Scaffali vuoti a Belgrado: lo strano caso del latte diventato introvabile
Nuova carenza dopo quella dello zucchero, emersa a inizio estate. Le difficoltà di approvvigionamento confermate da grandi catene

BELGRADO Scaffali vuoti o quantomeno sguarniti in moltissimi negozi, cittadini preoccupati che si chiedono cosa stia accadendo, indici puntati contro ignoti speculatori, dubbi sulla tenuta del sistema, ansie per l’inverno. Sono le sensazioni che si percepiscono in Serbia, Paese che – per la seconda volta dall’inizio della guerra in Ucraina – sta sperimentando “strane” carenze di prodotti-chiave in drogherie e supermercati. Era accaduto a giugno, quando lo zucchero ero scomparso per giorni. E qualcosa di speculare sta ora accadendo di nuovo, con un prodotto di base soprattutto per la dieta dei bambini. Si tratta del latte – sia fresco sia a lunga conservazione – introvabile in moltissime parti della Serbia, capitale inclusa, in quello che è un caso all’insegna del giallo.
Basta andare in un supermercato nel centro di Belgrado per verificare il problema dell’assenza di latte, a parte qualche cartone rimasto in fondo alle mensole, nascosto. Ma sono ben visibili cartelli che – inutilmente, perché spesso appunto manca il prodotto – avvisano che ogni consumatore avrebbe in teoria diritto all’acquisto di un massimo di dodici confezioni di latte alla volta. «Da Aroma c’è», assicura però per strada un signore, Milivoje. Una passante conferma, ma dice che si tratta di «latte di importazione, dalla Slovenia», generalmente molto più caro. Un altro, poco distante, ascolta la conversazione e si inserisce affermando che nel negozio sotto casa invece manca del tutto. Sui social circolano discorsi simili, tra preoccupazioni, rabbia – per il fatto che “l’oro bianco” serbo sarebbe invece venduto in abbondanza nei Paesi vicini – e ironia. Qualcuno ha così postato una foto di cartoni di latte “made in Serbia” in un negozio di Vienna. Il sarcastico commento a corredo recita: «Anche il latte scappa in Austria», in riferimento all’emigrazione incontrollabile che sta desertificando i Paesi balcanici, Serbia inclusa.
Come che sia, sulle ragioni della carenza di latte in un Paese a forte vocazione agricola il mistero rimane fitto, con i media locali che da giorni cercano di risolvere senza successo il giallo. Che ci siano difficoltà è stato confermato da grandi catene di distribuzione, che hanno ammesso che per qualche ragione «da alcune settimane sono evidenti una maggiore richiesta di latte da parte dei consumatori e una significativa riduzione delle forniture» da parte dei produttori, ha informato ad esempio il colosso Merkator. Un aumento della domanda potrebbe essere la causa della carenza, ha suggerito anche la Camera di commercio di Belgrado, che ha parlato di «un incremento del 20%, negli ultimi tre mesi, della domanda dei consumatori di prodotti alimentari di base», dunque non solo latte, fattore che innervosisce i venditori, «che ogni giorno investono grandi energia per assicurare» che gli scaffali rimangano forniti.
«Non si tratta di speculazione ma del risultato della mancata attenzione» al comparto agricolo e agli allevamenti, è l’altra campana, resa pubblica da Dejan Bulatović del partito di opposizione Stranka Slobode i Pravde. E potrebbe essere questa la pista giusta. Il latte non c’è o non arriva in sufficienza nei negozi, dove comunque i prezzi al dettaglio sono saliti di molto negli ultimi mesi, perché a tanti allevatori esso viene pagato solo «40 o 50 dinari» al litro dai grandi colossi che riforniscono poi i negozi, quindici dinari meno del costo di produzione, ha denunciano Sanja Bugarski, membro di un’associazione che rappresenta gli allevatori nel Paese balcanico. E così molti allevamenti avrebbero preferito vendere le mucche o macellarle.
I dati dei produttori di latte in Serbia corroborano il quadro e parlano di sole 180mila vacche da latte attive oggi nel Paese, contro le 450-500.000 di soli sei, sette anni fa. «Il settore caseario è morto», hanno confermato ieri vari proprietari di allevamenti ai media locali. «Le perdite si accumulano da anni, queste carenze attuali sono solo un inizio», anche perché il conflitto in Ucraina, anche in Serbia, ha determinato crescite incontrollate del prezzo di carburanti, fertilizzanti, mangimi. E le scene odierne da “economia di guerra” potrebbero essere solo un prologo di un inverno che si prospetta difficile.
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