Rotta balcanica, la mossa dell’Italia alla Conferenza di Tirana per controllare i confini

L’obiettivo del governo è tornare protagonisti a Est per contrastare le rotte dei migranti. martedì la premier Meloni in Albania al vertice Ue. La Farnesina lavora a un summit a Roma

Francesco Olivo

ROMA Non è solo il Mediterraneo a preoccupare il governo. La rotta a Est tornerà centrale e anche per questo l’Italia vuole rafforzare il suo peso nell’area. Per rendere concreta l’intenzione, nei prossimi mesi verrà organizzata a Roma una conferenza dei Balcani occidentali. Diventare i paladini dei Paesi che chiedono di non essere dimenticati dall'Europa, secondo l’esecutivo, darebbe più potere all'Italia, tra le altre cose, di pretendere un rigido controllo dei confini. La premessa necessaria per il controllo delle frontiere è la stabilità della regione, altro obiettivo ribadito con forza dalla Farnesina.

Sono giorni caldi per l'area, non solo per il conflitto sempre sul punto di esplodere tra Serbia e Kosovo. Domani (martedì) Giorgia Meloni sarà a Tirana, con gli altri capi di Stato e di governo dell’Unione, per il vertice tra Ue e Balcani occidentali, con al centro la complicata questione dell'allargamento europeo, un processo ricco di ostacoli. Giovedì, invece, a Bruxelles i ministri dell'Interno dell'Unione dovranno decidere se consentire l'ingresso di Bulgaria e Romania nell'area Schengen, alla quale la Commissione ha già dato il via libera. Una svolta che incontra le perplessità di alcuni, Germania e Paesi Bassi, e la contrarietà esplicita di altri, l'Austria, anche alla luce delle prossime ondate migratorie in arrivo da est. Con tutta probabilità quindi il Consiglio del l’8 dicembre finirà per non decidere.

La strategia dell’esecutivo italiano nel contrasto all'immigrazione illegale, dopo una prima fase di confusione, con conflitti estemporanei (con Francia e Germania), dettati da una certa dose di improvvisazione, ha trovato il suo perno nella politica estera. Il governo di “destra-centro” si è messo come obiettivo quello di inserire il tema migranti in ogni aspetto, o quasi, della sua azione. La politica estera quindi non fa eccezione. «L’immigrazione non è una questione di una nave», ha detto in un'intervista a La Stampa Antonio Tajani. Un modo per sottolineare come il governo voglia agire su un campo più ampio, anche geograficamente, rispetto a quello attuale. Ci sono gli accordi con i Paesi del Nordafrica, a partire dalla Libia, gli impegni ribaditi nei giorni scorsi nel Sahel, ma il raggio va allargato.

Della futura conferenza di Roma si è iniziato a parlare durante la visita in Kosovo e Serbia di Tajani e del ministro della Difesa Guido Crosetto. Un viaggio lampo, per cercare di mediare in un conflitto mai davvero sopoti, ma che aveva come obiettivo di mandare un messaggio ai Paesi della zona: l'Italia ci sarà con una presenza fisica della politica e non soltanto con i militari (il generale Michele Ristuccia comanda le forze Nato della missione KFor) ed economico. Roma crede di avere un vantaggio storico rispetto agli alleati: la Francia è tradizionalmente vicina alla Serbia, che non ha rotto del tutto i suoi legami con Mosca; la Germania, nella percezione dei governi della regione, ha troppi interessi economici per essere considerata neutrale. L'Italia, invece, secondo l'ottica della Farnesina, può sfruttare l'equidistanza tra i Paesi dell'area, spesso in contrasto tra loro. Uno degli strumenti che potrebbe essere utilizzato è l'esercizio trilaterale Italia-Serbia-Albania.

Per la conferenza una data ancora non c'è, l'auspicio della Farnesina è che l'appuntamento si possa svolgere nel giro di due o tre mesi, anche per sfruttare lo stimolo che arriverà nel summit di domani a Tirana. L'aspetto economico ha un suo peso, parallelamente all'organizzazione della Conferenza di Roma, il governo sta lavorando a un forum economico da svolgersi a Pristina e a Belgrado.

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