Tensioni diplomatiche fra Lubiana e Belgrado su Russia e Kosovo
Il bilaterale termina tra le polemiche dopo la stoccata di Vučić alla Slovenia sulla sua posizione su Pristina. Irritazione di Pahor, convocato l’ambasciatore serbo

BELGRADO Dialogo aperto e costruttivo su energia, economia, integrazione europea e futuro dei Balcani in Europa, larghi sorrisi e vigorose strette di mano. Ma poi, a sorpresa e a scoppio ritardato, una mini-crisi diplomatica che deflagra all’improvviso. Sta avendo strascichi inattesi la visita ufficiale a Belgrado del presidente sloveno, Borut Pahor, arrivato la scorsa settimana nella capitale serba nell’ambito di un mini-tour nei Balcani per incontrare in particolare il presidente serbo, Aleksandar Vučić. Visita che, sul momento, si è conclusa senza notizie di particolare rilievo, come spesso accade durante gli incontri bilaterali tra leader. Ma lunedì sera, a sorpresa, la bomba. L’ha lanciata l’agenzia di stampa slovena Sta, informando sulla convocazione dell’ambasciatrice serba in Slovenia, Zorana Vlatkovic, da parte del ministero degli Esteri di Lubiana, a causa di un “incidente” che evidentemente non è sfuggito a Pahor e alle autorità slovene. Incidente che riguarda una frase pronunciata dal leader serbo in risposta ad alcune domande dei giornalisti, che lo avevano interrogato sul perché Belgrado non abbia ancora deciso di adottare sanzioni contro la Russia, come più volte chiesto da quella Ue in cui la Serbia aspira a entrare. «Come potrei spiegare ai cittadini serbi che la Serbia impone sanzioni alla Russia e non alla Slovenia?», si è chiesto a voce alta Vucic, spiegando che tutti, in Europa, da mesi fanno pressioni su Belgrado affinché sanzioni Mosca – da cui dipende quasi totalmente sul fronte dell’energia – mentre nulla fa intendere che la Serbia possa essere presto “premiata” con l’ingresso nella Ue. Vucic che ha subito dopo ulteriormente chiarito la logica del discorso, collegandola alla questione del Kosovo, auto-dichiaratosi indipendente dalla Serbia nel 2008 e mai riconosciuto da Belgrado, sì invece da Lubiana, che ha fatto la sua scelta già nel marzo del 2008. Belgrado non dimentica, ha suggerito Vucic, sostenendo che «la Russia non ha violato l’integrità territoriale della Serbia, mentre la Slovenia sì e vediamo» che ciononostante «conserviamo buone relazioni», ha riportato la Sta. Buone sicuramente, ma forse prima del pronunciamento di quella frase, non digerita da Lubiana.
«Siamo molto sorpresi dalle dichiarazioni del presidente Vucic», ha fatto sapere il ministero sloveno degli Esteri, augurandosi che la Serbia non voglia «problematizzare» oltre «la nostra posizione sul Kosovo». Questo sarebbe un problema, ha ammonito la Slovenia, perché «il nostro sostegno al Kosovo non è diretto contro la Serbia». Sarebbe poi estremamente scorretto, ha aggiunto Lubiana, «mettere sullo stesso piano il riconoscimento sloveno del Kosovo con l’aggressione russa all’Ucraina». Infine, l’ultimo messaggio, chiaro e sufficientemente duro. Lubiana si aspetta che Belgrado e Pristina si parlino e risolvano tutte le questioni aperte, unica via «per progredire verso la Ue». Parole che sicuramente irriteranno Belgrado, ancora scottata per altre dichiarazioni, in questo caso dello stesso Pahor, che a Bled aveva chiesto alla Serbia di «abbandonare l’idea di un mondo serbo» oltre i confini nazionali, un concetto che richiama la “Grande Serbia” e a «rigettare le tendenze separatistiche» dei serbi di Bosnia. Quella volta a reagire era stato il ministro degli Interni serbo, Aleksandar Vulin. «Nessuno è morto per l’idea di un mondo serbo, ma per la convinzione degli sloveni sul loro diritto all’autodeterminazione», che avrebbe generato «la secessione, la guerra civile». —
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