Lo scandalo intercettazioni infiamma la Macedonia

Alla vigilia delle amministrative il premier Mickoski accusa i servizi di averlo spiato. L'opposizione accusa il primo ministro di aver creato una montatura a fini elettorali

Stefano Giantin
ll premier conservatore della Macedonia Hristijan Mickoski
ll premier conservatore della Macedonia Hristijan Mickoski

La Bosnia ribolle, in Serbia qualcuno evoca la guerra civile tra opposti schieramenti dopo mesi di proteste, mentre il Kosovo è ancora senza un governo, a mesi dalle elezioni di febbraio. E ora, a rendere il quadro ancora più fosco, rischia di aprirsi un nuovo fronte caldo nei Balcani.

Fronte che riguarda la Macedonia del Nord, dove uno scandalo, dai contorni ancora confusi, appare destinato a sconquassare la politica nazionale, a poche settimane dalle importanti elezioni amministrative di ottobre.

A gettare il sasso è stato l’attuale premier conservatore Hristijan Mickoski, salito al potere l’anno scorso, che ha denunciato di essere stato bersaglio di intercettazioni illegali, assieme ad altri esponenti del suo partito, i nazionalisti dell’Vmro-Dpmne, quando questo era all’opposizione.

Le intercettazioni sarebbero «un fatto» reale, ha attaccato Mickoski, sostenendo che le due maggiori agenzie di intelligence nazionali, la Ar e la Anb, sarebbero «profondamente coinvolte» nel caso, che riguarderebbe non solo politici un tempo all’opposizione, ma anche giornalisti e uomini d’affari. E «mi aspetto che i ratti colpevoli finiscano dietro le sbarre».

Ma è immaginabile che l’opposizione, in un Paese che aspira alla Ue, sia segretamente spiata? Bojan Hristovski, nuovo capo dell’Anb, si è esposto in prima persona, parlando di un quadro effettivamente intricato e aggiungendo che l’agenzia ha già fornito documentazione riservata alla magistratura, che ha aperto un’inchiesta che si prospetta delicatissima.

I servizi non agiscono generalmente di propria sponte. E se l’opposizione macedone è stata realmente spiata – un «nuovo scandalo» e «un attacco alla democrazia», lo ha definito il premier in carica – tutti gli occhi puntano immediatamente su chi è stato al potere al tempo del presunto caso di spionaggio, ossia l’Sdsm, oggi maggior partito di opposizione, al governo dal 2017 con il leader europeista Zoran Zaev, seguito da Dimitar Kovačevski, fino alla sconfitta alle urne nel 2024.

Malgrado Mickoski non abbia accusato apertamente l’Sdsm, i socialdemocratici sono già sulle barricate. La portavoce del partito, Bogdanka Kuzeska, ha parlato di «dichiarazioni contraddittorie» di Mickoski e del direttore dell’Anb, Zoran Hristovski, suggerendo che si tratti di una montatura in chiave politica. E se tutti i documenti non saranno resi pubblici, il caso potrebbe rivelarsi «un altro tentativo fallito di manipolazione da parte del governo e di abuso pre-elettorale», ha accusato.

Scambi di fendenti che preoccupano, perché Skopje non è nuova a scandali del genere. Come quello del 2015, quando Zaev, allora all’opposizione, svelò che il premier Gruevski aveva messo illegalmente sotto monitoraggio 20 mila persone, tra politici di minoranza, giornalisti, giudici e attivisti. Fu la miccia di massicce proteste, durate mesi, che portarono alla caduta di Gruevski e al voto anticipato. Ma qualche anno dopo, le parti – almeno secondo il governo – si sarebbero invertite. —

 

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