Serbia, il no alle sanzioni alla Russia mette a rischio l’adesione all’Ue

Iniziativa del parlamento europeo
Stefano Giantin
Tonino Picula
Tonino Picula

L’eccessiva vicinanza a Mosca e il rifiuto di imporre sanzioni a fianco dello schieramento occidentale potrebbe costare carissimo, alla Serbia. Che rischia addirittura una sorta di stop ai negoziati d’adesione con la Ue.

È lo scenario, fosco per il Paese balcanico, che si potrebbe concretizzare nelle prossime settimane, a meno di cambi di rotta improvvisi e inaspettati da parte serba. Lo suggerisce una bozza di una risoluzione che sarà messa ai voti dell’Europarlamento a ottobre, il cui testo è stato fatto trapelare ai media balcanici.

Risoluzione, che sarebbe fortemente sostenuta in particolare dai Socialisti e Democratici (S&D), che contiene dei «suggerimenti» alla Commissione, al Consiglio europeo e all’Alto rappresentante Ue agli Esteri su come procedere sulla già ora accidentata strada «dell’allargamento» dell’Unione. Potrebbe esserlo ancora di più nel prossimo futuro, per la Serbia, che dovrebbe poter «continuare i negoziati d’adesione solo se il Paese si allineerà con le sanzioni europee contro la Russia», il passo più significativo della bozza, riportato da varie agenzie di stampa regionali, tra cui Fonet, Beta e Tanjug. E il cui “architetto” principale sarebbe l’europarlamentare croato Tonino Picula. Solo boutade? Non sembra. Che sia questa la linea da seguire lo aveva detto lo stesso gruppo S&D su Twitter nei giorni scorsi, commentando la firma del controverso “piano di consultazioni” tra ministri degli Esteri serbo e russo, siglato a New York. «La Ue – si legge nel tweet – non può continuare i negoziati d’adesione con la Serbia se essa non si allinea» alla politica delle sanzioni. E ciò «è cosa diremo all’Europarlamento» in occasione delle discussioni sul prossimo rapporto sull’allargamento, la promessa.

Ancora più chiaro era stato lo stesso Picula, che aveva stigmatizzato la posizione serba parlando di «grande delusione» per la firma dell’ultima accordo Belgrado-Mosca, soprattutto perché a porla sul documento era stato un ministro, Selaković in questo caso, di un «Paese che aspira a entrare nella Ue». Cosa accadrà ora? Intanto, la risoluzione, è emerso in questi giorni, dovrà prima passare al vaglio della commissione Esteri dell’Eurocamera, il prossimo 13 ottobre, mentre il voto al Parlamento di Strasburgo è atteso a novembre. Risoluzioni del Parlamento, ricordiamo, che hanno solo valore consultivo e d’indirizzo, ma il rischio che gli organi esecutivi Ue recepiscano il “consiglio” è grande e il timore che ciò avvenga è sentito, a Belgrado, sia nella leadership al potere sia nell’opposizione, con l’Ssp che ha parlato di «mossa sbagliata» da parte della Ue.

Ue che però potrebbe anche andare oltre, hanno rivelato ieri fonti diplomatiche, evocando – come possibili rappresaglie europee in caso di mancata introduzione di sanzioni - un possibile stop ai fondi Ue a Belgrado e addirittura la sospensione dei viaggi senza visti nella Ue per i serbi.

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