
La resa dei conti tra Lega e FdI sta tutta nei dati: come si sono invertiti i rapporti di forza
Daniela LaroccaNel cuore del Nordest il modello locale batte la spinta meloniana: Fratelli d’Italia crolla rispetto alle Europee, mentre il Carroccio torna primo partito grazie al radicamento del governatore uscente. L’analisi in infografica
In un’Italia in cui il vento politico degli ultimi anni sembrava soffiare sempre nella stessa direzione ovvero quella di Giorgia Meloni e di un partito, Fratelli d’Italia, trainante a ogni latitudine, il Veneto ha dimostrato che le dinamiche nazionali non bastano a spiegare tutto. Qui, il fattore local ha pesato più del trend nazionale. E il nome di quel fattore è Luca Zaia.
Con le sue 203 mila preferenze personali, l’ex presidente veneto ha garantito alla Lega una vittoria che, altrimenti, sarebbe stata aritmeticamente impossibile. Non solo: ha ribaltato uno scenario che, alla vigilia, appariva già scritto. La coalizione di centrodestra nel suo complesso arretra ovunque, con un calo medio di 14 punti, e tocca il punto più basso proprio nella Treviso “zaiana”, dove la flessione arriva fino al 17%.

Dove a livello nazionale Fratelli d’Italia continua a rappresentare il baricentro politico del centrodestra, in Veneto la partita è stata stravinta dal radicamento territoriale di Zaia, capace di incidere più delle dinamiche romane. E la Lega, pur dimezzata nei voti complessivi rispetto al milione e 200 mila raccolti nel 2020 (considerando anche la lista Zaia), ritrova un risultato competitivo, impossibile da spiegare senza la forza personale del governatore.
Lega e Fratelli d’Italia: una curva opposta nel tempo
Ma vediamolo nei dati. Nel grafico che segue viene descritta con chiarezza la metafora, e metafoca mica tanto, della parabola meloniana in Veneto. Una fotografia quanto mai chiara del centrodestra in questa area del nordest (fattori simili anche in Fvg dove però la partita delle Regionali è ancora tutta da definire).
Da un lato troviamo Fratelli d’Italia: una crescita continua e nazionale che però, nelle Regionali 2025, si interrompe bruscamente. Dopo il picco delle Europee 2024 (37,6% in Veneto), il partito di Meloni scende al 18,7%, un dato che lo riporta vicino ai livelli delle Politiche 2022, ma che soprattutto segnala un forte indebolimento nell’unico territorio dove la leadership carismatica di Zaia continua a imporre un modello alternativo al nazionalismo meloniano.
Dall’altro lato, la Lega: un lento declino negli ultimi anni — dal 16,9% delle Regionali 2020 al 13,1% delle Europee 2024 — che sembrava preannunciare un sorpasso inevitabile. E invece il 2025 ribalta lo schema: la Lega risale fino al 36,3%, tornando a essere primo partito regionale.
Un incrocio di curve emblematico a guardarlo dall’esterno: Fratelli d’Italia pare salire solo in quelle competizioni di respiro più nazionale ed europeo con la carta Giorgia Meloni diventata più un simbolo a se stante che una trascinatrice di partito (memento le parole dell’eurodeputata FdI Donazzan).

Altro campionato gioca la Lega invece che fa una curva inversa: cala alle Europee, forse per lo stesso effetto Vannacci che ha condizionato, secondo alcuni commentatori, anche le Regionali in Toscana, sale in questa ultima tornata elettorale e si riallinea riallinea al suo storico ruolo di partito leader del Veneto. È la plastica dimostrazione del peso territoriale del “modello Zaia”, capace di annullare gli equilibri del centrodestra del resto d’Italia.
Gli altri partiti
Per capire meglio cosa succede all’interno del centrodestra va guardato l’intero tabellone dei risultati di tutti i partiti. Il quadro complessivo conferma da un lato che il voto regionale non ha premiato certo la coalizione di governo dall’altro non scuote apparentemente nulla e non apre scenari rivoluzionari nell’opposizione.
Andrà valutato attentamente in futuro dove il partito del medico free-vax Szumski ha “rosicchiato” il 5% dei voti ma nel frattempo le Regionali ci hanno restituito un segno di ripresa del centrosinistra.
L’opposizione, infatti, cresce complessivamente fino al 28%, ma l’aumento è frutto dell’ampia coalizione e non di un exploit del principale partito (il Pd pur tornando al 16,6%, recupera solo 33 mila voti rispetto al 2020 e rivede livelli simili al 2015).

Il dato forse più evidente, ma meno sorprendente, è il tonfo del Movimento 5 Stelle, sceso al 2,2%. Il grafico mostra un declino costante negli anni, culminato oggi in una sostanziale irrilevanza politica nella regione. Il Veneto conferma di essere uno dei territori meno permeabili alla proposta grillina.
E Forza Italia? Il partito azzurro, in Veneto tradizionalmente debole, raccoglie circa il 6%, conquistando appena 32 mila voti in più rispetto alle scorse Regionali. La sua presenza rimane marginale nella dinamica del centrodestra regionale. Un cuscinetto comodo ben lontano dalle percentuali del 2000, l’acmè della vittoria berlusconiana dove i forzisti raggiunsero il 30% delle preferenze imponendosi come primo partito in Veneto.
Riproduzione riservata © il Nord Est

