Effetto Zaia, la sfida del «valore aggiunto» sulle regionali in Veneto
Centomila preferenze (per scaramanzia) o il bersaglio grosso delle 230 mila di Meloni? Martedì 18 l’evento finale della campagna del centrodestra con tutti i leader nazionali al Geox di Padova

Effetto Zaia. C’è chi lo chiama così, pronosticando le conseguenze – in termini di traino di voti – che la discesa in campo di Luca Zaia, come capolista nelle sette province del Veneto, potrebbe avere sulla distribuzione delle preferenze nell’ambito della coalizione di centrodestra, alle imminenti elezioni regionali.
Il primo a scommetterci è lui. Per questo, ha messo in piedi una campagna elettorale degna di un candidato alla presidenza. Composta da video realizzati con l’intelligenza artificiale – uno per provincia, cadenzati – ed eventi: di lunedì l’intervento davanti agli artigiani di Vicenza, mentre nei prossimi giorni sarà nella Capitale.
Nell’inner circle si vocifera questo: alla prova delle urne, Zaia punterà alle 100 mila preferenze. Ma sembra una stima votata alla scaramanzia, se si considerano le 232 mila schede con la scritta Meloni contate alle Europee dello scorso anno.
«Diciamo che, sopra le 200 mila preferenze, sarebbe un buon risultato» ragiona il politologo Paolo Feltrin. Mentre Martina Carone, analista politica di Youtrend e docente di Analisi dei media all’Università di Padova, mette in guardia: «C’è pure il rischio che il ritornello Dopo Zaia scrivi Zaia possa dare origine a un discreto numero di schede nulle».
Ciò detto, il traino del (sarà) ex presidente resta una certezza. «L’effetto Zaia ci sarà di sicuro – concede Feltrin – il vero tema è: sì, ma quanto?».
Cinque anni fa, la coalizione che spingeva il tris di Luca Zaia sfiorò il 77% delle preferenze; oltre il 44% la sola lista Zaia presidente, pari a 916 mila voti. «Ma allora eravamo in piena pandemia e parlavamo di un candidato al vertice della Regione, che riuscì a convincere 370 mila elettori a votarlo, nonostante non avessero scelto la sua coalizione» ragiona Carone.
Era un’era geologica fa. «Certo non ci possiamo immaginare la replica del risultato bulgaro di cinque anni fa» dice l’analista di Youtrend, «Nel 2020, esisteva una lista con il nome del candidato presidente. Mentre adesso Zaia avrà l’esigenza di spiegare alle persone che dovranno scrivere il suo nome sulla scheda: operazione tutt’altro che banale. In ogni caso – conclude – se la Lega supererà effettivamente Fratelli d’Italia, molto probabilmente il merito sarà della candidatura di Zaia».
In una campagna elettorale il cui esito finale sembra segnato, la vera partita si gioca allora all’interno della coalizione di maggioranza. Con i due partiti principali in campo che si rivelano impegnati, soprattutto, in una corsa l’uno contro l’altro. «Sappiamo che i voti circolano, da un partito all’altro, all’interno delle coalizioni» dice Feltrin, «E, parlando della “sfida nella sfida”, tra Fratelli d’Italia e Lega, credo che molto dipenderà da quanto i leader nazionali decideranno di impegnarsi in questa campagna elettorale», che è ormai agli sgoccioli.
Ma, in realtà, una risposta sembra esserci già: nella sequela degli eventi elettorali che si sono susseguiti in Veneto in queste settimane, la premier Meloni non si è mai palesata. L’eccezione sarà giusto per l’appuntamento conclusivo della campagna: martedì prossimo, quindi a cinque giorni dal voto, sul palco del Gran Teatro Geox di Padova. Iscrizioni (obbligatorie) da ieri, per il comizio finale di Alberto Stefani, affiancato dalla premier, da Matteo Salvini (Lega), Antonio Tajani (Forza Italia), Maurizio Lupi (Noi moderati) e Antonio De Poli (Udc). «Significa che Meloni non sarà mai sola in Veneto a sostenere Stefani. E anche questa decisione ha un significato politico preciso» riflette Feltrin.
Del resto, la partita della vita è quella della Lega. «Ceduta la Lombardia, il poter rivendicare il candidato presidente in Veneto è la cosa che tiene in vita il partito» sostiene Carone, «Ed è per questo che il partito ha chiesto a Zaia di candidarsi come capolista». Altro che ripicca, dopo essersi scoperto come un problema, agli occhi dei compagni (si fa per dire) di coalizione.
Dopo Zaia scrivi Zaia, dunque. Per poter ancora, un giorno, scrivere Lega.
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