Scienza senza confini. L’esempio dei prof italiani che insegnano nell’Università slovena

Sono una trentina i docenti che si spostano ogni giorno da un Paese all’altro

per andare a insegnare a Nova Gorica. «Le barriere non esistono. Le lezioni? In inglese»

Alex Pessotto
Ricercatore all'opera a Valdirose in Slovenia. Foto Bumbaca
Ricercatore all'opera a Valdirose in Slovenia. Foto Bumbaca

Scorrendo i nomi che formano il corpo docente dell’università di Nova Gorica, ci si imbatte in una trentina di insegnanti con chiare origini italiane. Una vera e propria mini comunità di connazionali all’estero - formata da 14 dipendenti e da altrettanti esterni -, perfetta sintesi di quella vocazione internazionale e transfrontaliera che è alla base di Go!2025.

Dall'alto a sinistra in senso orario: Marco Acri, Claudia D’Ercole, Mattia Fanetti, Ario De Marco, Sandra Gardonio, Barbara Ressel
Dall'alto a sinistra in senso orario: Marco Acri, Claudia D’Ercole, Mattia Fanetti, Ario De Marco, Sandra Gardonio, Barbara Ressel

Ma perché tanti italiani insegnano nella città slovena? Andiamo con ordine. Anche perché l’attività dell’ateneo di Nova Gorica, diciamolo pure, non è “da noi” molto conosciuta. Ebbene, essa si estende su tre sedi: quella di Valdirose, quella di Vipacco e quella di Aidussina.

L’università nasce nel 2006, fondata dal locale Comune e dall’Istituto Jožef Stefan di Lubiana. In precedenza, pur avendo sostanzialmente la stessa struttura, gli stessi programmi di formazione, si poteva definire “politecnico”. Risulta una realtà privata dato che in Slovenia solo quelle individuate dal Ministero di riferimento sono pubbliche. Il suo rettore è Boštjan Golob e, al di là dei docenti italiani, ce ne sono altri appartenenti a più nazionalità. Per gli studenti vale lo stesso discorso: in tutto, nell’anno accademico 2024-2025 sono 541.

L’ambiente è dinamico, di chiara impronta multiculturale con l’inglese che, nei corsi, è la lingua spesso e volentieri utilizzata. In questo senso, per Go!2025 può rappresentare un modello: «Sì, la nostra è stata da sempre un’università con una notevole vocazione internazionale» racconta Mladin Franko, docente sloveno di chimica, mentre Ario de Marco, laureato in agraria a Udine, è nato e vive a Gorizia. Dopo parecchie esperienze in più Paesi, l’ultima a Parigi, a Nova Gorica insegna biochimica da dieci anni. «Lavorare in questa università – commenta de Marco – per me ha costituito l’occasione per tornare a casa, per avvicinarmi alla famiglia». E, con i colleghi, non ci sono problemi. Anzi, de Marco definisce i loro rapporti «molto buoni».

Anche prof. che vengono dal Sincrotrone di Trieste

In questa curiosità rappresentata dai docenti italiani che insegnano a Nova Gorica, se ne inserisce un’altra: quella di coloro che provengono dal Sincrotrone di Trieste, come nel caso di Barbara Ressel, Sandra Gardonio, Giovanni De Ninno e Mattia Fanetti. La prima, laureata all’ateneo giuliano, pur continuando a vivere a Trieste non ha esitato ad andare a lavorare in Slovenia: «Nel 2012, l’Italia si è trovata con una carenza di finanziamenti relativamente alla ricerca. Il mio contratto era a tempo determinato, allora ho voluto cercare una posizione più stabile e poi in quel periodo, all’università di Nova Gorica, si stavano portando avanti più progetti europei». Ora insegna ad Aidussina, in inglese: «Non ho provato con altre università italiane e forse adesso potrei tentare un rientro nel mio Paese, ma, in fondo, sto bene dove sto, anche se le paghe, in Slovenia, sono leggermente inferiori rispetto alle nostre».

Del resto, anche Sandra Gardonio, nativa di Cordenons e laureata a Padova, viene dal Sincrotrone, vive a Trieste ed insegna ad Aidussina. «Nel 2010 – dice – il Sincrotrone si stava espandendo, ma c’era una grande difficoltà ad avere posizioni a tempo indeterminato. In altre parole, si navigava a vista e io, a quel tempo, cercavo una situazione più stabile. In quel periodo, in Italia, nel mondo della ricerca il precariato era estremamente pesante».

E da Trieste provengono poi Giovanni De Ninno e Mattia Fanetti, laureato a Brescia, ma all’ateneo di Nova Gorica dal 2012, mentre Marco Acri, nato a Treviso, architetto, ha iniziato a lavorare nella città slovena nel 2007 e, dal 2012, ne è un insegnante fisso, precisamente a Valdirose, pur vivendo ormai a Gorizia, con la sua compagna, docente nella medesima università: Saša Dobričič. «Questo è un ambiente dinamico: mi permette di portare avanti i progetti con agilità, i colleghi sono disponibili. Certo, è un ateneo piccolo e aver più massa sarebbe preferibile» afferma.

