Serbia, l’ultradestra contro il presidente Vučić: «Via chi tradisce sul Kosovo»

BELGRADO Non solo pressioni diplomatiche dall’esterno, comunque legittime. Ora anche un pugno di estremisti e ultranazionalisti, che minacciano violenze e persino l’eliminazione fisica dei «traditori», leggi il presidente serbo Aleksandar Vučić.
È lo scenario che ha messo sottosopra la Serbia, dopo una mini-protesta dell’ultradestra contro un possibile sì di Belgrado al misterioso piano franco-tedesco sul Kosovo, che negli auspici di Ue e Usa dovrebbe portare a una prima normalizzazione nei rapporti tra Serbia e Kosovo attraverso una sorta di semi-riconoscimento de facto. Piano che non piace assolutamente a ridotte frange ultranazionalistiche in Serbia, che si sono organizzate per esprimere – in modo preoccupante – il loro no e la loro rabbia contro il dialogo con Pristina, e per segnalare a chi si ispirano.
L’altra notte alcune centinaia di nazionalisti - non certo i numeri che si vedevano in città un decennio e passa fa - si sono riuniti prima davanti alla statua in onore dello zar russo Nicola secondo, nel cuore di Belgrado. E poi hanno fatto rotta verso il vicino edificio della presidenza serba, tentando anche di scavalcare le barriere che proteggono il quartier generale di Vučić. Assalto mancato solo per il pronto intervento della polizia in tenuta antisommossa. «Serbia, Russia, non abbiamo bisogno della Ue»; «nessuna resa»; «via i traditori», alcuni degli slogan urlati dai pochi esagitati schierati davanti alla presidenza. «Dov’è Vučić?», altro grido che si è alzato nella notte belgradese. «Il governo ha paura della rivolta, giuro che siamo pronti anche a qualcosa di più», ha promesso davanti ai palazzi del potere Damjan Knezević, leader delle “Narodne patrole”, gruppuscolo di ultradestra celebre per le ronde anti-migranti e che vanta contatti coi paramilitari russi del gruppo Wagner. E proprio gente con i simboli di Wagner è stata notata attorno alla presidenza, assieme a manifestanti con il volto coperto da passamontagna, mentre altri si sono dedicati a bruciare bandiere Ue. Si sono anche udite aperte minacce contro chi firmerà un eventuale accordo con il Kosovo, traditore che dovrebbe dimettersi prima della “resa”. O andrebbe «eliminato» fisicamente. Prima della protesta un esponente nazionalista sarebbe stato fermato mentre era in viaggio per Belgrado, trovato in possesso di un’arma da fuoco.
La protesta, limitata nelle dimensioni ma inquietante nei toni, ha spinto Vučić a convocare subito i vertici dei servizi di sicurezza e a concedere poi dichiarazioni-fiume ai media amici. I manifestanti forse non sono filorussi ma di sicuro «sono anti-serbi» e non «ho certo bisogno che qualcuno di Wagner mi venga a dire cosa fare», ha detto il presidente serbo. Vučić ha poi rincarato, intervenendo dagli schermi della Tv privata Pink. Sbaglia «chiunque pensi di poter rovesciare uno Stato serio con menzogne brutali o con minacce e qualche fucile», anche se «sostenuto da collegamenti con l’estero», ha aggiunto cripticamente. Ancora più duro il ministro degli Esteri Ivica Dačić, che ha parlato apertamente di un «tentativo di colpo di Stato» che sarebbe stato ordito dall’ultradestra extraparlamentare e addirittura di un piano «per uccidere Vučić» mirato a prendere il potere con la forza. Che qualcosa di serio possa esserci è confermato dalle mosse della polizia serba. Che ieri ha annunciato di aver arrestato tre persone, accusate di aver pianificato di sovvertire l’ordine costituzionale e di possesso di armi ed esplosivi.
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