Il presidente della Comunità ebraica di Venezia: «Siamo disorientati, gli amici mi danno del nazista»
Dario Calimani sottolinea le tensioni in ghetto: «Stiamo anche litigando tra di noi». Emilia Romagna e Puglia hanno chiuso le relazioni con Israele: «Da quando in qua le Regioni si occupano di politica estera?»

Dopo la Regione Puglia anche l’Emilia Romagna ha deciso di interrompere ogni forma di relazione istituzionale con il governo di Israele.
Il presidente Michele de Pascale ha inviato una lettera ai membri della giunta e ai dirigenti, chiedendo che vengano interrotti «i rapporti anche con tutti i soggetti riconducibili al governo che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di porre fine al massacro in corso, fino a che il rispetto del diritto internazionale non venga ripristinato».
Questo sospende i numerosi progetti di cooperazione che la Regione portava avanti da anni con realtà israeliane.
Dario Calimani, presidente della Comunità ebraica di Venezia, come giudica questa presa di posizione? E soprattutto: non teme un effetto domino?
«Da quando in qua le Regioni fanno politica estera? E poi se questo è il principio allora rompano i rapporti anche con la Cina, con la Russia, con la Siria, con lo Yemen».
Così però sposta il focus dalla questione Gaza.
«Ci dicono che non è antisemitismo, ma alcune domande ce le facciamo: perché siamo sempre noi il bersaglio e gli altri se li sono dimenticati?».
Con un simile ragionamento non si rischia di alimentare la contrapposizione?
«Ci dicono: state facendo agli altri ciò che avete subito voi. Come dire: adesso siamo pari».
Com’è il dibattito all’interno della vostra comunità?
«Stiamo litigando tra di noi, sta succedendo di tutto. Noi non siamo un blocco unico: c’è gente di destra, democristiani, socialisti. C’è chi la vede in modo disastroso, chi si mette in difesa, chi giustifica. È un momento di disorientamento pazzesco, non si sa più cosa sia giusto e cosa no».
E lei come sta vivendo questa situazione?
«Amici di lunga data mi scrivono che sono un nazista, uno anche ieri. Ci conosciamo da decenni. Non mi chiedono cosa penso, cosa sento. Questo è antisemitismo».
Ma sono casi isolati o no?
«L’altro giorno in ghetto a Venezia alcuni ubriachi si sono messi a gridare “free Palestine”. Perché non sono andati in piazza a gridarlo? Sono venuti dagli ebrei a dirlo. La colpa è nostra, secondo loro. Giorni prima è passato un veneziano, ben vestito, con giacca e cravatta e ha gridato: “ebrei di m..., ebrei bastardi”. Stiamo denunciando ma la situazione è pesante».
Il massacro di Gaza sta sconvolgendo il mondo intero, non si può ignorare questo.
«Gaza è tremenda, questo è ovvio. Però da lì come si può passare al governo israeliano e a tutti gli ebrei del mondo? Che salto è? Quello che sta accadendo è spaventoso e inaccettabile. Punto. Però servirebbe una visione completa, perché ci sono dentro anche l’Iran, la Russia, la Cina, le strategie interne tra Hamas e Anp».
Dal punto di vista emotivo è difficile mantenere la lucidità, di fronte a un simile orrore.
«Le situazioni internazionali non le risolvo io, non le risolvono 20 mila ebrei italiani e neanche i 2 milioni di ebrei americani. È inutile che chiedano a noi: cosa dovrei dire io?».
Magari prendere le distanze potrebbe servire, non crede?
«Io sono il presidente di una comunità in cui sono presenti tutte le posizioni. Non posso fare le battaglie in trincea, rischiando di mettere l’uno contro l’altro. Sono un ebreo italiano, non ho il passaporto israeliano e non mi sono mai espresso a favore di Netanyahu. Il problema è che la gente ha bisogno di qualcuno da odiare».
Con le istituzioni del Veneto come va?
«A sinistra non hanno dubbi su quali siano le bandiere da sventolare, per il resto resistiamo. Quello che mi preoccupa però, più delle posizioni politiche, è l’opinione pubblica: la stanno nutrendo di informazioni sbagliate e la conseguenza è che l’odio nei confronti di noi ebrei resisterà per lungo tempo».
Dal punto di vista della sicurezza nel ghetto è cambiato qualcosa?
«Siamo sempre sotto controllo ma non è quello il punto. Il problema è la popolazione, ciò che pensa la gente, gli ubriachi che passano per il ghetto gridando cose che nemmeno loro sanno».
Succede così spesso?
«Il 25 aprile alcuni ragazzi sono venuti con le bandiere della Palestina, ignorando il fatto che molti palestinesi il 25 aprile 1945 stavano con Hitler. Almeno abbiate la decenza di studiare la storia. Dopodiché il presente è uno scandalo, non giustifico niente. Ma vorrei che la gente ragionasse».
Avete dato indicazioni ai membri della comunità su come comportarsi in caso di provocazioni?
«No, ognuno si comporta come vuole. Noi speriamo sempre nella saggezza delle singole persone. È impossibile prevedere, io stesso non so come reagirei in un caso simile. È una situazione pazzesca, un dramma per tutti».
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