E, tra le tante storie degli insegnanti italiani all’università di Nova Gorica, c’è quella di Claudia D’Ercole che ha una collaborazione con l’ateneo sloveno quale ricercatrice. È di Lanciano (Abruzzo) e ha studiato prima ad Ancona, poi a Firenze. In seguito, qui le si è presentata un’occasione per svolgere un dottorato di ricerca. Si è trasferita, e ora vive a Gorizia. «Questa è un’università piccola, ma molto internazionale, stimolante: per esempio, ho conosciuto dottorande dalla Nigeria, dall’Ucraina – dichiara –. E poi possiamo stringere sinergie con altri istituti di diverse parti del mondo: ci sono opportunità di condivisione, di crescita. E con i colleghi mi trovo bene. Sì, il livello scientifico del mio laboratorio è buono, stiamo portando avanti più progetti europei». Proprio nel pieno spirito di Go!2025.

Le storie

Marco Acri: lo sviluppo di temi comuni

«L’allora Politecnico di Nova Gorica e lo Iuav di Venezia organizzavano un corso sulla gestione del patrimonio che si è tenuto proprio a Venezia nel 2019 – riferisce Marco Acri –. Io avevo cominciato a collaborare con l’ateneo sloveno fino a diventarne organico e sono anche coinvolto in Go! 2025: la vedo un’iniziativa potenzialmente positiva per le due città, per sviluppare temi comuni, anche a livello universitario. E la Capitale europea della Cultura consente pure di rivedere il ruolo delle università di area transfrontaliera, che erano considerate un po’ marginali: la sensazione era che non fossero centrali per lo sviluppo delle due città». 

Claudia D’Ercole: i cantieri e l’impatto con la periferia

«Sento parlare della Capitale europea della Cultura tutti i giorni e vedo cantieri ovunque, anche se, nel concreto, non ho ancora ben capito cosa si voglia fare per questo evento. E il 2025 è ormai dietro l’angolo – riflette Claudia D’Ercole –. Gorizia, appena sono arrivata, per me ha rappresentato uno shock: venivo da una grande città come Firenze, in piena epoca Covid, ma ora qui sto davvero bene. Mi basta fare piccole distanze per avere tutto ciò che mi serve. E poi il mare e la montagna non sono lontani. Allora, posso dire che non mi manca nulla, anche se non credo di restare a vita in questo territorio. In ogni caso, dipenderà sempre dalle opportunità lavorative». 

Mattia Fanetti: il buon livello della didattica

 

«Il mio contratto al Sincrotrone stava per terminare: potevo cercarne un altro, anche in altre parti d’Italia, ma avevo saputo che qui si stavano aprendo dei laboratori. Ecco, tutto è nato così. E qui mi sono sempre trovato bene – commenta Mattia Fanetti –. Certo, parliamo di un’università piccola rispetto alla media di quelle italiane, con i relativi pro e i contro, ma il livello della didattica e della ricerca è buono, i docenti sono validi. Il Sincrotrone è una realtà più strutturata, ma all’ateneo di Nova Gorica si lavora in maniera snella, con macchinari nuovi. E poi l’ambiente è internazionale, con provenienze da molti Paesi. Quindi, non sento la necessità di dover andare altrove». 

Ario De Marco: la spiccata propensione alla ricerca

«A Valdirose mi trovo bene – racconta Ario de Marco –. È una piccola realtà. Ciò è uno svantaggio, perché impedisce grandi possibilità di confronto con i colleghi, ma d’altra parte, suggerisce collaborazioni con l’esterno e noi ne abbiamo con Austria, Repubblica Ceca, Polonia, Belgio, Lussemburgo e con l’università Federico II di Napoli per un programma su una malattia rara. Quindi, possiamo rapportarci con i massimi esperti del settore attraverso i contatti con i consorzi internazionali di cui disponiamo. Nel complesso, l’ateneo di Nova Gorica ha una spiccata propensione alla ricerca e una sua eccellenza è costituita dalle materie artistiche».

Sandra Gardonio: quei 100 chilometri che pesano

«Avevo visto che sul sito Internet dell’università di Nova Gorica c’erano dei bandi chiusi per reperire docenti. Ho comunque avanzato una proposta e sono stata richiamata – dichiara Sandra Gardonio –. In questa quindicina d’anni, nell’ateneo dove insegno ho visto una trasformazione continua. Fare un centinaio di chilometri al giorno è pesante e qualche diversità culturale tra Italia e Slovenia, nonostante il confine in pratica non esista più, si fa sentire: i due sistemi sono pur sempre differenti. Ma a Nova Gorica non emerge soltanto il confronto fra cultura italiana e slovena, ma tra più culture: è un ambiente internazionale, un esempio molto interessante che permette di superare ogni barriera».

Barbara Ressel: il confronto alla pari con Lubiana

 

«Percorrere ogni giorno cento chilometri in automobile per raggiungere la sede non è il massimo, ma, nel complesso, davvero non mi posso lamentare – afferma Barbara Ressel –. Il livello dell’università è molto buono. Purtroppo, facciamo fatica a reperire studenti nonostante una gran promozione a livello europeo. Siamo paragonabili all’ateneo di Lubiana, abbiamo contatti con molte realtà internazionali, ma sono in tanti a preferire la capitale. Sì, siamo davvero attivi, anche se non lo sanno in tanti: spero quindi che l’opportunità che siamo in grado di offrire venga colta nel migliore dei modi».

 

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