Rotta balcanica, la Slovenia attiva i checkpoint anti migranti

Il Governo sloveno annuncia posti di blocco temporanei al confine con la Croazia. «Ma non è una violazione di Schengen»
Stefano Giantin
Un agente di polizia sloveno impegnato in un pattugliamento dei confini (Foto ministero degli Interni sloveno)
Un agente di polizia sloveno impegnato in un pattugliamento dei confini (Foto ministero degli Interni sloveno)

LUBIANA L’allargamento ai Balcani, ma anche a Moldova e Ucraina? Una sfida e un’opportunità sia per i candidati sia per la Ue. Ma gli aspiranti devono farsi trovare pronti, perché il tempo stringe e le chance si possono anche perdere. È il messaggio lanciato dal Consiglio Affari Generali informale, tenutosi ieri a Murcia e organizzato dalla presidenza spagnola della Ue, preparatorio a quello di Granada, in agenda a inizio ottobre, dove l’allargamento sarà uno dei temi principali all’attenzione delle capitali europee.

E ieri «abbiamo principalmente parlato dell'ampliamento dell'Unione. Stiamo già elaborando regole, stiamo passando all'azione per lanciare un dibattito europeo su come ottenere queste adesioni», ha confermato il Commissario Ue all’Allargamento, Oliver Varhelyi. Non sono parole vuote, perché è «imminente un nuovo pacchetto di ampliamento per dieci Paesi candidati con la prospettiva di adesione. Vogliamo creare nuove opportunità per integrare questi Paesi nel mercato unico, prima dell'adesione», un’idea che circola nelle capitali Ue che contano e che piace sempre di più anche nei Balcani.

Ma ora sono le nazioni che vogliono innalzare la bandiera blu a dodici stelle, quelle balcaniche in testa, «che devono approfittare di queste opportunità, mentre non è necessario una modifica dei trattati per accettare questi Paesi», ha assicurato Varhelyi.

L’integrazione, dunque, andrà avanti «solo sulla base del merito, ossia candidati e partner devono rispettare tutti i criteri» stabiliti da Bruxelles, ha ribadito il commissario Ue, ricalcando le parole pronunciate in mattinata dalla Croazia dalla presidentessa della Commissione europea, Ursula von der Leyen. «Quando il Consiglio sarà pronto, anche la Commissione lo sarà; semmai la domanda è se i Paesi candidati all'allargamento saranno pronti entro il 2030», ha così rimarcato Varhelyi, mentre von der Leyen aveva dichiarato che «nel nuovo contesto geostrategico l'allargamento basato sul merito ci rafforza ed è necessario e benefico per noi».

L’allargamento è una «delle maggiori sfide che l’Ue, area di valori democratici, solidarietà e prosperità, affronta. E nuovi Paesi che li condividono vogliono farne parte, dobbiamo essere pronti», ha sottolineato da parte sua il padrone di casa, il ministro degli Esteri di Madrid, José Manuel Albares Bueno. Ma rimangono aperte le domande-chiave, sul «quando» e sul «come» allargare il club europeo che più conta. Vertice, ha confermato il ministro, che è stato “operativo”, concentrandosi su temi e questioni concrete come le riforme delle istituzioni europee, l’impatto dell’allargamento sul budget Ue e il concetto dell’integrazione graduale, anche sulla base di nuove prospettive. Europa che «non deve essere una fortezza», ma deve aprirsi, una filosofia che «ha sempre avuto effetti positivi» sulla Ue, ha aggiunto Albares Bueno. Il concetto, ha spiegato il ministro, sarà incluso nell’agenda strategica Ue che sarà approvata il prossimo anno e che comprenderà appunto anche l’ipotesi allargamento. Che giorno dopo giorno si fa sempre più reale.

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