Sofia, inchiesta sui gruppi paramilitari: l’ombra russa tra armi e tute mimetiche
Secondo stime gli affiliati sono decine di migliaia. Fra le ipotesi di reato anche crimini «contro la Repubblica di Bulgaria»

BELGRADO Non solo Berlino, che ancora non si è ripresa dallo shock dei piani golpistici dei “Reichsbuerger”. Ora un’altra capitale Ue, Sofia, si sveglia con un problema in casa: riguarda, come in Germania, gruppi di paramilitari con tendenze politiche di ultradestra, visceralmente anti-migranti. E soprattutto con presunti legami con la Russia e l’obiettivo di sovvertire l’ordine costituzionale in un Paese membro Ue e Nato.
Questi i pesantissimi sospetti, ora all’esame di magistratura e servizi bulgari, che riguardano un caso opaco, ancora confuso ma potenzialmente esplosivo. Riguarda due organizzazioni già note all’opinione pubblica bulgara, Bno Shipka e Bdo Shipka, collegate con un sindacato con presunti legami con membri dell’esercito, il “Vasil Levski”. L’ipotesi di reato, ha raccontato la radio nazionale bulgara, è gravissima, perfino crimini «contro la Repubblica di Bulgaria» e contro le sue leggi, il tutto aggravato dal sospetto di «interessi stranieri» dietro le azioni dei gruppi coinvolti, cioè di Mosca. «Non possiamo permettere influenze maligne della Russia» in Bulgaria e «proteggiamo gli interessi dei nostri partner europei e atlantici», ha assicurato Ivan Geshev, il capo procuratore nazionale a Sofia, che ha confermato l’esistenza di indagini sul caso Shipka, aggiungendo di aver ordinato ai servizi di contro-intelligence di mobilitarsi e raccogliere materiale documentario sulle organizzazioni paramilitari.
Geshev ha promesso maggiori informazioni appena il quadro sarà più chiaro, ma già quello che si sa sugli uomini di Shipka inquieta. Secondo l’emittente pubblica Bnr, i membri dei gruppi sospettati fanno parte di una «organizzazione patriottica» che include pure ex «ufficiali, soldati, marinai, impiegati del ministero degli Interni», oltre che sostenitori di idee politiche radicali, tra cui «la neutralizzazione e la punizione di ogni forma di tradimento compiuta dalle leadership statali, politiche e militari». Shipka non è una nuova conoscenza, con le foto dei suoi membri in armi diffuse regolarmente via social network. Ed è stato un nome celebre anche fuori dalla Bulgaria, all’apice della crisi migratoria, quando i suoi membri divennero noti per la “caccia” al migrante, con metodi brutali, sul confine bulgaro-turco. Ma i “difensori” della frontiera in chiave anti-profughi coltiverebbero anche altre passioni. Se ne era occupato anche il portale Bellingcat, che aveva definito Shipka il trait d’union tra nazionalisti bulgari, membri dell’ultradestra europea e la Russia, con la presenza di ex membri delle forze speciali di Mosca che avrebbero addestrato i membri del gruppo bulgaro. Fra le attività, operazioni assai più complesse della guerra ai migranti, come «propaganda anti-Ue e anti-Nato» sul modello russo, il tutto nutrito da un mix di antisemitismo e anti-islamismo e pulsioni a favore della «democrazia diretta» da raggiungersi anche con la messa fuori gioco «dei partiti politici». La pericolosità del gruppo? Da non sottovalutare perché ci sono stime che parlano di «28mila affiliati» nella galassia Shipka, ha detto il generale Tihomir Stojchev, ex numero uno del Servizio centrale anti-crimine. E in una «società polarizzata» come quella bulgara – ma ciò vale per molti Paesi balcanici – un gruppo paramilitare così consistente può tradursi in una seria «minaccia per la sicurezza».
Riproduzione riservata © il Nord Est