Mamdani e Jetten, i gemelli diversi della politica

Sono giovani, moderni e pragmatici. Ecco i nuovi gemelli diversi, la coppia che vuole riformare la politica e trasformarla in un’agorà in cui il confronto permanente sia fuori moda e l’ascolto dei cittadini sventoli in testa alle priorità

Marco ZatterinMarco Zatterin
Zohran Kwame Mamdani e Rob Jetten
Zohran Kwame Mamdani e Rob Jetten

Ecco i nuovi gemelli diversi, la coppia che vuole riformare la politica e trasformarla in un’agorà in cui il confronto permanente sia fuori moda e l’ascolto dei cittadini sventoli in testa alle priorità.

Uno è Zohran Kwame Mamdani, nuovo sindaco di New York, democratico, 34 anni appena compiuti, ugandese di origini indiane, musulmano, appassionato di calcio e tifoso dell’Arsenal, sposato con un’artista di sangue siriano conosciuta su una app, decisamente a sinistra e radicale per essere americano, latore di promesse che gli avversari valutano impossibili (come l’azzeramento del costo del biglietto della metropolitana), ma a cui gli elettori hanno creduto: “un pazzo, comunista, meno bello di me” secondo Donald Trump.

L’altro è Rob Jetten, probabile futuro premier dei Paesi Bassi, 38 anni, leader dei socio-liberali D66, patriota e progressista, uno che ha sconfitto il divisivo populista Wilders con la versione 4.0 dell’obamiano “si può fare” e convive con un giocatore di hockey su prato argentino.

Sono giovani, duri se non durissimi, aspiranti puri, insieme non hanno l’età del presidente Usa. Tracimano empatia e, ora che si sono affermati, hanno solo due alternative: fare l’immaginabile per cambiare il loro mondo realizzando i sogni con cui hanno stregato gli elettori, oppure finire alla gogna per sempre e sparire nel nulla.

Non è tempo da scommesse facili. Però c’è un segnale chiaro che arriva da queste due consultazioni, interessanti per quanto particolari. Si è votato nella “città che non dorme mai” e nel Paese culla del mercantilismo calvinista. Otto milioni di abitanti la prima, 18 il secondo. Sono due casi limite, eppure il messaggio è che la gente è andata alle urne pensando al contenuto e non alla confezione.

In queste collettività multietniche, una parte rilevante dei consensi è finita a chi (finalmente!) non crede che il colore della pelle, o il credo, siano questioni rilevanti se si onorano le leggi. Così si è affermata una coppia di che incarna la modernità e che, nel chiedere di essere scelta, ha parlato di soluzioni più che di problemi, ha cercato ricette e non colpevoli, rimedi e non alibi. Li aspettano sfide a un passo dall’irrealizzabile. Bravi a tentare. Se non si va, non si vede.

Jetten giura di voler difendere i Paesi Bassi, tuttavia non si è messo in contrapposizione con l’”altro”, ha evitato duelli sull’Europa odiata dallo xenofobo Wilders. Farà l’interesse nazionale, come si conviene a un governo che si rispetti, prendendo il meglio di ogni mondo e senza essere prevenuti. Non ha negato le insidie, niente disco rotto del “va tutto bene, siamo i migliori”. Ha ammesso che è una stagione dura e ambigua, quindi ha detto “proviamo a farci qualcosa”.

Sembra Mamdami a New York, con la sua guerra all’inflazione, la campagna per gli alloggi, i trasporti accessibili, il lavoro più equo e minori tasse sugli stipendi che raccolgono l’appoggio di Obama, nonostante il timore dei democratici di vedersi sconquassato il partito alla stregua di quanto The Donald ha fatto con i repubblicani. Il tutto (sulla carta) più “pro” e non “contro”, senza escludere il confronto, al punto di essere pronto a vedere Trump, poiché bisogna trattare col presidente prima di cercare di ferirlo al cuore.

È un metodo diverso, che guarda avanti, dal quale si dovrebbe tentare di trarre ispirazione, pur nella consapevolezza che ogni Paese ha bisogno di una sua cura specifica. Determinazione e mano tesa, dunque. Difesa dei singoli, per quanto realistico resistendo al richiamo velenoso dei dogmi. Perché non c’è nulla più permanente della novità.

E, come recitava Charles Darwin, non sono le specie più forti a sopravvivere, bensì quelle più capaci di reagire al cambiamento. Per questo occorre tenere d’occhio Zohran e Rob, senza pregiudizi, senza fare il tifo o augurar loro il male. Non è scontato che ce la facciano, ma neanche il contrario. E, se andasse bene, sarebbe un altro inizio possibile per tutti. 

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