La disfatta di Vannacci e il tonfo della Lega: i segnali delle Regionali in Toscana
La vittoria larga di Giani sgonfia il generale, che fa flop a casa sua. Bene la lista della Casa Riformista, 5 stelle ancora male


Quando i numeri parlano, la politica ascolta. E di sicuro lunedì tutti i leader nazionali hanno aperto bene le orecchie, in certi casi sgranato gli occhi, o anche - cuffiette alle orecchie per seguire le proiezioni - sono saltati sul primo treno per Firenze, come ha fatto Elly Schlein per mettere il cappello sulla (stra)vittoria di Eugenio Giani. Vediamo i tre dati politicamente rilevanti: il crollo della Lega in Toscana, ovvero la disfatta di Roberto Vannacci; la forte affermazione della lista Giani-Renzi detta Casa riformista che sfiora il 9 per cento; e il flop M5s, caduti sotto il 5 per cento, a dimostrazione che i 5 stelle non amano votare i candidati del Pd.
E dunque: la Lega a trazione Vannacci incassa una batosta, scendendo dal 6,2 per cento racimolato nella regione alle europee del 2024 (dopo l’exploit del 40 e passa per cento delle regionali 2020) al 4,2 per cento. Una botta non da poco per Matteo Salvini, che sperava di aver trovato un tonico nel Generale che invece ha fatto flop in casa sua, massimo disdoro una battaglia persa sul proprio terreno. Trascinando in un angolo anche il Capitano che lo ha portato alla ribalta della politica nazionale. E questo dopo aver dettato legge nella campagna elettorale di tutta la coalizione, imponendo una sfilza di candidati nelle liste e seminando uscite hard poco gradite in una regione rossa ancora inespugnata dalla destra.
Quindi Giorgia Meloni tira un sospiro di sollievo, poiché da un boom di consensi per Vannacci e i suoi, avrebbe solo potuto racimolare una sequela di guai: pulsioni scissioniste nella Lega, malumori e strattoni autonomisti dei governatori del Nord. Invece così la premier si rasserena, il governo può continuare la navigazione senza scogli fastidiosi, in Veneto si tratterà di arbitrare i falli di reazione tra le due squadre di FdI e Lega sugli assessorati e le poltrone, con l’ingombro di Antonio Tajani che chiede spazio per Flavio Tosi.
Ma niente di grave. Salvini non brinda, anzi, perché non ha nulla da festeggiare; ma neanche si torce le budella, poiché un Vannacci superman non avrebbe fatto comodo in fondo neanche a lui. Certo, oltre alla ferita c’è la beffa di vedersi superato pure dal 5 per cento di Toscana Rossa, guidata dalla candidata di colore Antonella Bundu, capace di riunire in una sola sigla Rifondazione Comunista, Potere al Popolo e Possibile di Civati. Gli stessi mondi irrisi dal duo Salvini-Vannacci per le piazze pro-Gaza e l’avventura della Flotilla.
Secondo dato: basta osservare i voti di lista per capire che quella dei 5 stelle, per la terza volta in queste elezioni regionali, non ha di nuovo segnato un punto in avanti. Inchiodati al ribasso, tanto da far dire a molti nel Partito democratico che il centrosinistra a trazione Giani, appoggiato dai riformisti renziani, vince. Quello a trazione Tridico, spinto dai 5 stelle in Calabria, perde. Come perde nelle Marche il centrosinistra con la kefiah al collo marcato Ricci.
Tradotto: se l’asse è su posizioni radical di sinistra, la coalizione non tira. Viceversa, se punta su un candidato solido e riconosciuto (che Schlein avrebbe scalzato per far posto a uno dei suoi) pesca voti nelle fasce sociali più moderate e quindi vince. La rivincita del ceto medio riflessivo. Ed ecco una minuta che dà forza a questa tesi: l’anno scorso alle europee i 5 stelle raccolsero l’8,8 per cento e il Pd il 31. Stavolta il Pd guadagna 4 punti, guarda caso persi proprio dal M5s.
Riproduzione riservata © il Nord Est