Rubata e sparita a Mostar la statua di Bruce Lee, simbolo anti nazionalista
L’opera era stata eretta nel 2005 per trovare almeno un punto in comune tra bosgnacchi e croati in un Paese ancora dilaniato dalle divisioni

MOSTAR «È scomparso Bruce Lee», si sente dire in città, a Mostar, con tanta gente commossa che va ad accendere poi un cero alla memoria. Ma non si tratta di un vecchio articolo di giornale, dedicato al decesso della star del cinema e delle arti marziali, avvenuto nel lontano 1973 a Hong Kong, bensì dei contorni di una notizia che sta facendo discutere in questi giorni i Balcani. E la Bosnia in particolare. È infatti proprio la Bosnia, per la precisione Mostar, a essere teatro di un vero e proprio giallo: la sparizione, per mano di ignoti, di uno storico monumento a Bruce Lee, il primo al mondo a lui dedicato, collocato fino a qualche giorno fa nel parco principale della città bosniaca, durante e anche dopo la guerra ancora divisa da profonde linee etniche, tra croati e bosgnacchi musulmani.
Un passo indietro
Ma che ci faceva, Bruce Lee, a Mostar? Per capirlo, bisogna andare indietro al novembre 2005, l’anno in cui la statua di Bruce Lee, a grandezza reale e in posa da combattimento di Kung fu, alta quasi un metro e settanta, fu piazzata nel centro della città, due anni dopo la ricostruzione e la riapertura dello storico ponte, abbattuto durante la guerra dalle forze croato-bosniache. Ma un ponte può anche non collegare realmente una Mostar che rimaneva – e per certi versi ancora rimane - divisa tra croati e bosgnacchi, ognuno serrato nel proprio nazionalismo, una storia conflittuale e una memoria non condivisa. Da qui l’idea dei giovani dello “Urban Pokret” (Movimento urbano) che, sostenuti dall’ambasciata tedesca e dalla Cina, collocarono una nuova opera iconica, la statua di bronzo di Lee, opera dello scultore croato Ivan Fioljoc, nel parco nella parte occidentale di Mostar, su un piedistallo con l’iscrizione «A Bruce Lee, la tua Mostar», richiamandosi a un simbolo “forestiero” nella lotta per la giustizia.
Un’idea di giustizia universale
«Saremo sempre musulmani, serbi o croati, ma una cosa abbiamo in comune, Bruce Lee», disse ai tempi Veselin Gatalo, una delle anime del movimento giovanile, “padre” del Lee di Mostar. Quel monumento, aveva aggiunto, e è un «tentativo di mettere in discussione simboli vecchi e nuovi», ma anche un modo per diffondere una idea di «giustizia universale, del buono che può vincere», con un personaggio amatissimo in tutta l’ex Jugoslavia.
Le candele rimaste
Ma Bruce Lee, a Mostar, oggi non c’è più, rimangono solo delle candele accese da qualcuno sul piedistallo. E della leggendaria statua nessuna notizia. «Il 3 marzo ne è stata denunciata la scomparsa, le indagini sono in corso», ha informato la polizia, che al momento brancola nel buio, dato che del Bruce Lee balcanico non c’è traccia, per ora, forse rubato da ladri di metallo. O forse eliminato da qualcuno a cui quella statua in onore del re del Kung fu, in realtà una sfida al nazionalismo e simbolo di pace, non piaceva.
Una provocazione
«Rappresentava una provocazione rispetto allo spazio pubblico “iper-nazionalizzato, in quella Mostar divisa in due opposti nazionalismi, dove ogni angolo e ogni via, ogni lapide fanno riferimento a una specifica parte», spiega al Piccolo lo storico Eric Gobetti, che del monumento a Bruce Lee e delle divisioni interetniche in città si era occupato fin dall’inizio con alcuni lavori di antropologia visuale e poi nel 2017 in uno scritto su “Memoria e Ricerca”. Bruce Lee, invece, doveva essere «una figura in cui tutti potevano identificarsi a prescindere dall’appartenenza, un personaggio talmente lontano che non è di nessuno e può essere dunque di tutti».
Atti vandalici
Quella statua «ha sempre avuto problemi, in realtà», ricorda lo storico. Fin dalla sua collocazione «fu subito vandalizzata, fu anche rimossa dal Comune che non apprezzava la provocazione e poi ricollocata su pressione della società civile». Come spiegarne il “furto” oggi? «Risponderei come gli ideatori della statua dopo il primo vandalismo: si tratta di un atto vandalico e non di una scelta politica. Potrebbe essere però che l’atto sia la conseguenza di un sistema di pensiero, per cui quel simbolo è quasi offensivo rispetto alle appartenenze nazionali». E che qualcuno, bosgnacco o croato, abbia pensato di rimuoverlo. Una volta per tutte.
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