Visti aboliti in Kosovo, quasi un giovane su tre si prepara a emigrare

L’effetto della liberalizzazione dei viaggi nell’Ue: molti giovani pronti a trasferirsi in Germania. Edilizia e turismo i comparti più a rischio

Stefano Giantin
L'aeroporto di Pristina: ora per i kosovari le frontiere verso l’Europa sono aperte
L'aeroporto di Pristina: ora per i kosovari le frontiere verso l’Europa sono aperte

Grande gioia per un traguardo meritato finalmente raggiunto. Ma ora, anche preoccupazioni crescenti e sempre più nette, dovute al fatto che il Paese potrebbe realmente “svuotarsi” nel giro di pochi mesi, sulla falsariga di quanto sta accadendo da un decennio e più anche negli altri Stati della regione.

Sono le due facce della medaglia della liberalizzazione dei visti per i cittadini del Kosovo, ultimo Stato balcanico a ricevere luce verde dalla Ue sul fronte degli ingressi nell’area di libera circolazione di Schengen, con i kosovari che dal primo gennaio possono finalmente viaggiare per brevi periodi nell’Unione, senza l’obbligo di ottenere prima un visto. Ma moltissimi – praticamente un terzo della popolazione – starebbero pianificando di “usare” la libera circolazione come trampolino per una emigrazione definitiva, in cerca di un lavoro e di una vita migliore.

Lo studio

È quanto ha rivelato uno studio del Gap Institute, uno dei più rinomati think tank di Pristina, che ha voluto tastare il polso della popolazione over 18 alla luce dell’apertura delle frontiere.

Il risultato è preoccupante per autorità e datori di lavoro: circa il 28% degli intervistati ha rivelato di aver già pronte le valigie e di voler lasciare definitivamente – non solo per una breve vacanza - la propria patria già nei primi sei mesi di questo 2024.

La destinazione?

Quasi tutti i kosovari hanno in mente di trasferirsi in Germania, locomotiva economica europea che ha una forte carenza di manodopera e ha ampiamente allentato le redini dei controlli d’ingresso, per attirare forza lavoro anche da Paesi extra-Ue.

Sono percentuali che nascondono un problema enorme, un possibile imminente collasso in Kosovo di settori produttivi vitali, che saranno prosciugati di lavoratori, espatriati in cerca di paghe migliori e di un futuro più appagante all’estero.

I comparti più colpiti

A essere colpiti saranno in particolare il comparto dell’edilizia (19% dei partenti), seguito dal turismo, commercio e industria, già in estrema difficoltà dato che dal Kosovo, tra il 2012 e il 2022, gli emigrati sono stati più di 300 mila – oltre 40 mila solo nel 2022 - ma i numeri potrebbero essere sottostimati. E quelli futuri ancora peggiori. Un buon «mezzo milione» se ne andrà dal Kosovo – che di abitanti ne ha poco meno di due - quest’anno, ha previsto Nexhmedin Spahiu, uno dei più attenti politologi kosovari. «Quasi ogni famiglia in Kosovo ha un parente che lavora e vive in Occidente, qui gli stipendi sono bassi, la disoccupazione alta, molti giovani vedono il loro futuro» solo all’estero, ha spiegato Spahiu, che ha rappresentato un «terremoto» per l’economia nazionale nei prossimi mesi.

I Paesi vicini

Una consolazione, ma magra, è il fatto che i Paesi vicini non stiano molto meglio. Anzi, soffrono dello stesso problema, già da anni, “sfruttati” come sorgente infinita di forza lavoro da parte dei Paesi Ue più avanzati, Germania in testa.

Gli esempi negativi non mancano, come quelli della Bosnia-Erzegovina, dove gli emigrati sarebbero stati 500 mila nell’ultimo decennio, con il Paese balcanico che potrebbe scendere sotto gli 1,6 milioni di abitanti nel giro di 50 anni. Neanche la Macedonia del Nord si sottrae al comune destino: i dati dell’ultimo censimento hanno rivelato che il Paese ha perso almeno 200 mila abitanti dal 2002; mentre in Serbia partono almeno 40-50 mila persone all’anno.

Servono «misure urgenti e strategiche per fare i conti con questo problema» anche in Albania, ha avvisato a gennaio la numero uno della Banca per la ricostruzione e lo sviluppo a Tirana, Ekaterina Solovova, parlando di una «crisi demografica»» sempre più grave, causata sempre «dall’emigrazione, in particolare della popolazione più giovane». Stanca, ovunque nella regione, di aspettare un futuro migliore, magari nei ranghi Ue.

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