Cacciari: «Campo larghissimo per puntare a Venezia. Io padre nobile? Mai»

L’ex sindaco filosofo interviene sulle aspirazioni e le possibilità del centrosinistra alla luce dei risultati delle elezioni regionali: «La destra qui non è solida, ma per vincere ci vuole un programma»

Alberto Vitucci
Massimo Cacciari commenta i risultati del voto del 23 e 24 novembre
Massimo Cacciari commenta i risultati del voto del 23 e 24 novembre

«È un buon risultato per il centrosinistra. Ora ci sono le condizioni per ripartire. Ma dovranno stare attenti a non suicidarsi come hanno fatto dieci anni fa». Massimo Cacciari commenta con la consueta lucidità il risultato elettorale delle regionali 2025.

Venezia, la città che ha governato da sindaco per 12 anni, è in controtendenza rispetto al resto del Veneto. Nel Comune lagunare Giovanni Manildo è arrivato primo, davanti a Stefani, pur se di poco: 47,70 per cento dei voti contro il 47,73. Ma il Pd è il primo partito, sfiorando il 30 per cento, quasi il doppio che nel resto della regione, la Lega si ferma al 24 (36 nel Veneto), Verdi e sinistra ottengono un ottimo 7,3, i Cinquestelle il 3,76, più di Forza Italia che si ferma al 2,7. I fucsia di Brugnaro non erano in gara.

Dati importanti, che sembrerebbero indicare una possibilità concreta per le amministrative di primavera.

«Ma è la scoperta di Pulcinella!», attacca il filosofo, «si sapeva che a Venezia l’affermazione della destra non era solida».

Dunque non è una sorpresa per lei questo risultato in controtendenza rispetto al dominio della Lega nel Veneto.

«C’è una storia a Venezia. Se nel 2015 Brugnaro ha vinto è stato anche per la dabbenaggine del centrosinistra. Si sono suicidati e gli hanno consegnato la città. E poi la forza anche economica del sindaco imprenditore gli ha concesso il bis. I dati di adesso sono buoni, ma non è una grande novità. Forse qualcuno dimentica che nel 2005 a Venezia ci fu il ballottaggio tra due candidati di sinistra, il sottoscritto e Casson, caso unico in Italia».

Ma nel 2015 era esploso il fenomeno fucsia, primo partito in laguna con Brugnaro.

«Sì, ma tutto perché la sinistra si è suicidata, non hanno voluto seguire i miei consigli».

I dati oggi a Venezia sono positivi e fanno ben sperare il centrosinistra per le prossime sfide.

«Certo. Ma dire che Venezia è un’eccezione o un’anomalia nel panorama del Veneto è come scoprire l’acqua calda. È vero che ora ci sono le condizioni per cambiare. Ma in un contesto regionale e nazionale molto più difficile di 20 anni fa, quando avevamo il 70 per cento. È tutto più complicato. E non bisogna sbagliare. Il centrosinistra può farcela. Sempre se non decidono di suicidarsi un’altra volta».

Lei che consigli darebbe?

«Beh, la strada obbligata è che devono andare tutti insieme, alleanza larghissima. Il secondo è che ci vuole un programma decente, che parta dagli studi già fatti ad esempio dalla Fondazione Pellicani e dall’esperienza di questi anni. Devono attingere da lì. Non deve essere un programma verbaiolo, ma fondato su solide basi culturali alternative alla destra».

Poi c’è il punto più delicato: la scelta del candidato sindaco.

«A questo punto non è la parte più importante. Loro punteranno sull’uomo solo. Noi dobbiamo dire subito con chiarezza da chi sarà formata la squadra di governo. A chi andranno l’urbanistica, il welfare, la cultura, i lavori pubblici. Trasparenza e patto con gli elettori, come avevamo fatto con le mie prime giunte negli anni Novanta. Il candidato, chiunque esso sia, non importa, dovrà fare prima di tutto questo. Il risultato di Manildo a Venezia è importante, certifica la stima nei confronti del candidato».

Basterà?

«Certo che no. Le comunali sono cosa diversa dalle elezioni regionali. Bisogna organizzare alla svelta una bella conferenza programmatica. Con tutta la coalizione, per esporre le linee strategiche dei prossimi anni ai cittadini, Il tutto mettendo in evidenza l’unità tra gli alleati».

Lei Cacciari è disposto a dare una mano a questo progetto?

«Assolutamente no».

Neanche da esterno e da padre nobile?

«Ma per carità!».

E perché?

«Perché io non esisto, ho finito». —

 

Riproduzione riservata © il Nord Est