Serbia-Kosovo, doccia fredda su Pristina: «Niente Onu senza l’ok di Cina e Russia»

In attesa del nuovo incontro fra i due leader emergono ulteriori ombre sull’intesa di principio raggiunta a Bruxelles
Stefano Giantin
Albin Kurti, primo ministro del Kosovo
Albin Kurti, primo ministro del Kosovo

Il 18 marzo, data-chiave in cui è previsto un incontro in terra macedone, risolutivo negli auspici della Ue, si avvicina. Ma la situazione continua ad avvilupparsi: riguarda l’accordo di normalizzazione tra Serbia e Kosovo, che i due contendenti hanno accettato in linea di principio a fine febbraio. Irrisolto rimane però il nodo della road map che dovrebbe portare alla sua implementazione nei prossimi mesi e che sarà discussa dal presidente serbo Aleksandar Vučić e dal premier kosovaro Albin Kurti appunto a Ohrid, in Macedonia del Nord, tra meno di due settimane. Nodo che rischia tuttavia di minare alla base l’intesa – o quantomeno di ridurne l’importanza.

È quanto suggerisce un documento diffuso dalla stampa serba, che riguarda l’applicazione dell’articolo 4 dell’intesa tra Serbia e Kosovo, quello più esplosivo e problematico. L’articolo 4, ricordiamo, mette nero su bianco che Belgrado non si opporrà in futuro «all’ingresso del Kosovo in qualsivoglia organizzazione internazionale», sottinteso anche le Nazioni Unite. Il comma è di fatto l’architrave dell’accordo propugnato da Bruxelles, dato che descrive una rappacificazione tra Belgrado e Pristina sul modello di quella tra Bonn e Berlino Est, senza un riconoscimento di fatto ma col via libera all’entrata del Kosovo nel gotha della diplomazia globale, l’Onu. Belgrado intanto ha negato con forza per bocca di Vučić che la Serbia accetterà mai questo passo, assicurando che l’intesa non prevede un mutuo riconoscimento e l’ok serbo al Kosovo al Palazzo di vetro, condizione essenziale per il sì kosovaro alla normalizzazione.

Come stanno realmente le cose? Non sembra bene per Pristina, se saranno confermati i contenuti di un documento pubblicato dal portale serbo Nova, compilato da anonimi diplomatici occidentali impegnati nella stesura delle “regole” di applicazione dell’accordo. Nel documento si legge che il Kosovo non dovrà fare domanda per l’ingresso all’Onu «senza l’approvazione dei cinque Paesi membri del Consiglio di sicurezza», leggi i suoi alleati Gran Bretagna, Usa e Francia, ma anche le potenze che sostengono Belgrado, ossia Russia e Cina. E Mosca, ricordiamo, ha più volte avvertito che il nodo Kosovo non andrà toccato né tantomeno risolto fino alla fine della guerra in Ucraina, quando un nuovo ordine globale sarà creato, nei desiderata del Cremlino.

Le rivelazioni ufficiose di Nova gettano nuove ombre su quella che Bruxelles ha definito una storica intesa accettata obtorto collo da Vučić e Kurti il 27 febbraio. Altre difficoltà erano affiorate giorni fa, in particolare quando Vučić aveva assicurato all’elettorato serbo che Belgrado «non riconoscerà mai il Kosovo» né de facto né indirettamente, garantendo non esserci alcuna chance che Pristina entri nell’Onu fino a quando l’attuale leader serbo siederà sulla poltrona di capo dello stato. «Entrambe le parti hanno concordato» che il testo dell’accordo, incluso l’articolo 4, «non è più aperto a discussioni, ma nessuna ha accettato ufficialmente», e il sì definitivo può arrivare solo «con la firma di entrambi», ha messo le mani avanti anche Kurti.

Intanto, mentre a Pristina non si placano le critiche verso il premier accusato di aver accettato un accordo al ribasso perché non prevede il riconoscimento, anche a Belgrado i nazionalisti cercano di riorganizzarsi. «La terra del Kosovo è sacra, i serbi non la lasceranno», hanno promesso a centinaia marciando per le vie di Belgrado nel weekend.

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