Sarajevo, salta l’incontro dei Rabbini europei: «La città che fu assediata oggi è dalla parte di Gaza»
Esplode il caso della riunione cancellata dopo l’appello di un ministro della Federazione bosgnacco-croata. Dodik: «Qui impera l’odio»

Un ministro chiede pubblicamente la cancellazione di un importante evento religioso internazionale. A stretto giro di posta, l’hotel che doveva ospitarlo annulla la disponibilità che aveva in precedenza assicurato. E tutto salta, tra enormi polemiche. Sono i contorni di un caso che sta facendo discutere, in Bosnia-Erzegovina e oltre.
Il caso riguarda la cancellazione della riunione bi-annuale della Conferenza Rabbinica Europea (Cer), in programma a Sarajevo dal 16 al 18 giugno. Conferenza che tuttavia non si terrà nella capitale bosniaca, dopo che «l’hotel ha improvvisamente cancellato» la prenotazione della Cer, hanno annunciato gli organizzatori.
La ragione? Tutto è partito con un appello-denuncia pubblico fatto da Adnan Delić, ministro del Lavoro e Politiche sociali nella Federazione bosgnacco-croata, che aveva anticipato che «non si deve permettere che Sarajevo diventi un luogo che giustifica un genocidio». «Sarajevo – ha continuato Delić – è sempre stata e sempre sarà dalla parte giusta della storia» e oggi è «dalla parte di Gaza». E sarebbe eticamente corretto che l’evento venisse «cancellato», ha spiegato, perché Sarajevo, «città che ha vissuto il più lungo assedio della storia europea», non è il posto giusto per una conferenza che «esprime sostegno» a Israele.
Ma critiche contro l’evento della Cer sono arrivate anche da intellettuali e dall’ex numero uno della Comunità islamica di Bosnia, Mustafa Cerić. Subito dopo, sarebbe arrivato il forfait dell’hotel che doveva ospitare i rabbini europei della Cer, organizzazione che include più di mille comunità ebraiche del Vecchio continente, ha denunciato la stessa Conferenza. La quale è andata giù durissima contro quella Sarajevo che si definisce «città dell’apertura e della tolleranza» ma lo sarebbe «per tutti, tranne che per gli ebrei». E ha chiesto perfino che il percorso verso la Ue della Bosnia «venga fermato».
Le polemiche intanto infiammano gli animi. Un Paese candidato all’adesione deve «rispettare» diritti, valori europei e principi di tolleranza, è la dura critica del portavoce della Commissione europea, Markus Lammert, che ha definito «triste» la cancellazione dell’evento.
Ad approfittare della situazione è stato invece il leader nazionalista serbo-bosniaco Milorad Dodik, che ha accusato Sarajevo di essere «una città musulmana in cui impera l’odio, che da tempo ha bandito Israele, come pure la Republika Srpska». Sarajevo ha svelato «al mondo intero il suo lato oscuro», ha rincarato la rappresentante serba nella presidenza tripartita, Željka Cvijanović. «Condanniamo con forza le azioni antisemitiche di alcune autorità a Sarajevo», ha fatto eco anche il presidente dell’Hdz-BiH, Drang Čović. «Quando leggo le interpretazioni politiche e i messaggi sui social ho l’impressione» che venga a galla di nuovo un sentimento antisemita, ci sia l’idea che qualcuno «attenda di mandarci via», ha affermato invece il rispettatissimo Jakob Finci, ex ambasciatore e presidente della Comunità ebraica in Bosnia.
Opposte le voci del ministro degli Esteri Konaković e della Comunità palestinese a Sarajevo, che ha sostenuto che la conferenza sarebbe stata solo una provocazione pensata ad arte per «screditare» Sarajevo, da sempre città aperta e tollerante. E lo confermano le parole dell’attuale capo della comunità islamica in Bosnia-Erzegovina, il reis-ul-ulema Husein Kavazović. Il quale ha ribadito che «Sarajevo è una città libera» e «spero che un simile incontro si tenga a Sarajevo e, se posso contribuire, sarò lieto di rispondere» positivamente. —
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