Scontri fra serbi e truppe della Nato, feriti in Kosovo 11 militari italiani

BELGRADO. Municipi trasformati in caserme, circondati da blindati e filo spinato, sorvegliati da forze speciali armate fino ai denti, inclusi i cecchini, e anche da soldati Nato. Dall’altra parte migliaia di serbi arrabbiati, che osservano con sconcerto quelli che fino a qualche mese fa erano gli edifici sedi delle loro istituzioni, ora simbolo di quella che definiscono una vera «occupazione» contro cui opporsi. Gravi incidenti sono in questo quadro inevitabili, con feriti - undici - anche tra i militari italiani della missione Kfor.

Si può riassumere così l’ormai esplosiva situazione nel nord del Kosovo, da venerdì alle prese con l’ennesima crisi – ma quella in corso è la più preoccupante da mesi. Crisi deflagrata dopo la decisione di Pristina che, malgrado gli appelli da Ue e Usa a fare un passo indietro, è andata avanti la settimana scorsa con l’insediamento “coatto” dei sindaci di etnia albanese nel nord del Kosovo a maggioranza serba, eletti nel voto amministrativo del 23 aprile boicottato dai serbi. Sindaci che hanno preso possesso dei comuni, issato la bandiera kosovara, rimuovendo il tricolore serbo, uno schiaffo alla popolazione locale. Infine, l’intervento estremamente energico venerdì della polizia, in particolare nella cittadina di Zvecan, per allontanare i serbi che protestavano, spianando la strada alla rivolta.

La situazione è tutt’altro che rientrata. Ieri di buon mattino migliaia di serbi si sono riuniti nuovamente a Zvecan, Leposavic e Zubin Potok, accerchiando i municipi della discordia, in un clima di crescente tensione, col fischio delle sirene a chiamare a raccolta la folla e la polizia kosovara che, a Zvecan, ha nuovamente usato i lacrimogeni già di mattina. I dimostranti serbi hanno ribadito la richiesta del ritiro delle forze speciali kosovare dai municipi, e della rinuncia alla carica da parte dei sindaci di etnia albanese non riconosciuti dai serbi, che pure avevano accettato che i municipi fossero controllati dalla missione Nato, la Kfor. Kfor che da ieri è stata dispiegata in maniera massiccia a nord, con militari addestrati per il servizio di ordine pubblico, molti italiani, che si sono in più occasioni interposti tra dimostranti e polizia kosovara.

Zvecan, dopo alcune ore di relativa calma, nel pomeriggio è tornata epicentro della crisi. Poco prima delle 17, dopo negoziati falliti con leader politici serbi locali, i militari Kfor hanno tentato di disperdere con la forza i manifestanti serbi che si erano seduti tenendosi per mano, in segno di protesta, davanti al comune di Zvecan fomentando la reazione rabbiosa con sassi, bottiglie e molotov lanciati da serbi. Per decine di minuti è stato il caos. È stato registrato un nuovo lancio di lacrimogeni e bombe assordanti; e poi violenti incidenti tra dimostranti serbi e truppe Nato in tenuta antisommossa – tra cui i militari italiani, in prima fila, con elmetti, scudi e manganelli. Si sono anche di nuovo uditi colpi d’arma da fuoco e di fucili automatici, di ignota provenienza.

Bilancio degli scontri; svariati feriti tra i serbi, tra cui due gravi. Feriti anche 25 militari Nato, tra cui 11 italiani, «di cui tre in condizioni serie ma non in pericolo di vita», ha fatto sapere via Twitter il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Ferma condanna» è stata espressa in serata da parte della Nato per gli «attacchi non provocati contro le truppe della Kfor», attacchi «totalmente inaccettabili». In Italia la premier Giorgia Meloni, esprimendo vicinanza ai militari italiani feriti, ha definito quanto sta accadendo in Kosovo «assolutamente inaccettabile e irresponsabile. Non tollereremo ulteriori attacchi nei confronti di Kfor».

Riproduzione riservata © il Nord Est