs al 6-8 dimostrano che basta l’aggiunta del 5 per cento dell’area centrista di Renzi e ce la possiamo giocare. Quindi perché tanto allarmismo?». —
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