Lega, Salvini ignora i malumori: Vannacci diventa vicesegretario

Oggi la nomina del generale in Consiglio federale: una scelta di allontanamento dalla base e dagli alleati di governo. Agli altri 3 vice il nuovo arrivato sembra non dare fastidio. Stefani in Veneto spera gli sia utile alle regionali

Carlo BertiniCarlo Bertini
Matteo Salvini e Roberto Vannacci
Matteo Salvini e Roberto Vannacci

Tanto tuonò Roberto Vannacci, che piovve la nomina: stamane, 15 maggio, va in scena il consiglio federale della Lega e Matteo Salvini formalizzerà, di fronte al gotha del movimento, la sua tormentata decisione: dare al generale la cadrega di quarto vicesegretario del Carroccio, con buona pace dei malpancisti.

Il problema è che i tuoni di Vannacci ormai si sono allontanati come l’eco di un temporale estivo e nel Carroccio (tranne i lumbard che lo sostengono) molti lo ritengono un fenomeno tramontato. Tanto da non capire come mai la sua nomina piova proprio ora che il generale è espatriato a Bruxelles.

Di cosa si occuperà non si sa, ma che vorrà dire la sua sull'organizzazione del partito è certo. Agli altri tre vice, questo “intruso” non pare dare troppo fastidio: Claudio Durigon cura il suo enorme orto del centrosud Italia e non si scompone, Andrea Crippa regna in Lombardia e non solo; e Alberto Stefani, oltre a gestire la Liga Veneta, è in pole per succedere a Zaia e i voti di Vannacci gli faranno molto comodo il 16 e 17 novembre, possibile data per le regionali. In questo caso la scelta delle candidature dovrebbe essere formalizzata entro giugno.

Se il Capitano intenda così imbrigliare il generale, rafforzando il profilo sovranista e anti europeista del Carroccio, è dentro e fuori la Lega che si annidano gli scontenti per questa scelta. Ai più risulta una forzatura e per gli alleati, Meloni in primis, sarà motivo di imbarazzo.

Il fatto che Vannacci si sia ben guardato di prendere la tessera del Carroccio fino a un mese fa, quando gli fu promessa la carica di vice, non va giù a tutti quelli che lo tollerano a malapena. Tra questi i governatori del Nord Est: Luca Zaia, quando si trattò di votare alle europee disse che avrebbe dato la sua preferenza a un candidato leghista; Massimiliano Fedriga, il presidente del Fvg si dichiarò «contento che ci siano tre preferenze di candidati della nostra regione».

Zaia contestava la deriva di destra del movimento, simboleggiata dalle prese di posizioni di Vannacci e ai nordisti del Carroccio non piace la sua postura iper nazionalista, che stride con «la difesa degli interessi dei nostri territori» invocata al congresso di Firenze in aprile.

Non sarà un caso che, per bilanciare questa “deriva vannacciana”, Salvini rilanci l’Autonomia: con il deposito da parte di Calderoli al prossimo Consiglio dei ministri della legge delega sui Lep e con il decreto per il federalismo fiscale dello stesso Calderoli e di Giorgetti, che rafforza l’autonomia finanziaria di Regioni, Province e Comuni.

La premier poi non farà salti di gioia ad avere un personaggio così tra i primi dieci dirigenti politici della sua maggioranza. Non basta la richiesta di Vannacci di «favorire il ritorno del gas russo per sostenere la competitività delle nostre imprese», archiviabile quasi come uno stimolo alla produttività.

Serve sentire come un mese fa a Bruxelles si è rivolto al presidente della Nato, Mark Rutte, per capire quanto il suo sconfinamento filorusso indebolisca il potere di mediazione di cui vorrebbe fregiarsi il capo del governo in Europa: «La presidente von der Leyen - è la domanda polemica - ci ha spesso detto che i russi rubassero le schede elettroniche dalle lavatrici ucraine per usarle nei loro sistemi d’arma. In questa situazione di crisi della Russia, e tenuto conto che l’Europa spende 314 miliardi di euro in armamenti e la Russia 140, ci spieghi come mai tra due o tre anni dovrebbe attaccare un Paese Nato e perché dovremmo spendere di più in difesa».

Ecco perché Salvini si farà forte di questa posizione per marcare la contrarietà al riarmo Ue e per mettere in difficoltà Meloni, già in un angolo rispetto alla triade Macron - Starmer - Merz, capifila dei volonterosi in Ucraina, di cui l’Italia non farà parte.

E per irritare Antonio Tajani, costretto a guardare senza reagire a colpi che indeboliscono la sua presa sui popolari europei, di cui è stato confermato da poco vice di Manfred Weber, europeista convinto e avversario dei neonazisti di Afd e dei Patrioti salvinian-sannacciani.

Insomma, l’arrivo di Vannacci al vertice della Lega accentuerà il solco già largo tra i due alleati di governo, che toccherà come sempre a Meloni colmare. Con l’effetto garantito di una progressiva perdita di peso dell’Italia in Europa.

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