Armi serbe ai soldati dell’Ucraina, Mosca accusa: «Colpo alle spalle»
I servizi russi contro Belgrado: «Sette aziende hanno esportato missili e munizioni in modo occulto»

Un amico ti accusa di tradimento. Una colpa pesante, che può portare alla fine di un rapporto duraturo e profondo. Capita questo fra Serbia e Russia, finora strette alleate, ma le cui relazioni potrebbero cambiare radicalmente perché Mosca ritiene che Belgrado stia aiutando l’Ucraina nel suo sforzo bellico.
È quanto ha suggerito un durissimo comunicato-denuncia dell’Svr, i servizi di foreign intelligence della Federazione russa che, in maniera inedita, hanno rilasciato una nota stampa che accusa apertamente la Serbia di aver sostenuto l’Ucraina, malgrado la presunta neutralità del paese balcanico. Al contrario, ha sostenuto l’Svr, Belgrado avrebbe «tentato di colpire alla schiena la Russia».
Come? Inviando sottobanco armi e munizioni a Kiev, un affare di cui si è rumoreggiato già in passato, provocando sempre le sdegnose smentite delle autorità serbe. Ma che sarebbe del tutto reale e concreto secondo gli 007 di Mosca, convinti che almeno «sette aziende» che producono materiale bellico “made in Serbia” avrebbero inviato «centinaia di migliaia di missili e milioni di munizioni» all’esercito ucraino, usando «finti certificati» per mascherare il traffico di armi verso l’Ucraina.
Secondo Mosca, in pratica, i colossi serbi delle armi avrebbero imbastito un complesso sistema che prevede la produzione nel paese, l’uscita dei prodotti dalla Serbia via intermediari localizzati in paesi Nato come Repubblica Ceca, Polonia e Bulgaria, ma anche svariate nazioni africane, che poi avrebbero dirottato le armi e le munizioni in Ucraina. La nota dell’Svr approfitta per ricordare che la «guerra è stata scatenata dall’Occidente» e che non ci sarebbe alcuna «considerazione umanitaria» dietro il business, ma solo l’obiettivo di «uccidere e azzoppare soldati e civili russi».
Accuse infondate? Non sembra, perché il servizio segreto russo è andato giù pesantissimo contro gli amici serbi, o meglio contro la florida «industria bellica» del paese balcanico, che ha dato «l’impressione» di non essere così sincera e fedele all’alleato russo, ma di aver voluto «trarre profitto dal sangue» versato da un popolo fratello come quello della Federazione, «dimenticando chi sono i veri amici e chi i nemici». Ancora più grave sarebbe il fatto che il tradimento sarebbe stato ordito contro quella Russia «che è sempre venuta in aiuto dei serbi nei momenti più critici della loro storia», la chiosa dell’Svr.
I servizi russi confermano i sospetti che circolavano da tempo su armi e munizioni serbe finite in mano ai soldati di Kiev. Il quadro era stato corroborato anche da informazioni rese pubbliche dal Financial Times, secondo cui la Serbia avrebbe esportato munizioni in Ucraina, via paesi terzi, per un valore di 800 milioni di euro. Un documento del Pentagono, circolato nel 2023, aveva disegnato un quadro speculare, anche se era stato smentito seccamente dall’allora premier Miloš Vučević.
Ora, però, dopo che l’Svr si è esposto, sembra essere prossimo il redde rationem fra i due storici alleati, mentre Belgrado cerca di salvare la faccia – e i legami, sempre delicati ma preziosi – con la sorella maggiore Mosca. La Serbia si impegna a lavorare con la Russia per indagare congiuntamente su come munizioni serbe siano finite in Ucraina, ha annunciato il presidente Aleksandar Vučić, che ha tuttavia tenuto a precisare come «alcune delle cose dette» dall’Svr «non sono vere».
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