«Non andate in Croazia»: tensione tra Belgrado e Zagabria per la parata militare dell’Operazione Tempesta

La Serbia sconsiglia ai cittadini di viaggiare in Croazia durante le celebrazioni per la vittoria del 1995. Zagabria replica: «Motivi di politica interna»

Stefano Giantin
L'esodo dei cittadini serbi in fuga dopo l'Operazione tempesta del 1995 (Foto Vecernje Novosti) )
L'esodo dei cittadini serbi in fuga dopo l'Operazione tempesta del 1995 (Foto Vecernje Novosti) )

La Croazia si prepara a celebrare in gran pompa, con annessa imponente parata militare, la vittoria più importante nella guerra di indipendenza del 1995. Ma la Serbia, con cui i rapporti rimangono conflittuali, reagisce sopra le righe, probabilmente perché legge i festeggiamenti come l’atto di spargere sale su una ferita aperta.

E si spinge fino a consigliare ai suoi cittadini di non recarsi in viaggio o in visita dagli “ex nemici”, suggerendo un rischio sicurezza. È lo scenario che si sta sviluppando sull’asse Zagabria–Belgrado, parenti serpenti i cui rapporti, spesso contrastati, si stanno di nuovo incrinando.

A confermarlo è stata una stringata e allo stesso tempo esplosiva nota del ministero degli Esteri serbo, che ha apertamente sconsigliato ai serbi di «viaggiare in Croazia» nei prossimi giorni. Ma se proprio dovete passare il confine per andare a Zagabria o sulla costa dalmata, allora quantomeno «evitate i raduni e altri assembramenti» a causa del rischio di possibili «incidenti», il resto del messaggio. Ma quale potrebbe essere la ragione per emettere un avviso del genere, solitamente riservato a Paesi in conflitto o con seri problemi interni?

Belgrado non lo ha esplicitato, nella nota, ma il vulnus appare evidente a tutti, come confermato dall’agenzia croata Hina: le celebrazioni previste in Croazia per ricordare “Oluja”, l’Operazione Tempesta che, nel 1995, permise a Zagabria di riprendere il controllo delle aree del suo territorio sotto il controllo dei ribelli serbi della Krajina. L’operazione ebbe una pesante ricaduta con il drammatico esodo di 150-200 mila serbi che, lasciandosi tutto alle spalle, fuggirono in auto, camion e trattori verso la Serbia.

La Serbia esagera e l’avviso è solo dettato da «motivi di politica interna» ha replicato il ministero croato degli Esteri, che ha ricordato che la Croazia è un Paese «fra i più visitati dai turisti e fra i più sicuri» in Europa. Ma lo scambio di fendenti tra Belgrado e Zagabria si gioca su una ferita, quella di Oluja, che rimane apertissima in Serbia, nazione dove le autorità – ma anche molta gente comune – appaiono colpite dai preparativi in atto in Croazia per il 30° anniversario.

Le celebrazioni dureranno per giorni, commemorando anche reduci, forze armate e la vittoria del 1995 (il 5 agosto), ma l’acme sarà raggiunto oggi, a Zagabria, capitale dove si terrà una grandiosa parata militare per celebrare Oluja, con la sfilata di 3.500 soldati, carri armati, centinaia di mezzi militari, droni “made in Croatia” e d’importazione, come i Bayraktar, elicotteri e caccia Rafale.

A seguire, Protezione civile, forze di polizia, vigili del fuoco, mentre tredici navi della Marina faranno mostra di sé a Spalato. Le celebrazioni rievocano «la grande vittoria con cui è stata liberata la Croazia, la parata dimostrerà il grado di preparazione delle nostre forze armate», ha spiegato il presidente Milanović.

Completamente opposta la lettura dell’evento in Serbia, dove la festa croata viene vista da molti come uno sfregio, perché «le ferite vengono riaperte ancora una volta», ha spiegato l’autorevole settimanale Vreme, che ha ricordato anche l’indignazione in Serbia per il recente concerto nazionalista di Thompson.

Nel frattempo, i tabloid filogovernativi parlano di feste in Croazia per celebrare «i crimini contro i serbi» e Belgrado prepara con tutt’altro sentire le commemorazioni, parola di Vučić, «per i nostri 2.500 morti» nell’Operazione Tempesta. Come ogni anno, da 30 a questa parte.

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