Rotta balcanica, potenziati i controlli per arginare gli arrivi

Decisione dei prefetti dopo la direttiva del Viminale anticipata da Prisco a Trieste.

Fedriga sollecita le riammissioni. Vardè: «Già registrati alcuni casi». Ics contesta

Laura Tonero

TRIESTE. «In attuazione della direttiva del ministero dell’Interno è stata concordata una rivisitazione del dispositivo di vigilanza e controllo sulla fascia confinaria della provincia di Trieste e Gorizia, decidendo di implementare i controlli con l’impiego di pattuglie aggiuntive rispetto a quelle impiegate fino ad oggi».

Le parole del prefetto e commissario di Governo Annunziato Vardè sintetizzano le decisioni prese mercoledì 7 dicembre in sede di Comitati provinciali per l’Ordine e la Sicurezza, convocati per approfondire l’indicazione arrivata dal Viminale il 28 novembre scorso e firmata dal capo di gabinetto del ministero di via Panisperna Maria Teresa Sempreviva. Il documento indica di rafforzare i controlli ai confini per arginare l’aumento dei flussi migratori irregolari che seguono la rotta balcanica, riattivando in questo modo anche i meccanismi di riammissione considerati dagli accordi italo-sloveni, come annunciato a Trieste dal sottosegretario agli Interni Emanuele Prisco (Fdi).

Per lunedì 12 dicembre il prefetto Vardè ha convocato la Conferenza regionale delle Autorità di Pubblica sicurezza, «e in quella sede - anticipa - ci confronteremo e faremo degli aggiustamenti correttivi laddove si rendessero necessari».

Conferma «un rafforzamento del pattugliamento congiunto di forze dell’ordine e dell’esercito, già impegnato in loco nell’ambito dell’operazione Strade sicure» anche il prefetto di Gorizia Raffaele Ricciardi, che riferisce anche di «una perfetta sintonia con le autorità slovene per eventuali riammissioni».

Il governatore Massimiliano Fedriga, in contatto con il ministro dell’Interno Piantedosi, definendo la situazione «insostenibile» per il Friuli Venezia Giulia, auspica che «le riammissioni partano il prima possibile», mettendo «in campo misure parallele che possano lavorare insieme per limitare gli ingressi di immigrati irregolari».

E proprio sul tema riammissioni il prefetto di Trieste, pur senza voler fornire dettagli più precisi, fa sapere che intanto «dall’invio della direttiva del Viminale ci sono già state delle riammissioni, come ci saranno in futuro, perché si procederà con quella formula laddove ricorrono i presupposti previsti dall’accordo tra Italia e Slovenia e dalla normativa vigente in materia. Dal 28 novembre c’è stata un’implementazione dei contatti, in linea appunto con quello che chiede la direttiva ministeriale».

Attorno alle riammissioni tuttavia, oggi come in passato, resta viva la polemica. A riaccenderla è il Consorzio italiano di solidarietà. «Le annunciate riammissioni dei cittadini stranieri rintracciati nell’area confinaria tra Italia e Slovenia - scrive l’Ics - sono, al di là di ogni considerazione etica, operazioni gravemente illegittime per molte ragioni giuridiche». Ics ricorda che l’Accordo di riammissione tra Italia e Slovenia, del 1996, «non è mai stato ratificato con legge di autorizzazione alla ratifica ai sensi dell’articolo 80 della Costituzione italiana», e dunque «anche ai sensi della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, è da considerarsi nullo sul piano giuridico». Per l’Ics, quindi, la riammissione è una «chiara violazione del diritto dell'Unione Europea in materia di asilo». Il consorzio presieduto da Gianfranco Schiavone chiede che il Governo italiano «chiarisca se intende riproporre nuovamente le gravissime illegalità della condotta delle autorità italiane nel 2020», quando «furono effettuate le riammissioni dei richiedenti asilo, poi cessate con ripristino della legalità a partire dal gennaio 2021».

Plaudono invece alla decisione del Viminale la deputata Nicole Matteoni e il segretario provinciale di Fratelli d’Italia Claudio Giacomelli, che ritengono che così «abbia avuto pieno riconoscimento la battaglia condotta fin dal 2013 dalla federazione triestina di Fdi. Finalmente una risposta chiara e coerente al drammatico problema della “rotta balcanica” che tanto ha messo in difficoltà la nostra Trieste». Giacomelli non risparmia una replica alle parole del presidente dell’Ics: «Sentendo Schiavone parlare di legalità e legittimità - dichiara il consigliere regionale di FdI - ci domandiamo perché non abbia mai preso posizione sull’unica questione giuridicamente certa: l’Italia non è il primo Paese Schengen sulla rotta balcanica, pertanto non dovrebbe essere l’Italia il Paese d’accoglienza. Ma questo, evidentemente, all’Ics non interessa».

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