Fine vita, cosa prevede il ddl: cure palliative obbligatorie e nessun ruolo per la sanità pubblica
Il testo base incardinato al Senato non introduce un diritto al suicidio assistito, ma definisce le condizioni di non punibilità. Critiche dalle opposizioni: «Più restrittivo della sentenza Cappato-Dj Fabo»

Il testo base del ddl Fine vita che è stato incardinato in Commissione al Senato il 2 luglio si apre con l’affermazione del diritto alla vita come «diritto fondamentale della persona» e introduce delle condizioni di non punibilità per chi aiuta terzi a commettere il suicidio. Non introduce dunque un diritto al suicidio assistito, ma opera sulla falsa riga della sentenza della Corte costituzionale 242/2019 sul caso Cappato-Dj Fabo, che ha aperto gli spazi normativi in Italia per accedere a questa specifica forma di eutanasia.
Le condizioni
Per poter accedere al suicidio medicalmente assistito, secondo il testo, si dovrà essere maggiorenni, affetti da una patologia irreversibile «fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili», essere inseriti in un percorso di cure palliative, essere tenuti in vita «da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali» e aver preso la decisione di morire «in modo libero, autonomo e consapevole». Ci sono dunque due novità rispetto a quanto è previsto attualmente dalla sentenza 242/2019: l’essere inseriti in un percorso di cure palliative ed essere tenuti in vita da «trattamenti di sostegno vitale».
IL CASO DI MARTINA OPPELLI
Il comitato nazionale
Tutto ciò dovrà essere accertato da un Comitato nazionale di valutazione, che sarà composto da sette componenti, nominati dal presidente del Consiglio.
Tra loro ci sarà un giurista, un bioeticista, un medico anestesista, un palliativista, uno psichiatra, uno psicologo e un infermiere. Anche questa è una novità introdotta dalla norma: finora sono Commissioni mediche e Comitati etici territoriali a prendere in carico l’onere di verificare la sussistenza dei presupposti.
Le tempistiche
Il Comitato nazionale di valutazione si pronuncia entro 60 giorni dalla richiesta, prorogabili di 30 giorni. Il richiedente può ritirare la propria domanda in qualsiasi momento ma non può fare una nuova domanda prima che passino 180 giorni dal responso negativo.
Le cure palliative
La norma interviene anche sulla legge che riguarda le cure palliative, fissando al 2028 l’obiettivo che il 90% della popolazione sia raggiunta da questo tipo di terapie. Non solo, istituisce anche un osservatorio sui piani delle Regioni per arrivare a questo obiettivo che presenti una relazione annuale sul tema, commissariando quelle che non presentino un piano.
Il ruolo del servizio sanitario
Il testo base, inoltre, stabilisce che non si possono usare personale, farmaci, e strumentazioni del servizio sanitario nazionale per agevolare il suicidio. Insomma, è completamente escluso un ruolo della sanità pubblica nell’atto di aiutare una persona a morire. Un punto, questo, ritenuto cardine da FdI.
Le bozze
Sono stati tolti, invece, dalla legge i punti più controversi che erano circolati in alcune bozze. Come, ad esempio, la tutela della vita dal concepimento che aveva fatto pensare a una stretta in arrivo sull’aborto. Oppure il fatto che la richiesta di una nuova valutazione potesse arrivare solo dopo quattro anni dal diniego.
Le posizioni
La discussione del testo riprenderà in Commissione a settembre. Il testo è duramente criticato dalle opposizioni e dall’associazione Luca Coscioni che lo ritengono maggiormente restrittivo rispetto a quello che è possibile adesso senza una norma, mentre la maggioranza lo considera un testo equilibrato.
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