Gasparri: «Terzo mandato? Parliamone, ma la contropartita sia il taglio dell’Irpef»
Il capogruppo di Forza Italia al Senato: «Lega divisa sul tema, non ha avanzato una proposta. I tempi sono strettissimi. Il rinvio delle elezioni al 2026? Non c’è alcuna motivazione valida

Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia in Senato, la riforma per il terzo mandato si farà?
«Prima mi faccia fare una premessa...».
Prego.
«Il mondo va avanti lo stesso pure senza Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e pure senza il sottoscritto. E io questo accanimento alla carica proprio non lo capisco. Non potersi più candidare alla presidenza di una Regione non è una condanna all’esilio. Nessuno di noi è insostituibile e le alternative, in politica come nella vita, sono tante».
In ogni caso, la Lega chiede il terzo mandato, FdI si dice pronta al dialogo. E Forza Italia?
«Riguardo alla Lega, non sarei così netto. Perché un conto è la posizione di Zaia e Fedriga, che reputano indispensabile la loro permanenza. Ma mi sembra che le posizioni siano differenti all’interno del partito stesso».
Si riferisce a Salvini?
«La mia impressione è che, nella Lega, non tutti vogliono il terzo mandato. E lo dico da politico “navigato”, che negli anni ne ha viste tante. In ogni caso, se la Lega vuole aprire una discussione, allora avanzi – e lo faccia al più presto – una proposta formale al nostro segretario Antonio Tajani. Se c’è una proposta, che venga fatta nei modi dovuti, non con le interviste sul giornale. Ma, al momento, questa proposta non esiste».
Non è arrivata dalla Conferenza delle Regioni?
«Una questione va posta nei modi corretti, seguendo la gerarchia. E, lo ripeto, al momento nessuno ha interpellato Tajani. E comunque ricordo che c’è stata anche una sentenza della Corte Costituzionale, che fissa in “due” il limite dei mandati».
Ma se la Lega dovesse presentare la questione al coordinatore Tajani, come si comporterebbe Forza Italia?
«Faremmo come ha detto Fratelli d’Italia: ci siederemmo a un tavolo, per valutare i pro e i contro della questione. Noi non abbiamo nulla contro Zaia o Fedriga. Siamo contrari a innalzare il limite dei mandati, perché riteniamo che dieci anni siano un tempo giusto. In ogni caso, saremmo pronti a discuterne».
Quale potrebbe essere un modo per convincervi a cedere?
«Premetto che quello del limite dei mandati è un aspetto tecnico e non di sostanza. E non è su questo, né sul destino di Zaia, che si fonda la coalizione di centrodestra. Per noi, una priorità è abbassare l’Irpef. Quindi, ad esempio, di fronte a una proposta di taglio di cinque punti percentuali, saremmo sicuramente più aperti. Oppure davanti a una trattativa sulle leggi per la flessibilità in azienda. Quello che ci chiedono i nostri elettori è di accelerare l’attuazione del programma su tasse e lavoro. Quindi, di fronte a questo, saremmo pragmaticamente disposti a discutere».
E Fratelli d’Italia alla fine cederà?
«Finora erano contrari, adesso si dicono aperti alla discussione. Del resto, la questione è stata posta pubblicamente proprio da Donzelli. Io ne parlo tutti i giorni con lui, così come con Calderoli. Ma c’è anche una questione di tempo, che è strettissimo».
Sufficiente?
«A malapena, perché serve una legge, gli altri strumenti normativi sarebbero inadeguati. Quindi, se si vuole provare a percorrere questa strada, è necessario farlo immediatamente. Anche perché ci sono sindaci che devono capire se devono dimettersi dal loro attuale incarico, per candidarsi in Regione».
Si è parlato anche di rinvio delle elezioni alla primavera 2026...
«Ma per quale motivo?Prima se n’era parlato per consentire a Zaia di inaugurare le Olimpiadi: ma le sembra possibile? È un presidente di Regione, mica un atleta olimpico. E a chi chiede il terzo mandato e pretende di indire le elezioni quando gli pare, io consiglio di stare con i piedi per terra. La legge dello Stato dice che le elezioni si celebrano ogni cinque anni, salvo ragioni gravi, come fu la pandemia».
Lei è in Parlamento dal 1992, sono 33 anni. Non crede che ci vorrebbe un limite dei mandati anche per i parlamentari?
«Paragonare i parlamentari ai presidenti di Regione è un’emerita sciocchezza, perché è completamente differente l’entità del “potere” in capo agli uni e agli altri. I governatori e i sindaci delle città più grosse nominano persone di fiducia, assegnano incarichi: non è nulla di paragonabile al lavoro di un parlamentare. E comunque, se il tema verrà posto per i presidenti di Regione, al pari dovrà riguarda anche i sindaci dei Comuni con più di 15 mila abitanti».
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