Dopo il voto, Calderoli: «Il Veneto premia quindici anni di buona amministrazione. Ora l’autonomia accelera»
Il ministro leghista rivendica il successo in regione: «Effetto Zaia decisivo e Stefani era il candidato migliore». Sulle trattative: «Pre-intese già firmate, intese finali in Cdm entro dicembre»

Dietro il contegno compassato da professionista della politica, dal tono della voce si capisce quanto Roberto Calderoli sia soddisfatto del successo ottenuto in Veneto. Dovuto a un mix di fattori, ma innanzitutto «a quindici anni di ottima amministrazione. I fatti sono quelli su cui poi la gente vota in modo convinto. Certo, c'è stato un effetto Zaia, perché lui rappresenta il simbolo di quella buona amministrazione e quindi la continuità». Ma molto ha influito anche la scelta di un candidato «che era per me il migliore: un giovane, con un passato in un partito strutturato, un curriculum accademico notevole e con alle spalle un'esperienza da sindaco. Oltre ad avere tutti i requisiti giusti e non è facile trovarli in una sola persona, Alberto è veneto e il senso identitario in regione vale tanto».
Si diceva dell'effetto Zaia: siete pentiti di non aver spinto per la lista a suo nome? Lui pensa che avrebbe preso un 15% in più...
«Siamo in un'alleanza e bisogna confrontarsi con alleati. La battaglia sul terzo mandato l'ho fatta e FdI era pronto ad aprire, dopo le resistenze iniziali. Erano disponibili a considerare questa ipotesi purché riguardasse tutte le Regioni, non solo quelle a statuto speciale. Meno disponibili erano gli alleati di Forza Italia. La trattativa sulle liste invece non l'ho condotta io, ma di solito sono i candidati governatori a presentare una loro lista civica».
Ora che avete doppiato FdI potete rivendicare l'indicazione dei candidati di coalizione in Lombardia e Fvg?
«Ne discuteremo quando ci si arriverà e mi sembra surreale parlare di elezioni del 2028, di qui a quella data può cadere il mondo. Stabilirlo prima non vale, la storia insegna che le candidature vanno definite all'ultimo momento o quasi. Portarsi avanti di tre anni fa comodo a voi giornalisti, non alla coalizione. In Lombardia si vota nel 2028, nel 2027 ci sono le politiche... neanche con la sfera di cristallo si possono fare previsioni. Ma è chiaro che la Lega lombarda rivendicherà a suo tempo il proprio candidato».
L'effetto radicamento sul territorio ha pesato sul risultato della Lega rispetto a FdI, che stenta a insediarsi pur salendo nel consenso?
«Il radicamento pesa sicuramente tanto, in più ormai c'è una notevole differenziazione tra elezioni nazionali, politiche ed europee e quelle amministrative o regionali. Loro a livello nazionale hanno il jolly Meloni che viene meno in consultazioni locali, dove contano più i volti che conosci, che vedi amministrare, che puoi controllare quanto sono presenti sul territorio».
Questa vittoria netta in Veneto influirà sull'iter dell'Autonomia regionale? A che punto siamo?
«Io tengo separati i comparti, un conto sono le elezioni regionali, un conto è il programma di governo nazionale che in quanto maggioranza portiamo avanti».
Ma non tutti remano allo stesso modo: Forza Italia frena. O no?
«Guardi, prima del via libera alle pre-intese con le regioni, avevo chiesto e ottenuto un vertice di maggioranza. Con Meloni, Salvini, Tajani, Giorgetti, Fazzolari e Casellati. Da cui è uscito un via libera sui contenuti e sul metodo: si è deciso il cronoprogramma e a quel tavolo c'era Tajani. Infatti lunedì scorso Meloni mi ha autorizzato a firmare le pre-intese sulle materie no-Lep a nome del governo».
E quando saranno ratificate le intese finali sulle materie richieste dalle Regioni?
«Il mio obiettivo è portare lo schema di intesa preliminare in Consiglio dei ministri a dicembre, con una clausola veneta, ovvero che siano presenti in cdm anche i governatori e quindi anche Stefani. Poi abbiamo 60 giorni per avere il parere della Conferenza unificata di Comuni, Province e Regioni; poi ci sarà il parere del Parlamento, quindi si tornerà in cdm per la ratifica dell'intesa definitiva. A quel punto verrà trasmesso al Parlamento il disegno di legge per l'approvazione».
Una bella trafila. E per quanto riguarda i Lep, che tempi ci sono?
«Penso di portare a casa la legge sul federalismo fiscale entro marzo 2026, anche perché è una milestone, un traguardo, del Pnrr. Poi c'è anche la legge delega per la definizione dei Lep e si va avanti in Parlamento per approvarla».
Tornando a Zaia, lei dove lo vedrebbe meglio, a Venezia o a Roma?
«Guardi, deve decidere lui. L'unica persona a cui ho chiesto di fare il ministro, mentre faceva l'assessore regionale all'Agricoltura e che mi ha risposto ‘no, grazie', è stato lui. Lo abbiamo chiamato da casa di Berlusconi, nel 2008, poi il Cavaliere ha insistito e Zaia alla fine ha accettato. Ma diceva che a lui interessava restare in Veneto. Luca le idee chiare le ha, poi deciderà lui cosa fare».
E come giudica l'idea di sdoppiare la Lega sul modello tedesco, per raccogliere più consensi? Una lega autonomista con i governatori del nord e una nazionalista più filo-Vannacci?
«Io sono da una parte un esponente di governo ma dall'altra ho una lunga storia del partito. È da qualche decennio che sento parlare di questa. Ma ricordo che a maggio abbiamo fatto un congresso che ha deciso una linea politica. Quindi, tutto si può discutere negli organismi politici, ma non sui giornali».
Da esperto del ramo, che modello di legge elettorale vede più adatto visto che un campo largo di centrosinistra unito potrebbe farvi perdere molte sfide nei collegi, specie al Sud?
«La peggior strada che si può prendere per scrivere una legge elettorale è quella in cui si pensa a come vincere: la storia ha dimostrato che succede il contrario. Ho invece letto con interesse ciò che ha detto Donzelli di FdI: lo dico da anni che secondo me il miglior modello resta quello delle regioni, perché ultra-collaudato, dà stabilità e governabilità».
Ma prevede l'elezione diretta del presidente...
«Certo, è una cosa impossibile da fare a costituzione vigente. Servirebbe una legge che consenta di riprodurre quella regionale, lasciando che il Presidente della Repubblica dia l'incarico in base ai risultati elettorali. Del resto, una legge che garantisca stabilità e governabilità è interesse di tutti».
Ma visto il record di longevità del vostro governo, quella attuale sembra garantire bene la stabilità, o no?
«Beh, non dà alcuna garanzia di non avere una doppia maggioranza in Camera e Senato. Il problema va risolto, altrimenti ritorna il rischio dei governi tecnici. Va bene dunque un sistema proporzionale, con un premio di maggioranza che premi la coalizione che supera uno sbarramento».
Detto questo, voi non avete il problema della scelta del leader, loro sì.
«Certo, noi abbiamo Meloni, che ha un forte appeal elettorale. Anche al nord, come dimostrano i risultati di politiche ed europee».
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