Stop all’EuroPride, l’annuncio di Vučić mette la Serbia nel mirino di Ue e Usa
Evocati problemi di ordine pubblico e l’esigenza di evitare tensioni. Gli organizzatori non demordono: «La marcia si farà»

BELGRADO. Non solo il rifiuto di imporre sanzioni contro la Russia. Un'altra questione, sempre più incandescente, rischia di allontanare nuovamente dalla Ue la Serbia, Paese strategico nei Balcani.
È quella dell’EuroPride, la più importante manifestazione europea pro-diritti Lgbt che quest’anno - con eventi, conferenze e raduni - si sarebbe dovuta tenere proprio a Belgrado dal 12 al 18 settembre, per la prima volta in una capitale dei Balcani. Il condizionale rimane però d’obbligo, dopo che il Gotha della politica serba ha più volte nei giorni scorsi suggerito la «cancellazione» – ma non c’è ancora una comunicazione formale - della parte fondamentale della manifestazione, la marcia nel cuore della capitale denominata Belgrade Pride Parade e prevista il 17 settembre, principalmente per problemi di ordine pubblico dopo massicce manifestazioni di nazionalisti e fondamentalisti religiosi ortodossi.
«Abbiamo deciso che l’Europride non si farà, potranno chiamare Biden, Putin o Erdogan o chi volete, la decisione non cambia», ha detto il presidente serbo Aleksandar Vučić, il primo a evocare il divieto al Pride.
È più «di una richiesta agli organizzatori piuttosto che dell’ordine di non marciare» in città, ha spiegato invece la premier Ana Brnabić, prima premier serba apertamente lesbica, che scese in strada coi partecipanti del Gay Pride nel 2017. Ma i tempi sono cambiati, tra carovita e crisi energetica. «A settembre ci sarà la tempesta perfetta per noi»: serve «stabilità», non tensioni di piazza, ha aggiunto Brnabić.
Cancellare la Pride Parade rischia forse di evitare incidenti, certamente però isolerà ancora di più la Serbia in Europa. Lo confermano le crescenti pressioni della Ue su Belgrado, con 145 europarlamentari che hanno chiesto a Vučić di fare marcia indietro. Nel frattempo, Bruxelles ha invitato le autorità serbe a «trovare una soluzione per ospitare l’evento in tutta sicurezza», ha riferito il portavoce dell’Alto Rappresentante agli Esteri dell’Unione, Josep Borrell. Sottolineando che un Paese che aspira a diventare membro della Ue non può che fare ogni sforzo per difendere i «diritti umani». E non farlo potrebbe far retrocedere la Serbia nella sua corsa, già accidentata, verso l’adesione. «Chiediamo alla Serbia di impegnarsi a ospitare l’EuroPride 2022», il messaggio del segretario di Stato Usa, Anthony Blinken. Gli annunci sulla cancellazione sono «una vergognosa resa alle minacce di violenza», ha rincarato l’organizzazione Human Rights Watch, che ha chiesto a Belgrado di garantire che la marcia abbia luogo e in sicurezza.
Ma non ci sono solo dichiarazioni. Vladimir Bilcik, influente europarlamentare e relatore per la Serbia all’Eurocamera, che sarà presente a Belgrado il 17 per la marcia, ha svelato che ci sarebbero contatti in corso «tra organizzatori e autorità per trovare una soluzione sicura» per l’evento. Con lui in strada anche la vicepremier del Belgio, Petra de Sutter. Di tenore opposto i messaggi dei nazionalisti a Vučić. «Nessuna resa alle pressioni di Usa e Ue», l’intimidatorio avvertimento.
Cosa accadrà ora? «La marcia si farà» lo stesso, assicura al Piccolo Goran Miletić, uno degli organizzatori e direttore per Europa e Mena a Civil Rights Defenders. Le autorità, continua, «devono garantire la sicurezza di tutti i partecipanti anche se ci fosse un divieto, ma non me ne aspetto uno formale». Se il governo «non dovesse sostenere la marcia, sarebbe però una chiara discriminazione, anche perché altri eventi pubblici, incluse le proteste anti-Lgbt, continuano a tenersi normalmente». I prossimi giorni saranno cruciali per capire come si muoverà Belgrado.
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