Usa e Russia litigano sulle elezioni in Serbia. E Vučić evoca Maidan
Scontro tra le super potenze dopo le irregolarità denunciate da più parti. Una commissione internazionale dovrà fare luce sulle accuse di brogli

BELGRADO Situazione sempre più intricata, che coinvolge ora anche le grandi potenze. E che rischia di riverberarsi sempre di più nelle piazze, posto che i numeri – finora non esaltanti - lo consentano. Situazione che riguarda il burrascoso periodo post-elettorale in Serbia, ancora scossa dalle accuse di irregolarità e brogli che avrebbero “rubato” alla coalizione di opposizione “Serbia contro la violenza” (Spn) la vittoria alle amministrative di Belgrado, con opacità sulla regolarità del voto anche a livello nazionale denunciate sia dai critici di Vučić, sia da osservatori indipendenti.
Controversie che si stanno riflettendo anche sull’agone internazionale. Lo ha confermato la presa di posizione del Dipartimento di Stato americano, che ha rimarcato che «le accuse su irregolarità denunciate dall’Osce e da altri team di osservatori devono essere investigate». «Chiediamo alla Serbia che collabori con l’Osce per risolvere queste preoccupazioni», il duro ammonimento lanciato da Washington attraverso il portavoce Matt Miller.
Ma c’è anche un’altra lettura, completamente opposta, che arriva da Mosca, tradizionale alleato di quella Serbia che guarda sempre alla Ue, ma non disdegna di flirtare con Cina e Russia. Le accuse di brogli sono infondate e le proteste di piazza che da lunedì vanno in scena a Belgrado sarebbero solo un piano occidentale per destabilizzare la Serbia, in stile Maidan, il pesante j’accuse lanciato dalla storica portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. «I raduni di piazza» davanti alla sede della Commissione elettorale centrale (Rik) «non sono semplici raduni, ma un modo per occupare le strade e raggiungere obiettivi non in linea con i processi elettorali», ha detto Zakharova.
Che è poi andata oltre, evocando apertamente la mano dell’Occidente dietro le manifestazioni, «come in Ucraina». A corroborare questa lettura, il fatto che Vučić e i suoi non avrebbero ricevuto felicitazioni e congratulazioni per il trionfo elettorale da leader occidentali, ma solo dal serbo-bosniaco Dodik, dal premier magiaro Orban e dal Cremlino. E nella stessa direzione vanno le parole di Vucic, che ieri ha suggerito che Belgrado starebbe preparando una «lettera» di protesta contro un non meglio precisato Paese straniero «importante» - potrebbe trattarsi della Germania - che sarebbe coinvolto in interferenze post-voto.
Mentre Washington e Mosca “bisticciano” a distanza, intanto, “Serbia contro la violenza” non molla e non si accontenta della decisione del Rik di far ripetere le elezioni parlamentari anticipate in 30 seggi (12mila elettori circa), a causa di irregolarità. Spn che ieri ha inviato una lettera alle più alte istituzioni europee, dall’Europarlamento al Consiglio fino alla Commissione, chiedendo che la Ue non riconosca la validità del voto nel Paese balcanico fino a che una «indagine internazionale» non faccia luce sulle accuse delle opposizioni. Spn che ha inoltre alzato il tiro, chiedendo l’annullamento di tutte le elezioni del 17 dicembre, incluse le parlamentari. E ha evocato una radicalizzazione delle proteste, dalla prossima settimana.
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